Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

L’«infernale» Collin

(o “Touch of Evil” … e i 67 demoni di Le Breton?)

 

Di Giuseppe M. S. Ierace

 

«Oὐ ⸀φωνήσει σήμερον ἀλέκτωρ ⸀ἕως τρίς ⸂με ἀπαρνήσῃ εἰδέναι⸃.» (Non canterà oggi il gallo finché per tre volte non avrai negato di conoscermi - Luca 22. 34 ).

 

L’evangelista potrebbe riferirsi, forse, a una pratica alettriomantica (da ἀλέκτωρ e μαντεία) non contemplata nel Dictionnaire infernal di  Jacques A. A. S. Collin de Plancy, in cui si dice invece che il gallo ha il potere di mettere in fuga le potenze infernali proprio in virtù di questa disavventura dell’apostolo, sempre secondo la dottrina dei demonolatri?

 

“De” Plancy

 

Tipografo-libraio, influenzato da Voltaire, e pertanto libero pensatore, aveva però nobilitato il proprio cognome aggiungendo la particella “de” al villaggio di provenienza, dove il padre gestiva un calzificio, e arricchito il nome comune di battesimo di altri tre supplementari, Albin, Auguste e Simon.

 

Prima e dopo il 1841

 

Ebbe due vite letterarie, una di certo più spregiudicata (durante la quale produsse un Dictionnaire féodal, uno “de la folie et de la raison”, nonché Histoire des Vampires et des Spectres Malfaisans, e una “du Manneken Pis racontée par lui-même”, oltre a un Voyage au centre de la terre …), fino a quando non si riconciliò con il padreterno e la fede cattolica (e da qui l'interesse per Godefroid de Bouillon, chroniques et légendes du temps des deux premières croisades, Légendes de la Sainte Vierge, Les fabliaux du Moyen Âge parmi lesquels se lisent les aventures de Tyl l'Espiègle, Grisélidis, le Roman de Renard, etc.), per cui la sua opera più importante, in cui aveva riunito tutta la conoscenza contemporanea riguardo demonologia e superstizioni varie (magia, alchimia, astrologia, cabala, fisionomia, craniologia, divinazione, magnetismo, spiritismo…), ebbe più edizioni differenti, e piuttosto contrastanti.

 

Alla prima, pubblicata nel 1818, fece seguito una analoga, nel 1825, seguita l’anno successivo da una ristampa, mentre, dal 1844, le successive (1845 e ’53), vennero man mano abbondantemente rivedute e corrette al solo scopo di sempre più compiacere il clero della chiesa di Roma e ottenere l'approvazione dell'arcivescovo di Parigi.

 

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Le illustrazioni di Le Breton

 

La sesta versione, apparsa nel 1863 da Henri Plon, venne, comunque, arricchita da moltissime figure (550), «parmi lesquelles les portraits de 72 démons dessinés par M. L. Le Breton» (compresi i ritratti di quei fatidici demoni disegnati da M. L. Le Breton, - di cui ce ne mancano cinque), il talentuoso disegnatore e litografo della Marina francese. E alcune di queste immagini furono successivamente utilizzate nell'edizione de La chiave minore di Re Salomone (The Lesser Key of Solomon the King), curata da S. L. MacGregor Mathers e Aleister Crowley (The Goetia, 1904), il quale teneva in alta considerazione Collin, definendolo “sommo filosofo del sapere proibito”.

 

βδομήκοντα

 

Il tentativo di catalogarne soltanto settantadue (ἑβδομήκοντα), in un novero teoricamente infinito di tentazioni da incubo, farebbe antitetico riferimento ai cabalistici “nomi di Dio” (o di angeli, aggiungendo ai precedenti una desinenza El o Yah) e al vangelo di Luca (10, 1), dove, alla citazione numerologica, fa seguito l’esortazione «ὑπάγετε· ⸀ἰδοὺ ἀποστέλλω ὑμᾶς ὡς ἄρνας ἐν μέσῳ λύκων» (Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi – Lc 10, 3), ed espressamente si esclama: “Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome” (Κύριε, καὶ τὰ δαιμόνια ὑποτάσσεται ἡμῖν ἐν τῷ ὀνόματί σου - Lc 10, 17).

 

Ars Goetia

 

L'Ars Goetia, che costituisce il primo libro della Chiave Minore di Salomone,  differisce dalla Pseudomonarchia Daemonum di Johann Weyer sia per quel che riguarda il rango sia per il numero in elenco (tre in meno nella seconda: da Bael e Agares a Phoenex e Stolas), e riporta inoltre più ortografie per alcuni dei nomi, presumibilmente risultato delle molteplici trascrizioni e traduzioni avvenute nel tempo. I demoni Vassago (Usago), Seere, Dantalion e Andromalius non sono presenti nella Pseudomonarchia Daemonum su cui è basata l'Ars Goetia, dove  quindi appaiono dei nuovi aggiunti (Usagoo pure nel Liber Officiorum Spirituum), mentre il Pruflas di Weyer non ricompare nell'Ars Goetia.

 

Le direzioni cardinali

 

I sovrani delle direzioni cardinali, quali Oriens o Uriens, Paymon o Paymonia, Ariton o Egyn e Amaymon o Amaimon, vengono, in alternativa, conosciuti con i loro nomi rabbinici, presumibilmente, preferiti di Samael, Azazel, Azael e Mahazael.

 

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Da Urieus a Maimon

 

È la Filosofia Occulta di Agrippa a elencare i re delle direzioni cardinali come Urieus (est), Amaymon (sud), Paymon (ovest) ed Egin (nord), fornendo nuovamente i nomi alternativi di Samuel (cioè Samael), ecc.. Il Calendarium Naturale Magicum Perpetuum di Johann Baptist Großschedl von Aicha li elenca come Bael, Moymon, Poymon ed Egin, anche se Joseph H. Peterson ha notato delle varianti nell’elenco di alcune edizioni: "Asmodel a est, e Aegym a Nord"; "Oriens, Paymon, Egyn e Amaymon"; oppure "Amodeo [sic] (re dell'est), Paymon (re dell'ovest), Egion (re del nord) e Maimon".

 

Pseudomonarchia Daemonum

 

La Pseudomonarchia Daemonum era apparsa per la prima volta come appendice al De praestigiis daemonum (1577) di Johann Weyer, quale riassunto d’un grimorio di natura abbastanza simile all'Ars Goetia contenente un elenco di demoni e l’indicazione delle ore e dei rituali appropriati per evocarli.

 

Antecedente all'Ars Goetia, ne differisce per alcuni aspetti, elencando sessantanove demoni, invece dei classici ἑβδομήκοντα (settantadue), e pure in una differente successione, attribuendo loro persino caratteristiche diverse e nessuno specifico sigillo magico. Come accennato, il demone Pruflas appare solo in Pseudomonarchia e non in The Lesser Key of Solomon che invece contempla Vassago, Seere, Dantalion, e Andromalius.

 

Liber officiorum spirituum

 

Weyer si riferiva alla propria opera come Liber officiorum spirituum, seu Liber dictus Empto Salomonis, de principibus et regibus daemoniorum (Libro degli uffici degli spiriti, altrimenti detto 'Empto' di Salomone, riguardante i principi e i re dei demoni), correlandolo probabilmente a un manoscritto molto simile del 1583, intitolato The Office of Spirits. Entrambi, però, appaiono, in definitiva, elaborazioni distinte d’un unico originale grimorio goetico francese del XV secolo, che riporta idee, tradizioni ed elementi di due secoli precedenti, Le Livre des Esperitz,in cui almeno una metà  dei censiti sono quasi identici a quelli dell'Ars Goetia e alcuni altri vi compaiono per la prima volta.

 

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Livre des Esperitz

 

Semplicemente, Livre des Esperitz enumera la gerarchia infernale, senza includere preghiere, scongiuri, invocazioni o incantesimi per evocare alcuno dei demoni nominati. Fornisce piuttosto descrizioni dettagliate dell'aspetto e della funzione d’ogni spirito ed elenca quante legioni di sottoposti sono al servizio di ciascuno. Molte di queste descrizioni si ritrovarono in opere successive, e spesso senza sostanziali modifiche.

 

Questo, che viene considerato il più antico trattato francese di demonologia, presenta la scienza occulta dell'invocazione di entità demoniache, altrimenti detta  Goetia, e un inventario di 46/ 47 entità infernali che avrebbe ispirato la scrittura di altri grimori rinascimentali, tipo il Lemegeton e la Pseudomonarchia Daemonum, dove, nella maggior parte dei casi, compaiono simili denominazioni e caratteristiche demonologiche.

 

Lucifero, Belzebuth, Satana e C.

 

L'opera s’apre con un paragrafo introduttivo in cui si spiega come questo Livre des Esperitz venne rivelato a Salomone affinché la “malizia” infernale “non regnasse più in terra cristiana”. Nel secondo paragrafo, il documento ne elenca la nomenclatura, quindi fornisce una descrizione relativamente dettagliata dei tre demoni superiori che corrispondono a Lucifero, Belzebuth e Satana.

 

Re, principi e baroni

 

Vengono poi descritti i quattro re che governano i punti cardinali del cielo, Orient (Oriens), Poymon (Paymon), Amoymon (Amaymon) ed Equi (o Egyn), che stranamente però non è riproposto nel resto del libro. Logicamente, infatti, avrebbe dovuto essere presente almeno un paragrafo per ciascuno dei nominati, mentre ce ne sono solo 46. Le descrizioni degli altri demoni, inoltre, sono presentate senza che venga seguito in alcun modo un conseguente ordine gerarchico. Ci sono sette re (Asmoday, Ashmedai o Asmodeus; Gemer, Gemen, o Buer; Diusion, o Dicision; Vaal, Veal, Beal o Bael; Brial; Bugan; Samon, o  Zagon), otto principi (Barbas, Bulfas, Artis, Carmola, Coap, Oze, Dragon, e Parcas, Forcas, Foras o Forrasis) due conti (Vipos, o Ipos e Furfur),  un “gran signore” o Lord (Malpharas, o Malphas), oltre a dieci marchesi e dodici duchi.

 

Scongiuri ed evocazioni

 

Scritto sullo stesso quaderno di pergamena, e per mano dello stesso autore dei precedenti, segue un intero capitolo di “conjuracions”, che serve a fornire delle istruzioni rituali "con le quali si possono costringere les esperitz a obbedire a una creatura umana". Ma questa parte relativa a scongiuri ed evocazioni sembra essere  l’adattamento d’un'opera anteriore, molto diffusa nel XV secolo, chiamata Liber consecrationum.

 

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Demonographia

 

La serie di gerarchie infernali proposta nel Dictionnaire Infernal di Collin de Plancy ne fanno sostanzialmente un testo di demonologia e le illustrazioni aggiunte all’edizione del 1863, che raffigurano le descrizioni dell'aspetto d’un certo numero di demoni, un vero atlante di Demonographia. Nel tentativo di fornire un circostanziato resoconto di tutte le conoscenze riguardanti le superstizioni, fu riproposto, tra il 1818 e il 1863, con molte modifiche in sei successive ristampe, diviso in due volumi.

 

La corte demonica

 

Il de Plancy presentò la sua classificazione quasi fosse una contemporanea corte monarchica, alla stregua d’un qualsiasi regno europeo: Principi e dignitari: Belzebù, capo supremo dell'impero dell'Inferno; Satana, principe detronizzato e capo del partito d’opposizione; Eurinome, principe della morte; Moloch, principe del paese delle lacrime; Pluton, principe del Fuoco, Gran Croce dell'ordine della Mosca e governatore delle regioni in fiamme; Pan, principe degli incubi e Lilith, principessa dei succubi; Leonard, il grande signore del Sabbath, cavaliere della Mosca; Balberith, grande pontefice, signore delle alleanze; Proserpina, arcidiavolo, e principessa degli spiriti maligni.

 

Ministri dell'Ufficio governativo: Adrammelech, Gran Cancelliere e Gran Croce dell'Ordine della Mosca; Ashtaroth, tesoriere generale, Cavaliere della Mosca; Nergal, capo della polizia segreta; Baal, comandante in capo degli eserciti dell'Inferno, Gran Croce dell'Ordine della Mosca; Leviatano, Grande Ammiraglio, Cavaliere della Mosca. Corpo diplomatico: Belfagor, Ambasciatore di Francia; Mammon, d'Inghilterra; Belial, d'Italia; Rimmon, della Russia; Tammuz, di Spagna; Hutgin, della Turchia; Martinet, della Svizzera.

 

Dipartimento di Giustizia: Lucifero, capo della (in)giustizia (e iniquità), Cavaliere della Mosca; Alastor, esecutore delle sue condanne. Casa reale: Verdelet, cerimoniere; Succorbenoth, capo degli eunuchi del serraglio; Chamos, Gran Ciambellano, Cavaliere della Mosca; Melchom, tesoriere pagatore; Nisroch, capo della cucina; Behemoth, capo coppiere; Dagon, grande pantera; Mullin, primo valletto. Spese segrete: Kobal, direttore dei teatri; Asmodeo, sovrintendente delle case da gioco; Nybbas, grande buffone; Anticristo, ciarlatano e negromante.

 

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Berbiguier

 

A reimpiegare, per i demoni che ne assillavano la mente, alcuni di questi nomi e gradi, nella sua opera autobiografica Les farfadets ou Tous les démons ne sont pas de l'autre monde (1821), fu Alexis-Vincent-Charles Berbiguier, auto-intestatosi “de Terre-Neuve du Thym”.

 

Farfadets

 

I Farfadets sono creature del folklore francese. Sebbene assomiglino anche ai Pixies della Cornovaglia; la traduzione inglese varia da "Sprite", "Imp", “Goblin”, “Brownie" a "Leprechaun". Son pure presenti nella mitologia occitana, e in particolare in Provenza, dove vengono conosciuti come “fadets” (riscontrabili nel vocabolo  dialettale meridionale “fadetti”, corrispondenti ai folletti delle fiabe). Il termine è d’uso generale in tutta la Francia, sebbene queste creature siano più tipicamente localizzabili nelle regioni della Vandea e del Poitou. Registrabile l’equivalenza con coboldi ed elfi della mitologia germanica e norrena, riconducibile anche a Heinzelmännchen oppure a Robin Goodfellow.  

 

Dall’incontro con le sibille

 

Tutto avrebbe avuto inizio dopo uno sfortunato incontro dello scrittore con due "sibille", o cartomanti, che gli sarebbe capitato di consultare in un particolare momento di “giovanile ozio melanconico”. Da allora incominciano degli strani rumori notturni. Appositamente per tormentarlo, appaiono poi due gatti, i quali altri non sono che due streghe in trasferta dall’inferno. Ma il principale tra i suoi aguzzini, che “non sono dell’altro mondo”, ma alle dirette dipendenze dello stesso Belzebù, si chiamava Rhotomago

 

Fumigazioni di zolfo e timo

 

Questo pover’uomo di Carpentras perde presto il sonno e pensa insistentemente al suicidio, - il che fa supporre che potrebbe aver seriamente sofferto d’una forma psicotica, in effetti affidata alle cure psicoterapiche del celebre dottor Philippe Pinel, all'Hospice de la Salpêtrière.

 

Poi, una visione di Gesù in paradiso lo incita alla riscossa e lo spinge ad affrontare e combattere con tutte le sue forze quelle del male. Alle maledizioni dei folletti che si moltiplicano costantemente, risponde con incantesimi e fumigazioni di zolfo e timo. Li punge con degli aghi e spruzza loro del tabacco negli occhi. Quando invece riesce a catturarne qualcuno, lo rinchiude in una bottiglia che sigilla con cera spagnola.

 

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Thýmon

 

Il pomposo titolo “de Terre-Neuve du Thym”, che si era auto-conferito Berbiguier, rappresentava la salvifica speranza di guarigione riposta in quell’aroma balsamico, che almeno etimologicamente infonderebbe “coraggio” (dal significato del greco thýmon, θύμον); per l’autore de Tous les démons ne sont pas de l'autre monde, rivelare i suoi metodi esorcistici avrebbe “rinnovato” il globo, rendendolo migliore e purificandolo dalle influenze del maligno, grazie anche a questo intenso profumo.

 

L’altro suo epiteto era Le Fléau des Farfadets (il flagello dei diavoletti).

 

Grillot de Givry

 

Il libro era riccamente illustrato da una serie di litografie i cui originali erano stati disegnati dallo stesso scrittore, e poi in parte riprodotte anche e soprattutto nel Musée des sorciers, mages et alchimistes (1929) di Émile-Jules Grillot de Givry, ma già l’autore de Les farfadets era stato un modello da imitare per la storia fantastica di Théophile Gautier, “Onuphrius, ou les vexations fantastiques d'un admirateur d'Hoffmann” (1832), nonché per il racconto postumo Bouvard et Pécuchet (1881) di Gustave Flaubert.

 

Un’onnipotenza megalomaniaca

 

Mosso da quella salvifica speranza, sostenuta dalla sua insopprimibile onnipotenza megalomaniaca di liberare l'umanità da questa diffusa piaga infernale, Berbiguier dedica la sua opera “a tutti gli imperatori, re, principi, sovrani delle quattro parti del mondo”.

 

«Questi rappresentanti di Dio sulla terra mi favoriranno nelle mie operazioni. Costruiranno camini abbastanza grandi da costituire fornaci anti-farfadette; forniranno a proprie spese zolfo, sale, cuori di bue, fegati di pecora, aghi, spilli e tutto ciò che è noto per inimicarsi la razza infernale; allora potremo fare su larga scala ciò che finora ho potuto fare solo su piccola scala, e invece di uccidere a centinaia i folletti, cadranno a migliaia sotto i nostri colpi.».

 

“Démons, Sorciers et Farfadets”

 

A questo punto, lo stesso Lucifero s’è allora preoccupato per queste allarmanti azioni di disturbo avverso “Démons, Sorciers et Farfadets” e gli invia minacciose missive, che Berbiguier riporta direttamente nel suo testo. I folletti sono ovunque: assumendo la forma d’un serpente o d’un'anguilla, d’uno storno o d’un colibrì; lo privano delle sue facoltà intellettuali e lo fanno starnutire (“starnutamentis salutamur”); allo stesso modo molestano il suo scoiattolo e gli fanno soffiare il vento contro al solo scopo di rompergli l'ombrello; rendono impotenti gli uomini e ingravidano le fanciulle; divengono la causa di distorsioni come degli incendi in fienili e castelli. In un delirio di misidentificazione, si mimetizzano perfino sotto le sembianze degli scienziati e medici più rispettabili del loro tempo, che però vorrebbero coattivamente trattenerlo in terapia.

 

Illusion des sosies

 

«Credevo, nell'interesse della mia causa, che fosse necessario designare per nome il più crudele dei miei nemici. I Pinel, i Moreau, i Prieur, i Chaix, i Vandeval e tutti coloro che mi hanno fatto sopportare le sofferenze più crudeli, sono i primi folletti del regno. Quando saranno conosciuti da tutti i sovrani, non sapranno più dove appoggiare la loro testa criminale.».

 

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Il gioco del picchetto

 

E pensare che tutta questa follia sarebbe cominciata con il “banale” consulto di due cartomanti o sibille, come pure era solita definirsi Mademoiselle Lenormand, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. La qualcosa trova riscontro nel Dizionario Infernale di Collin alla voce “Carte”: «Quando il diavolo ruzzolava per terra e ne faceva delle sue… portò via diverse donne che indovinavano con le carte e soffocò spesso giocatori che giocavano a picchetto».

 

Los Cientos  e Saunt

 

Questo semplice passatempo nazionale francese per due soli giocatori, Piquet, risale all'inizio del XVI secolo e, pur essendo tra quelli che più gratificano l'abilità, sembra ora destinato ad "appassionati e intenditori". In Gargantua e Pantagruel  (1534), Rabelais lo cita come Le Cent, dal nome spagnolo “Los Cientos”, in riferimento all’obiettivo di raggiungere questo punteggio, ma due anni prima in Inghilterra veniva trascritto con la grafia Saunt.

 

A questo intrattenimento si riferirebbe, secondo Samuel Weller Singer (Researches into the History of Playing-Cards, 1816), il poeta spagnolo Moreto, citato da Pellier nei suoi appunti sul Don Chisciotte, con i versi: “Y si à otro juego tè metes/ A los Cientos te dan sietes/ Y a la Primera figuras” (E se ad altro gioco ti metti/ ai Cento ti dan sette/ e figure alla Prima).

 

Pique y repique

 

Eppure, anche i termini ricorrenti "pique" e "repique " sarebbero d’origine spagnola. Si fa un uso metaforico della parola "repique" (ripicca) nel poema politico Allamodisch Picket Spiel (Gioco alla moda del picchetto), tra il 1634 e 38; e la forma sostantiva "piquet", nel 1640, diventa un verbo (piccare) che indica un assenso riluttante in Spiele, die man Picquetten heißet di Rist. Dal greco pikrós (πικρός) o poikílos (ποικίλος), il significato di piccante, amaro o pungente, acuto.

 

Il seme di picche

 

Nel suo Trattato sulle leggi e i princìpi del Whist, Henry ("Cavendish") Jones  suggerisce una possibile derivazione dal francese “pique”, che designa il seme di picche, forse perché in origine potrebbe aver denotato il gioco più caratteristico da praticare con mazzo a semi francesi, distinto da quelli giocati con carte di altri sistemi nazionali. E qui sovviene punch (punctus) e Puck, o Robin Goodfellow.

 

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Ronfa da θρίαμβος

 

"Cavendish"  aggiunge che possa trattarsi d’un probabile gioco italiano, forse Ronfa - dal tedesco Trumpf, attraverso il francese triomphe, dal latino triumphus, a sua voltadal greco θρίαμβος (canto bacchico), - modificato con cambio di denominazione. Il derivato inglese sarebbe "Ruff", ma in quanto Ronfle, compare nella lista di Rabelais, e potrebbe aver contribuito al Piquet, alla stregua del "Capot" (cappotto).

 

Pic o piquet

 

Thierry Depaulis ritiene che la designazione derivi dalla caratteristica principale del punteggio, pic o piquet, poiché "pique" e "repique", così come "capote", compaiono quali termini spagnoli già nel XVI secolo, ancor prima che in francese, e quindi propende per l’etimo iberico pique, che si pronuncia in modo analogo, più o meno, come "P.K.".

 

Point

 

La caratteristica più importante resta il seme in cui si detiene il valore totale più alto, ossia ciò che ora viene chiamato "point" (punto). E questo fatto, che si tratti d’un “gioco di prese senza briscola”, suggerirebbe una sua origine abbastanza antica, in quanto l’idea di individuare un determinato seme come atout non è nata molto prima della fine del XV secolo. Tuttavia, molte altre caratteristiche non concordano con tale datazione, visto che gli Assi superano i Re, una promozione questa risalente, più o meno, allo stesso periodo.

 

Impériale

 

Interessante, allora, ma anche fonte di confusione, il fatto che un gioco strettamente correlato, quale l’Impériale, collochi l'Asso in una posizione intermedia, tra Jack e Dieci, quasi fosse stato frenato in quel processo di migrazione evolutiva dal basso verso l'alto.

 

La valutazione Asso 11, Figure 10 e carte numerali legate al loro valore nominale non sembra, comunque, sia stata registrata prima del 1500. E, allora, per conciliare tutte queste contraddizioni, si potrebbe solo ipotizzare che un gioco simile fosse stato già praticato prima, nel XV secolo, e con tutte le 52 carte, ma non avrebbe realizzato il suo pieno potenziale ludico finché il mazzo non venne ridotto di 20, a trentadue e con un tipo di gerarchia: A, K, Q, J, 10, 9, 8, 7. La minore sottrazione di 16 carte, per averne disponibili trentasei (“l’as, le roi, la dame, le valet, le dix, le neuf, le huit, le sept et le deux de cœur, de carreau, de pique et de trèfle”), veniva operata, nelle cosiddette “Sibille”, da M.lle Lenormand. Di questo mazzo da 32+4 disquisisce pure Albert d’Alby in “L’Oracle parfait, ou nouvelle manière de tirer les cartes, au moyen de laquelle chacun peut tirer son horoscope” (Paris 1802); altrove si richiamano, quali carte aggiuntive, espressamente: 2, 3, 4 di cuori e 4 di quadri, forse in riferimento a “Le petit oracle des dames: Nouvel Eteila ou le Petit Nècromancien, Tarot de 36 cartes non découpées” (A Paris, chez M.ma Finet 1820).

 

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Il tema della fortuna

 

L’intreccio dei motivi dell'amore, della magnanimità, del progresso e della natura sembra esser stato il tema di base della rappresentazione immaginaria del Piquet quale gioco più popolare dell’epoca barocca. Nella struttura gerarchica fissa della società di corte, la possibilità di trasferire ai giocatori figure e costellazioni delle carte equivaleva a poter superare, grazie alla “fortuna”, dei confini altrimenti insuperati e insuperabili.

 

Amor und mein Mädchen, Lina

 

Ne sembra un esempio la poesia di Wilhelm Köster (1765–1802): «Amor und mein Mädchen, Lina,/ Spielten einst Pikett um Küsse/ Amor aber musste zahlen./ Dann verspielt er seinen Köcher,/ Seinen Bogen, seine Pfeile,/ Und die Tauben seiner Mutter,/ Und den Zug von Spatzen auch noch. » (Cupido e la mia ragazza, Lina,/ si son giocati una volta a picchetto i baci/ Cupido dovette pagare./ Poi perse la sua faretra,/ Il suo arco, le sue frecce,/ E le colombe di sua madre,/ E anche il traino processionale dei passeri).

 

Le Jeu de cartes du blason

 

Nel ricollegare i simboli dei semi alla stratificazione sociale, in Le Jeu de cartes du blason (Thomas Amaulry, Lyon 1692), Père Menestrier non ha dubbi nel collocare ovviamente in rappresentanza della nobiltà sia le “carte di corte” che le picche (altrimenti spade), e quelle di cuori in delega agli ecclesiastici, visto che la loro collocazione è giusto nel c(h)œur (= coro); i carreaux (piastrelle, quadri, cioè diamanti) vanno alla borghesia, e i trifogli (fiori, cioè mazze) ai contadini.

 

Jean-Baptiste Alliette

 

Di tutt’altro avviso fu Jean-Baptiste Alliette nel fissare una volta per tutte i significati dei quattro semi, in modo che si incominciassero ad avere una serie di temi generali per ogni seme; così mise i quadri in relazione con il potere, i cuori con le speranze, i fiori con le questioni materiali e il denaro, le picche con i concetti spirituali e con il piano affettivo.

 

Un mazzo di carte pioneristico

 

Fu pure il primo a stabilire i significati delle carte al diritto e al rovescio, non solo i valori divinatori dei semi; e inoltre a introdurre anche l’uso d’una nuova carta nel mazzo divinatorio che prese il nome del suo inventore, letto al rovescio: Etteilla.

 

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La carta del Consultante o di Etteilla

 

A questa carta unica nel suo genere assegnò il significato di rappresentare il Consultante, qualsiasi fosse il suo sesso e la sua età. E anche le restanti 32 carte mantennero il loro significato chiunque fosse il partecipante.

 

Le innovazioni grafiche

 

Nel Settecento, la materia cartacea era molto più rara e preziosa e per questo spesso si usava anche il retro per prendere appunti o farvi disegni. Jean-Baptiste Alliette incominciò a creare persino delle tessere in cui poter inserire delle annotazioni su ciò che si ritenesse più opportuno. Per questo i testi dei Petite Etteilla sembrano scritti a mano con bella grafia. Per avere maggior spazio, ridusse pure l’immagine ponendola all’esatto centro, così da lasciare sufficiente spazio tutt’attorno per trascrivervi i valori cartomantici.

 

Carte a figura intera

 

Le carte a seme francese erano ancora a “figura intera”, e non doppia come oggi, inoltre, nell’ordinare il mazzo, i semi non venivano sistemati in modo simmetrico, bensì consecutivo. Perciò le sue carte avevano un alto e un basso e due lati, dunque potevano disporsi in posizione “normale” o “capovolta”, nonché a destra o a manca rispetto alle altre.

 

Nuove regole cartomantiche

 

Etteilla fornì il significato d’ogni figura del mazzo francese in ogni possibile posizione, e questa sarebbe stata una delle sue più grandi “invenzioni”, per quanto riguarda la consultazione, dato che in passato per predire il futuro se ne estraeva soltanto una.

 

Le Grand et le petit

 

Pubblicò il suo celeberrimo Etteilla, ou manière de se récréer avec un jeu de cartes par M*** nel 1770, un testo interamente dedicato all'uso divinatorio d’un semplice mazzo da Piquet da 32, in quanto privo dei valori nominali dal 2 al 6, al quale aggiunse solamente la sua carta speciale, detta "di Etteilla". E, per distinguerlo dall’altro mazzo creato da lui stesso, o Grand Etteilla, composto da tutte le settantotto carte dei Tarocchi, adottò la denominazione di “petit”, piccolo.

 

Il suo lavoro fu davvero fondamentale, dal punto di vista cartomantico, tanto che le figure e i significati delle Sibille si ispirarono in seguito alle figure e ai significati, sempre da lui, attribuiti alle carte del Petit e, ancora oggi, le valenze degli Arcani minori sono rimaste quelle loro assegnate da Jean-Baptiste Alliette.

 

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Dal Pimandro alla prestidigitazione

 

L’incursione di Etteilla nella storia dei tarocchi riconduceva alla tradizione ermetica fiorita in Egitto che, per l’interpretazione esoterica delle carte, indicava, quale testo di riferimento, il Pimandro, attribuito al mitico Ermete Trismegisto, anche se più ragionevolmente attribuibile a una tarda età alessandrina. Convinto che i cartai medievali avessero alterato le Lame originali, ne modificò iconografia e attribuzione numerica, ricreando di fatto un “nuovo” mazzo, discostandosi dal modello tradizionale “di Marsiglia”. Per quanto riguarda l’uso divinatorio, lo faceva risalire alla consultazione dei “Bastoni” di Alpha, - definito “un greco famoso esiliato in Spagna”-, in seguito, perfezionati facendo ricorso a delle tavolette dipinte. Ma il diavolo s’immischia pure nei giochi di mano delle carte e nella prestidigitazione e, in proposito, Collin cita l’aneddoto raccontato, nei Discours exécrables des sorciers, da Henry Boguet, d’un conte italiano in grado di trasformare un dieci di picche in un re di cuori.

 

La “gran” cabala

 

Ciononostante, ammette che vi si possa rintracciare  tanta “storia” e “sabeismo” (ma forse intendeva genericamente i culti astrali), come alchimia e cabala. Anzi, dichiara che, in senso moderno, la “gran cabala” sarebbe innanzitutto l’arte d’intrattenere rapporti con gli “spiriti elementari”, poiché nulla si rischia a entrare in commercio con loro. Avendo anch’essi anima mortale, possono partecipare dell’eternità proprio contrattando un’eufemistica alleanza con gli uomini. Sarebbe il motivo per cui Sant’Agostino sarebbe stato indulgente con quei fauni e satiri che perseguitavano le donne al solo desiderio di “allearsi”, prosaicamente, con loro.

 

Salamandre, Silfi, Ondine e Gnomi

 

Gli spiriti degli elementi verrebbero facilmente riconosciuti dagli eruditi studiosi di tali materie nei quattro semi delle carte; e così Salamandre nei quadri, Silfi nei cuori, Ondine nei fiori e Gnomi nelle picche. Salamandre sono creature elementari composte delle più sottili parti del fuoco che abitano; le loro mogli sono ancora più belle delle consorti degli altri spiriti, perché formate da un elemento ancora più puro che dona loro maggiore longevità.

 

I Silfi popolano l’aria e profondono la leggerezza e la grazia propria degli spiriti eterei (e potrebbero essere i colibrì di Berbiguier?). Silfidi sono le loro belle ed eleganti compagne che vanno a bagnarsi nelle gocce della rugiada per poi nascondersi dentro il calice dei fiori. Gli Gnomi abitano le viscere della terra, per stare a guardia delle miniere, delle pietre preziose e dei tesori nascosti. Anche le gnomidi loro spose sono di bassa statura, eppure leggiadre.

 

Gli spiriti dell'acqua, Ondine, ninfe e nereidi, come le sirene, vivono tra i flutti; si presentano come graziose fanciulle dagli occhi chiari e i capelli ricci e vaporosi, oppure, altre volte, come onde del mare. Il loro canto e il loro sguardo ammalia ogni uomo, e sono sirene, bellissime e leggere, ma possono anche essere spietate con chi distrugge il loro ambiente acquatico: l'attirano con la loro voce per poi affogarlo.

 

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Louis Le Breton

 

Da scrupoloso demonologo, nella sua “petite encyclopédie”, de Plancy preparò un rendiconto degli eventi e delle forze demoniache (a questo alludeva il titolo “Dictionnaire Infernal”?); ma la singolarità di quelle illustrazioni così spaventosamente surreali ed evocative, che compongono un vero e proprio “bestiario” distintivo (e peraltro distinto, a mo’ di Demonographia) dell’occultismo onirico, andrebbe attribuita a Louis Le Breton.

 

M. Jarrault

 

Negli anni '60 dell'Ottocento, il metodo con cui dovevano riprodursi le illustrazioni in stampa consisteva nel ricrearle come incisioni (possibilmente in lastra d’acciaio o blocco di bosso), su cui veniva poi steso l'inchiostro; pressata la pagina di carta sulla superficie incisa, s’otteneva l'immagine in forma stampata. Sia l'illustratore originale che l'incisore potevano firmare queste loro opere, e in questo caso lo hanno fatto entrambi, L. Le Breton e M. Jarrault, il primo quale creatore, l’altro in quanto incisore.

 

E l’Almadel?

 

Molte delle descrizioni demoniache presenti nel Dictionnaire Infernal trovano le loro radici nelle demonologie precedenti, da Pseudomonarchia Daemonum di Johann Weyer, scritto nel XVI secolo, alla Chiave minore di Salomone (Lemegeton Clavicula Salomonis) del XVII - anche se de Plancy non fa cenno alla cosiddetta tavola protettiva Almadel, su cui vanno disegnati i simboli di copertura e disposte le quattro candele con i colori rituali.

 

Mammona ed Eōsphóros

 

Entrambi questi titoli contenevano gerarchie dei numerosi abitanti dell'Inferno, a cui l’autore del Dizionario ha attinto per arricchire il suo testo. E, tra gli spiriti presentati, non poterono certo mancare quei mali ben noti, quali l'avido Mammona, o il mitologico Lucifero (Eōsphóros, in greco antico: Ἑωσφόρος, "portatore dell'alba"), ma anche diavoli più oscuri come il demone minore Ukobach, che si prende cura di fuochi d'artificio, oli e petroli, o l'angelo caduto Xaphan (o Za-Fan) che aziona il mantice.

 

L’influenza della conversione

 

Bisogna tuttavia ricordare che, quando de Plancy pubblicò per la prima volta questa guida al mondo dei demoni, nel 1818, la sua reputazione era quella d’un razionalista oppositore sia delle superstizioni come della stessa religione. Nel cambiare idea e divenire un devoto cattolico, sotto la diretta influenza d’una tale conversione, o semplicemente grazie a delle risorse aggiuntive, nella sesta edizione del 1863, si poté permettere di includere quelle belle illustrazioni che hanno reso celebre il suo Dictionnaire Infernal. Le bizzarre immagini che accompagnavano il testo sono divenute alcune delle raffigurazioni più indelebili, e originalissime, di spiriti maligni, tanto da arrivare a costituire una sorta d’autonoma Demonographia.

 

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Una suggestione diabolica

 

Disegnate da Louis Le Breton, e poi incise come xilografie da M. Jarrault, entrambi i quali le firmarono, quelle strane raffigurazioni di “giullari” con le corna a spirale, ibridi di uomini e animali, insetti, uccelli o anfibi, resero il Dictionnaire Infernal una stranezza occulta che difficilmente sarebbe potuta essere dimenticata, per la sua intrinseca qualità di sorprendente “bestiario” a cui si continua a guardare con estrema curiosità ancora oggi.

 

Dal 1863, le illustrazioni del libro di de Plancy sono state utilizzate per accompagnare anche altri titoli esoterici come le ristampe della Chiave Minore di Salomone, oltre a un buon numero di libri sulla magia e la demonologia. Dopo più di 160 anni, le illustrazioni di Le Breton risultano ancora “diabolicamente” suggestive.

 

Una sintesi inopportuna

 

Da qui una perplessa riflessione per l’iniziativa delle Edizioni Mediterranee di Roma che, in pieno 2023, ripropongono una stantia traduzione italiana della versione francese del 1825, per giunta “compendiata e ridotta”, spudoratamente, tra l’altro, quando Collin de Plancy era ancora vivente, nel 1874, per i tipi di Francesco Pagnoni di Milano, a cura d’un occultista, Francesco Piqué, che con buona probabilità, c’è da presumere, non ne aveva compreso appieno l’immensa importanza, non soltanto dal punto di vista antropologico-culturale, ma, in una visione surrealista dell’immaginazione collettiva, persino estetico, se si è permesso di addurre meschine motivazioni economiche (in termini di denaro e anche di tempo) a insufficiente giustificazione d’una deprecabile quanto arbitraria “sintesi”, tanto gratuita e allo stesso tempo assurda, soprattutto se paragonata alla meritoria traduzione inglese completa della sesta edizione di 766 pagine (cofanetto in due volumi, con tutte le stampe riprodotte digitalmente, note a piè di pagina di ricerche aggiuntive, nuove stampe a colori, nonché l’inclusione delle introduzioni alle edizioni precedenti del 1818, 1825, 1844 e 1853, e inoltre un riferimento incrociato inglese-francese di nomi e titoli di soggetti e un indice completo; il tutto ovviamente a un prezzo proporzionato all’esclusivo interesse bibliofilo).

 

«… Oggi si vuole leggere poco e spendere meno. Quindi per salvare capra e cavoli conviene che il povero scrittore si adatti ai tempi e scriva meno che può per non tediare chi legge … e quindi io uniformandomi all’andazzo ho compendiato questo Dizionario rigettando la cose inutili e stucchevoli e conservando le più utili, istruttive e dilettevoli, e spero di esserne contraccambiato da un numeroso concorso di lettori, ai quali non deve far paura la parola infernale…».

 

Con quale risultato? Che degli originali 67 demoni elencati nell’originale francese, ne ritroviamo una sparuta minoranza (Alastor, Asmodeus, Abraxas, Belzebuth), mentre di Abigor, demone della guerra, Adramelech, citato da Milton, Amduscias, demone del tuono e della musica, Andras, dalla testa di gufo e il corpo di angelo, Abbadon (o Apollyon), Astaroth, Azazel, Bael, Behemoth, Beleth, Belphegor, Bhairava (o Beyrevra), Buer e poi Deimos (o Deumus), Eurynome, Flaga, Furfur, Ganga (o Gramma), Moloch, Orobas, Pruflas (o Busas), Ronwe, o Stolas, associato all'astronomia e alle piante velenose, o Yan-gant-y-tan, dalle dita di candela, non sembra esservi traccia.

 

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Nel corso della sua vita, De Plancy pubblicò quasi una cinquantina di titoli (circa una dozzina prima della conversione), ma non superò mai, a seconda dei punti di vista, il successo o l'infamia del Dictionnaire Infernal, apparso per la prima volta quando era ancora ventiquattrenne, e seguito da numerose edizioni continuamente aggiornate.

 

Una di queste, quella del 1826, nel sottotitolo completo si descriveva come una «Biblioteca Universale sugli esseri, personaggi, libri, fatti e cause che riguardano le manifestazioni e la magia dei traffici con l'Inferno; divinazioni, scienze occulte, grimori, meraviglie, errori, pregiudizi, tradizioni, racconti popolari, le varie superstizioni e in generale ogni sorta di credenze meravigliose, sorprendenti, misteriose e soprannaturali.».

 

Inizialmente, influenzato dagli enciclopedisti, Collin de Plancy, non era un credente, bigotto e neppure superstizioso. E nel suo libro ci tiene a rassicurare i contemporanei sui ventilati possibili tormenti dell'Inferno: «Negare che ci siano dolori e ricompense dopo la morte significa negare l'esistenza di Dio; poiché Dio esiste, deve essere necessariamente così. Ma solo Dio può conoscere le punizioni inflitte ai colpevoli, o il posto che li detiene. Tutti i cataloghi fin qui realizzati non sono che il frutto di una fantasia più o meno disordinata. I teologi dovrebbero lasciare ai poeti la rappresentazione dell’Inferno, e non cercare loro stessi d’atterrire le menti con dipinti orribili e libri spaventosi».

 

Molti degli articoli scritti per il Dictionnaire Infernal risentono di questa oscillazione dell'autore tra razionalismo, fede e volontà di credere senza prove, grazie solo al fervore della fede. Pur rifiutando la cartomanzia, per esempio, ammette come possibile l’efficacia della fisiognomica e della chiromanzia: «È certo che la chiromanzia, e soprattutto la fisiognomica, hanno almeno una certa plausibilità: traggono le loro previsioni da segni che si riferiscono a tratti che distinguono e caratterizzano le persone; da linee che i soggetti portano con sé, che sono opera della natura, e che qualcuno può ritenere significative, poiché sono uniche per ogni individuo. Ma le carte, meri artefatti umani, non conoscendo né il futuro, né il presente, né il passato, non hanno nulla dell'individualità di chi li consulta. Per mille persone diverse avranno lo stesso risultato; e consultati venti volte sullo stesso argomento, produrranno venti produzioni contraddittorie».

 

Con il trascorrere del tempo, quindi, l’iniziale scetticismo andò man mano attenuandosi e, verso la fine degli anni ‘30, nonostante la costernazione dei suoi ex ammiratori, si scoprì un entusiasta cattolico romano. Pertanto, dal 1841 in poi, cominciò a rifiutare, e modificare, i suoi lavori passati, giungendo a rivedere completamente il suo Dictionnaire Infernal per conformarsi alla perfezione della teologia latina. Questa influenza è più chiaramente visibile nella sesta e ultima edizione del libro prodotta nel 1863, quella decorata appunto con le numerose incisioni che l’avrebbero resa ricercata e che ideologicamente tende ad affermare l'esistenza dei demoni, in cui bisogna credere per dottrina. Collaborò financo con l’abate Jacques Paul Migne, curatore d’una Encyclopédie théologique, per completarla con un Dictionnaire des sciences occultes, descritto come un'autentica opera utile ai fini esorcistici.

 

Bibliografia essenziale

 

Collin de Plancy J. A. A. S. Infernal Dictionary: Deluxe Edition [Illustrated by M. L. Breton, translations and annotations by Michael Coles, Jean-Christophe Dufau, & Natalia Zasadzinska; additional illustrations by Anna Dorzhieva, Piero MNG (Gianpiero Mangialardi), Giby Joseph, & Cristian G.)], II vol. Set: I (A - K) II (L - Z), Abracax House, Fort Lee (NJ) 2015

Collin de Plancy J. A. A. S. Il Dizionario Infernale, Mediterranee, Roma 2023

Grillot de Givry É.-J. Musée des sorciers, mages et alchimistes, Librairie de France, Paris 1929

Ierace G. M. S. Da Etteilla a Knapp. Le influenze della Gnostica Dea, http://www.letarot.it/page.aspx?id=487

Wang R. The Qabalistic Tarot: A Textbook of Mystical Philosophy, Samuel Weiser Inc., York Beach (Maine) 1983