Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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Il "Malmantile Racquistato" II

Dove si parla di matti e di pazzie

 

Andrea Vitali, agosto 2022

 

 

Lorenzo Lippi nel suo Malmantile Racquistato a cui abbiamo dedicato una prima parte 1 in diverse ottave descrive con gustosa comicità i pensieri di un matto la cui immaginazione travalica ogni buon senso. In due stanze viene raccontata l’infatuazione di un matto di nome Nardino per una bella donna. Peccato che questa signora fosse solo un parto della sua fantasia, una fantasia che gli faceva credere che ella esistesse realmente. Come un devoto cavaliere medievale, catturato dalla sua bellezza egli fingeva di inchinarsi al suo cospetto e di parlarle, tanto da volerle offrire il suo cuore perché se ne cibasse a colazione, non smettendo di contemplarla nella sua immaginazione. Lippi conclude la seconda stanza dicendo che il matto si innamora come un gattino di ciò che non esiste nella realtà “Ma c’è fondato, come udite, in aria, / D'una bellezza finta, e immaginaria”.

 

Settimo Cantare - Stanza XXXV

 

E già se la figura nel pensiero,

   E bianca, e fresca, e rubiconda, e bella,

   Co' suoi capelli d'oro, e l'occhio nero, 
   Che più ne men la mattutina stella.

   E come ch’ ei la vegga daddovero,

   Divoto se le inchina, e le favella,

   E le promette, s'egli havrà moneta,
   Di pagarle la fiera all'Improneta (1),

 

(1) Improneta = Oggi Impruneta, città toscana in provincia di Firenze

 

Puccio Lamoni (Paolo Minucci) che delle stanze del Malmantile scrisse commenti esplicativi, scrive: “Nardino s' immagina, e si compone nel pensiero una bellissima giovane, e parendogli d'haverla veramente avanti a gli occhi, le parla, e se le esebisce, e le dona il cuore; ed in questa guisa s' innamora ardentemente d'una bellezza immaginaria”.

 

Stanza XXXVI

 

E vuol mandarle il cuore in un pasticcio,

   Perch' ella se ne serva a colazione;

   E gli s' interna sì cotal capriccio,

   E tanto se ne va in contemplazione, 

   Che il matto s'innamora come un miccio,

   D' un’amor che non ha conclusione,
   Ma ch'è fondato, come udite, in aria, 

   D'una bellezza finta, e immaginaria 2.

 

Nella Stanza 67 troviamo un mezzo matto, certo Palamidone, che viene descritto accompagnarsi da straccioni sporchi e birbanti come lui, il quale, poiché continuamente brontolava dicendo pazze sciocchezze, attirava costantemente una grande quantità di giovinetti che, come sappiamo, si accompagnavano ai matti 3

 

Terzo Cantare – Stanza LXVII

 

Piena di sudiciume, e di strambelli

   Gran gente mena qua Palamidone,

   Ch'il giorno vanne a Carpi, ed a Borselli (1), 

   E la notte al Bargel porta il lancione. 

   Maestro de' Bianti, e de Monelli, 

   E veste la corazza da bastone (2),

   Perch' egli quant' ogni altro suo allievo  

   E' tutto il dì figura di rilievo 4.

 

(1) vanne a Carpi, ed a Borselli = Carpi e Borselli sono due città italiane, qui da intendere carpire, rubare (Carpi) e borse da rubare (Borselli)   

(2) corazza da bastone = armatura per difendersi dalle bastonate.

 

Per far comprendere appieno i significati dei versi ricorriamo alle note del Lamoni che al riguardo scrive: “Palamidone conduce seco una quantità di birboni, stracciati e sudici come era lui. Questo fu un guidone mezzo matto, ma tutto tristo, ed al maggior segno birbone, il quale faceva servizio a' carcerati, e perchè continovamente brontolava, dicendo di pazze scioccherie, haveva sempre dietro una gran quantità di ragazzi che lo facevano stizzire. La notte per guadagnar qualcosa portava dietro al Capitano, o Caporale de' Birri un'arme in asta solita portarsi dalla Famiglia del bargello, quando la notte va facendo la guardia, la quale arme è da noi detta lancione. Ma che egli rubasse non posso crederlo, perche assolutamente non havea tanto giudizio, e stimo che il Poeta dica questo nel presente luogo, e altrove per descriverlo per uno di quei furfanti, de’ quali si può credere ogni ribalderia. Palamidone è accrescitivo di Palamides, Eroe noto nella guerra Troiana: secondo la pronunzia Greca più moderna dicesi Palamide, e non Palamede; onde è fatto il soprannome di Palamidone; che significa un lungo e sottile, come un palo, una persona grande di statura”.

 

Di seguito il significato del verso “Maestro de' Bianti, e de Monelli” e “figura di rilievo”:

 

BIANTI. Si trova una specie di Bricconi, e Vagabondi che vanno buscando [ottenendo] danari con invenzioni, come si vede da un libretto intitolato Sferza de’ Bianti, ec. E si dicono Monelli; se ben veramente per monelli intendiamo quei poveri, che si fingono stroppiati, malati, impiagati, o morti dal freddo per muover le persone a far loro elemosine, donde poi diciamo far il monello quel ragazzo, che havendo toccate leggiermente delle busse [botte] dal Maestro, o da altri, mette a soqquadro il vicinato con le strida per mostrare di essere stato dalle busse stroppiato, ed in vero non ha mal nessuno, che si dice anche far marina.

RILIEVO. Intendiamo buscare, conseguire, ottenere. Petr. [Petrarca]. Canz. [Canzoniere] 22.

                                                                     

                                                                   Il sempre sospirar nulla rilieva.

 

Onde se bene figura di rilievo vuol dire statua di marmo, o di altro materiale, noi intendiamo rilevare, cioè buscare e qui intende buscar mazzate.

 

Quanto nota qui il Lamoni si connette al verso E veste la corazza da bastone in quanto, essendo il personaggio preso continuamente a bastonate, si era premunito di indossare una corazza anti percosse. I pazzi infatti venivano spesso presi a bastonate con l’idea che una buona dose di quelle avrebbe potuto renderli savi 5

 

La stanza che segue descrive un soldato che fugge per paura della battaglia. Se questi pavidi fossero stati catturati, venivano impiccati subito senza processo. Ma esisteva una soluzione, scrive il Lippi, ovvero passare per matto, per cui facendo michionate riuscivano a scampare la condanna. Se ciò sembra dimostrare una certa tolleranza verso i pazzi, in realtà si tratta di una finzione letteraria dato che nel Seicento i matti non trovavano grande indulgenza. Riteniamo necessario, pertanto, introdurre un breve accenno su come la follia venne considerata a iniziare dal medioevo. Nei cosiddetti ‘secoli bui’ le manifestazioni di pazzia erano ritenute una forma di possessione da parte di una potenza estranea, tendenzialmente diabolica, che si impadroniva dell’individuo e che si manifestava attraverso di lui. Per questo il Medioevo fu l’unico in cui venne praticata una relativa tolleranza: certo il folle era privato dei diritti umani e relegato ai margini della società, ma almeno non era rinchiuso e, in una certa misura, si può dire che fosse accettato dalla società. Nel ruolo di buffone (il ‘matto’) poteva addirittura beffeggiare i potenti.

 

Con il Rinascimento iniziò la criminalizzazione della follia, in cui si incominciò a vedere non la presenza di un altro, come era concepita la follia nel medioevo, ma, al contrario, l’emergere del lato oscuro nella psiche del soggetto. Come conseguenza si iniziò a ritenere il folle responsabile della sua diversità, con la conseguente reclusione o espulsione dalla comunità. La pericolosità della follia, come anti-ragione, ribellione sociale e contestazione dei valori, venne avvertita solo a partire dal Rinascimento.L’idea che la follia fosse una patologia psichica si impose alla fine del Settecento. In quell’epoca, per la prima volta, si prestò un’adeguata attenzione alle deformazioni fisionomiche, posturali e gestuali degli alienati, da utilizzare a fini diagnostici.

 

Alle stanze che seguiranno faremo seguire le note esplicative di Puccio Lamoni.

 

Quarto Cantare - Stanza XXVII

 

Perché uno, ch’ il soldato a far si è messo,

   Mentre dal campo fugge, e si travia,

   Sendo trovato, vien senza processo

   Caldo, caldo mandato in piccardia;

   Però s’ei parte non vuol far lo stesso,

   Ma che lo scusi, e salvi la pazzia,

   Onde minchion minchion facendo il matto,

   Se ne scantona, che non par suo fatto 6.

 

MANDATO in Piccardia caldo caldo. Impiccato subito preso senza far processo: Caldo caldo subito, e prima che la cosa si raffreddi. Piccardia in ipso ardore criminis. Provincia della Francia, serve scherzando con la similitudine della parola, per intendere impiccare. I Latini pure havevano un termine coperto per fare intendere impiccare, che era literam longam facere, come si vede in Plauto; il che ha data occasione a molti letterati di discorrere per chiarire qual fusse questa lettera lunga, e Celio Rod. lect. Ant. lib. 10.cap.8. conchiude, che fusse il T maiuscolo, che è simile alla forca, che facevano i Latini. Noi ancora diciamo: Andare a Lungone, che è un Porto in Toscana, Andar a Fuligno, cioè a fune, e legno; Dar de’ calci al vento: Ballar in campo azzurro. Ballar Paretaio del Nemi. E tutti significano Esser impiccato.

 

SE ne scantona, che non par suo fatto. Se ne va via, e non pare, che faccia questo per andarsene. E forse quell' Agere se di Ter. [Terenzio] in Andr. [Andronico].

 

MINCHIONE. Da minchia, sciocco. Una vivanda poco salata si dice dolce di sale, cioè sciocca. Donde essere senza sale, o non haver sale in zucca vuol dire Huomo sciocco senza giudizio, senza cervello.... Zucca. S'intende il capo dell'huomo per la similitudine, e Zucca vota vuol però dire testa senza cervello, che si dice vota di sale, o non haver sale in zucca. E questo perchè è solito nelle cucine tenere il sale in una Zucca secca appesa al muro del Cammino. I Latiņi pure dicevano sale per giudizio, e trovasi in Catullo nella Quinzia: Nulla in tam magno corpore mica salis.

In zucca non ha punto; cioè punto di sale, e s’intende: Non ha cervello in testa. Il Mauro in lode della Caccia dice:

 

Ed io, che son un huom materiale,

Tentando ciò ben mostrerei ch’io fusse

Da dovero una Zucca senza sale.

 

Sempre a proposito di una zucca vuota e di una lingua sciocca riportiamo la seguente stanza:

 

Primo Cantare - Stanza LXXIII

 

Io so c’a un’ignorante, a un idiota

L’esser il primo a favellar non tocca;

Ma perdonate questa zucca vota,

Signori, s’io vi rompo l’huovo in bocca;

Scricchiola sempre la più trista ruota,

Così la lingua mia più rozza, e sciocca

V’infastidisce, è ver, ma v’assicura,

Che Malmantile è nostro a dirittura 7.

 

IGNORANTE; et IDIOTA. Sono Sinonimi, ne vi si fa alcuna differenza, se bene strettamente Ignorante vuol dire uno, che non sa nulla, e Idiota par che si convenga a coloro, che non hanno cognizione di lettere.

ROMPER L' huovo in bocca. Torre la parola di bocca a uno, ciò è Dire quel che doveva, o voleva dire un'altro. Terenzio disse Bolus ereptus è faucibus est.

SCRICCHIOLARE. Stridere, strepitare. S'intende quel romore, che fa nel muoversi un legno fortemente stretto, o aggravato da altro legno, o materiale duro; come appunto segue nelle ruote da carro. Ed il proverbio: Sempre scricchiola la peggio ruota del carro. Significa Il più sciocco della conversazione, vuol sempre parlare. Detto antico, e vien dal Latino, che dice semper deterior vehiculi rota perstrepit, ec. 

A DIRITTURA. Cioè assolutamente, sicuramente, e senza difficultà alcuna.

 

Seguendo questo percorso sul Malmantile Racquistato con le note di Puccio Lamoni, riportiamo da quest’ultimo alcuni altri modi di dire sui matti, introducendo la Stanza 61 che offre al Lamoni lo spunto per parlare di Antonio Malatesti, (nella stanza Amostante Laton) celebre autore de La Sfinge, raccolta di enigmi fra i quali  indovinelli riguardanti le carte delle Minchiate.

 

Primo Cantare - Stanza LXI

 

E’ general di tutta quella mandria

Amostante Laton Poeta insigne,

Canta improvviso, come una calandra,

Stampa gli enigmi, strologa, e dipigne.

Lasciò gran tempo fa le polpe in Fiāndra,

mentre si dava il sacco a certe vigne;

Fortuna, che l’havea matto provato,

Volle, ch’ei diventasse anche spolpato 8.

 

Generale di tutto questo esercito è Amostante Latoni, cioè Antonio Malatesti Poeta celebre per molte sue opere, ma specialmente per quella Sfinge, la quale, come vedremo sotto C. 8. stan. 26. è una scelta d'enigmi in sonetti, de' quali se ben la stampa ne fa goder pochi, se ne sperava numero maggiore, volendone egli pubblicare 400. scelti da una infinità, che ne ha composti; ma la di lui morte seguita poco tempo fa, ci priva per ora di questa consolazione. Ne gli anni suoi giovenili cantò all'improvviso molto lodatamente, si dilettò d'Astrologia, e nel disegno fu scolare dell'Autore, e suo amicissimo, come mostra, facendolo capo, e superiore di tutti gli amici suoi, che nomina in questo esercito. E perchè questo Amostante era di corpo adulto, ed havea le gambe sottili, dice; che lasciò le polpe in Fiandra, e che la Fortuna che l'havea provato matto, volle che egli diventasse anche spolpato, cioè senza polpe; ma aggiunto alla voce matto vuol dire matto affatto; non che Amostante fusse affatto privo di cervello; che la voce matto appresso di noi significa ancora Allegro, Faceto, e simili, nel qual senso è presa nel presente luogo; e però vuol dire, che Amostante era huomo facetissimo.

 

MANDRIA. Vụol dire una gran quantità di bestie; ma qui intende Gran quantità d' huomini...

CANT A improvviso. E costume in Firenze al tempo de i gran caldi la notte cantare dell'ottave all'improvviso, mentre ne i luoghi più aperti della Citta si va pigliando il fresco; e perchè in tal esercizio valeva molto il Malatesti, il Poeta l'assomiglia alla Calandra uccello di bellissimo cantare.

ENIGMI. Indovinelli. Voce Latinogreca. Vedi sotto C.6. stan.34. C.8. stan.26.

LASCIO’ le polpe in Fiandra. Non è, che Amostante fusse mai stato in Fiandra; ma, perchè lo fa generale di questo esercito, è dovere, che egli mostri, che Amostante ha vedute, e provate altre guerre, e che egli si sia trovato a dar de' sacchi, ne i quali ha lasciate le polpe delle gambe, il che serve per accreditarlo; poiché si come ad un soldato gli stroppi, e le cicatrici son di gloria, cosi ad Amostante era di gloria l'haver perduto le polpe delle gambe nelle guerre di Fiandra: ma il vero è, che quand'uno ha le gambe sottili, diciamo di lui: Egli ha lasciato le polpe in Fiandra: ed il Poeta con questo equivoco, che accredita Amostante, vuol dire, che egli haveva le gambe sottili; e seguita con l'altro equivoco di Matto spolpato; che significa, come s'è detto, matto del tutto, e vuol che s'intenda senza polpe affatto. E la voce polpa, che significa ogni pezzo, o quantità di carne, che sia senz'osso, da noi si piglia per le polpe delle gambe, quando è detta assolutamente. ... e ossaccia senza polpe, che s'intende tutta la carne di quel corpo, significa pure Matto spacciato.

 

Il Lamoni ebbe occasione di parlare ancora del Malatesti nelle note alla stanza 26 dell’Ottavo Canto dedicata alla Sfinge, i cui versi si devono alla stesso Malatesti:

 

Ottavo Cantare - Stanza XXVI

 

Un ve n’è in rima, che la Sfinge è detto

   Scelta d’Enigmi, che non hanno uguali,

   Perch’ognuno è distinto in un sonetto,

   Che il Poeta ha ripien tutto di Sali;

   Perch’ei, che sa, che è sale hebbe concetto,

   Acciò che i versi suoi sieno immortali,

   E i vermi dell’obblio non dien lor noia,

   Porgli fra sale, e inchiostro in salamoia 9.

 

Fra questi libri delle Fate si trova anche la Sfinge, che è una scelta d'Indovinelli distinti ciascuno in un sonetto, opera del Sig. Antonio Malatesti; la quale il nostro Poeta  (facendo di essa quella stima che merita ) non haverebbe messa fra queste leggende, se il medesimo Malatesti non l'havesse forzato a farlo, componendo egli medesimo la presente Ottava non alterata punto dal nostro Poeta. E perchè tale opera contiene (come habbiamo detto) Indovinelli, il Malatesti le diede il nome di Stinge, che fu un Mostro appresso a Tebe, Figliuolo (secondo Igino) del Gigante Tifone, e di Echidna, che significa Vipera; e Fratel carnale, secondo il medesimo, della spaventosa Gorgone, del Can Cerbero, del Serpente di più teste chiamato Idra, e di più altri mostri e animalacci, il qual mostro dimorava in un monte contiguo a Tebe sopr' ad uno scoglio vicino alla strada, ed a chiunque passava proponeva un dubbio (che i Greci dicono enigma, i Latini gruphus pure dal Greco; e noi indovinello... ) e se quel tale non lo scioglieya, il mostro improvvisamente lo pigliava, e l’uccideva. 

 

RIPIENO di sali. Ripieno di belli, ed arguti pensieri. I Latini ancora chiamavano sali l' arguzie, troyandosi in Orazio. Nostri proavi Plautinos laudavere sales. ... Ma qui l'Autore scherzando con l'equivoco del sale dice: Che il Malatesti, il quale sa che cosa è il sale, e che effetti partorisca [perchè egli era guardiano de i Magazzini del Sale di Firenze) sia messo de i sali ne i suoi sonetti, per far loro una salamoia con l'inchiostro, affinché i suoi versi si conservino e si difendano da i tarli della dimenticanza, sapendo, che il sale conserva, e difende dalle putredini; e le composizioni si conservano da i vermi dell'obblio con scriverle, e questo si fa con l'inchiostro, e però lo chiama salamoia. ...

 

L’opera del Malatesti venne pubblicata con il titolo La Sfinge enimmi nel 1640 a Venezia. Composta da una centuria di sonetti, dei quali tredici caudati, propone indovinelli fornendo le soluzioni in un capitolo finale chiamato l’Edipo. Nel 1683 l’autore diede alle stampe un’edizione più ricca dove si trovano anche i Quaternari delle minchiate costituito da sessantasei quartini di endecasillabi che pongono indovinelli su quel gioco di carte toscano.

 

Riportiamo dai Quaternari delle Minchiate la quaterna 26 che nell’Edipo il poeta la riferisce alla carta Matto:

 

Se, dove i• entro sempre accresco il bene,

Né di quel d•altri mai niente ho preso:

E non offendo alcun né son offeso,

Dunque più di mè Matto è chi mi tiene 10.

 

Poiché di follia si poteva morire, dalla Stanza XVIII del Primo Cantare 11 la nota del Lamoni riferita all’ultimo verso Che muoiam di mattana, e crepia d’ozio, spiega il significato di Morir di Mattana:

 

MORIR DI MATTANA. Morir di malinconia; quasi dica: E così grande la malinconia, che mi nasce dall’ozio, che mi fa diventar matto, e morire 12. Viene da Macto, mactas, e forse prima si diceva: perire per morte mattana, ec. che era una occisione speciale, che si faceva da gli Aruspici nell’immolar le Vittime, le quali sventravano vive, e così morivano a poco a poco crudelmente. La onde i Latini aggiungono sempre a questo verbo la parola morte, o supplicio, come si vede in Cicerone Morte mactavit, et supplicio mactai.

 

A conclusione, il significato del termine balordo presente nel quarto versodalla Stanza XXV del Primo Cantare 13, lemma che Andrea Moniglianella sua opera La Serva Nobile intese quale significato dell’attributo di tarocco  attribuito a certi pazzi.14.

 

Da Marte haveva havuta un fardana

Che lo tenne balordo più d’un mese.

 

BALORDO = questa voce che vuol dire Innavvertito, Smemorato, che è il latino mente captus, ci serve per intendere D’uno, che per qualche accidente occorsogli, resti sopraffatto, e non sappia a qual partito appigliarsi, per rimediare al danno che da quello accidente gli risulta, e si dice anche Sbalordito, Stordito.

 

Così il termine Balordo nel Dizionario Generale de’ Sinonimi Italiani del 1825 composto dall’abate Giovanni Romani:

 

Balordo, lat. Bardus, giusta la spiegazione che ne porgemmo altrove (V. Balordaggine), è un attributo che si applica a Coloro che sono di ottuso, o tardo, ingegno (7), per esempio: “A vedervi straccare dietro a un balordo” (Car. Lett.); e sotto a questa nozione Balordo si approssima assai a quelle di Stolido e d'Insensato, non che di Melenso. Ma peraltro suolsi più di frequente usar questo attributo per significare Una certa passaggiera confusion di mente, prodotta da qualche improvviso accidente, per esempio: “Rimase Psiche come una balorda” (Fir. As. 149); “Mostrando grandissima maraviglia, mi stava fermo come una cosa balorda” (Idem, 25); “Claudio ebbro e balordo, non se ne avvide” (Tac. Dav. 12, 260). Sotto questa nozione parmi che Balordo divenga affine di Stupido (8).

 

(7) Nel nostro dialetto Balordo si applica anche al fisico, per indicare degli oggetti di cattiva qualità, per esempio: Vino o pranzo balordo; Carne balorda; etc., ed anche figuratamente, dicendosi: Sonetto balordo; Predica balorda, etc.

 

(8) Come sinonimi di Balordo, la Crusca fa cenno di Balocco, Minchione, etc., che per essere, come a me sembra, di origine municipale, non meritano apposita spiegazione 15.

 

Note

 

1. Si veda Il Malmantile Racquistato I.

2. Malmantile Racquistato. Poema di Perlone Zipoli con le Note di Puccio Lamoni, In Firenze, Nella Stamperia di S.A.S. alla Condotta, 1688, pp. 341-342.

3. Si veda Il Matto (Il Folle)

4. Malmantile Racquistato, cit.,p. 178.

5. Si veda al riguardo Il Simbolismo del bastone nella carta del Matto.

6. Malmantile Racquistato, cit., p. 201.

7. Ivi, p. 57.

8. Ivi, p. 49.

9. Ivi, p. 393.

10. La Sfinge Enimmi Del Sig. Antonio Malatesti. In questa nuova impressione aggiuntavi la Terza Parte con le Minchiate, In Firenze, Alla Passione, 1683, p. 405.

11. Ivi, p. 18.

12. Sul rapporto esistente fra pazzia e malinconia si veda Follia e ‘Melancholia’.

13. Malmantile Racquistato, cit.,p. 23.

14. Si veda Il significato di tarocco in Andrea Moniglia - 1660.

15. Volume Secondo, Milano, Giovanni Silvestri, 1825, p. 94.

 

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