Come evidenziato in nostri altri saggi il termine ‘taroccare’ significa principalmente disputare con alcuno, ‘brontolare, protestare vivacemente, crucciarsi in particolare a causa di una forte alterazione emotiva, imprecare, sbuffare, andare in collera’ (1) situazioni determinate da uno stato di squilibrio che induce a inveire piuttosto che a ragionare con la dovuta logica. In tal senso il termine si connette al significato di tarocco=matto, cioè colui che ha perso il lume della ragione, termine che ha dato il nome al gioco (2).
Come ci riferisce il nostro socio prof. Franco Motta, nel A Greek-English Lexicon (3) il verbo Taraché ricorre in più fonti antiche, anche ellenistiche, con diversi significati fra cui disordine mentale: “La mente stravolta [hai dè frenôn tarachài] svia persino il saggio” (Pindaro, Olimpiche, 7.30); “Questo intruso [il corpo] ci assorda, ci dà agitazione [tarachèn], ci disarciona [la mente]” (Platone, Fedone, 66b); “È nel disordine e nella confusione [tarachèn kài plànen] di queste parti dell’anima che consistono l’ingiustizia, l’intemperanza” (Platone, Repubblica, IV 444b), etc.
Il motivo della nostra indagine sulla parola ‘taroccare’ nei componimenti poetici per musica del Settecento e nell’Ottocento (4), deriva dalla constatazione che tale termine possedeva una valenza ‘letteraria’, adatto ad essere inserito in testi poetici e questo almeno fino alla metà dell’Ottocento. Per il fatto che dal 1850 in poi non venne più utilizzato per tale uso, è possibile ipotizzare un decadimento dovuto alla considerazione di termine eccessivamente popolare, non adatto a componimenti artistici. D’altronde a tutt’oggi tale parola non viene più utilizzata nel senso sopra descritto, se non come ‘oggetto falso, falsificato’, attribuzione di estrazione moderna che non trova giustificazione etimologica.
Per quanto attiene ai drammi per musica di seguito riportati, abbiamo cercato il più possibile di inserire il termine ‘taroccare’ nel contesto in cui venne utilizzato per poter evincere al meglio il suo significato, che si rapporta con la pazzia attraverso l’utilizzo da parte dei librettisti di altri termini significativi.
Riguardo ciascuna opera abbiamo riportato:
1. Le indicazioni bibliografiche.
2. L’autore del libretto come indicato nel volume oppure fra parentesi quadra se l’autore è stato de noi reperito da altre fonti.
3. Il musicista.
4. Laddove riportato, il luogo dove si svolge l’azione dell’opera o della scena di interesse.
5. l numero dell’Atto e della scena all’interno dello stesso Atto.
6. I nomi dei personaggi della scena indicata e la loro identità fra parentesi quadra laddove descritti solitamente nella pagina a seguire il frontespizio.
7. Il passo di interesse dove si trova la parola ‘Taroccare’, cercando di mantenere la disposizione dei versi.
8. In nota il numero della o delle pagine dove si trova il passo.
Brevi informazioni riguardano alcuni librettisti fra i quali eccelle Carlo Goldoni che si firmava con lo pseudonimo di Polisseno Fegejo, oltre a musicisti famosi, tendenzialmente di Scuola Napoletana, punto di riferimento europeo per quanto attenne all’opera buffa, fra i quali spiccano Gaetano Latilla, Francesco Scarlatti (probabilmente appartenente alla celebre famiglia di musicisti), Baldassarre Galuppi, Niccolò Piccinni, Pasquale Anfossi e Giovanni Paisiello. Altre informazioni possono riguardare il luogo e la data della prima rappresentazione dell’opera e alcune meritevoli curiosità.
Occorre inoltre ricordare che ciascuna opera era preceduta da alcuni balletti che per lo sfarzo degli abiti e delle scenografie catturavano l’applauso del pubblico presente.
Prima di passare all’argomento della nostra trattazione, desideriamo sottoporre all’attenzione dei lettori un passo del dramma giocoso Il Barone per forza o sia il Trionfo di Bacco poiché vi si trova la parola ‘tarocchi’ col significato fare pazza baldoria, aderendo al significato di matto=tarocco come da noi descritto in un nostro saggio (5).
Il Barone per forza o sia il Trionfo di Bacco
Il Barone per forza o sia il Trionfo di Bacco. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi in Firenze nel Regio Teatro di Via Santa Maria nell’Estate dell’Anno 1786, Firenze, s.e, MDCCLXXXVI [1786]
[Libretto di Marcello Bernardini]
La Musica è tutta nuova del Sig. Marcella da Capua Maestro di Cappella Napoletano.
Atto Secondo - Scena XV
Il Duca Ruggero, Messer Taddeo, contadino
Tutti. Al tremolo suono
Di trombe, e tamburi
Ai grati sussurri - Di voci festive,
Superbe di nasso - Risuonin le rive
Dei pregj di Bacco - Dei vanti d’amor.
Duc. Allegri Baccanti. - Si balli, fi canti,
Si gridi, e schiamazzi
Si rida, e tarocchi
Bevete fintanto - Che v’esca dagl’occhi
Per far più gioliva - Più lieta la festa,
Via datevi in testa - Con tutto vigor.
Tutti. Al tremolo suono
Di Trombe, e tamburi
Ai grati sussurri - Di voci festive
Superbe di nasso - Risuonin le rive
Dei pregj di Bacco - Dei vanti d’amor.
Tad. Amico Caprone - Compagno diletto,
A tavola, e a letto - Ti voglio portar…
(accarezzando il Caprone.
Duc. Via presto Sileno
Tad. Son l’Arco Baleno…
Duc. Smontate che fate?
Tad. Son vecchio cadente…
Fo rider la gente - Se prendo possesso…
(nello smontare cade.
Ridetemi adesso - Possiate crepar. (6)
TAROCCARE NEI LIBRETTI D'OPERA
Le due Contesse
Le due Contesse. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Teatro di Via della Pergola nell’Autunno del MDCCLXXVI, In Firenze, Gio. Risaliti Stampatore, MDCCLXXVI [1776].
[Libretto di Giuseppe Petrosellini]
La Musica è del Sig. Giovanni Paisiello, Maestro di Cappella Napolitano.
La Scena si finge in Pisa.
Atto Primo - Scena XI
Contessina [di Belcore, giovane ricca, ma volubile], Leandro [gentiluomo amante della Contessina, che si vergona d’ esser geloso] in disparte, poi tutti a suo tempo [Prospero, Maestro di Casa della Contessa, cugino di Livietta; il Cavalier della Piuma, vedovo, viaggiatore ridicolo; Livietta, cameriera che si finge Contessina].
Lean. Voi sola, o Contessina
I torti miei sapete,
Voi sola, oh Dio! togliete
La pace a questo cor.
A 4. Tacete poverino,
Che siete un Seccator.
Lean. (Che indegni! che destino!
Che barbaro rigor! )
Cont. Lasciamo, che tarocchi.
Pros. E pazzo non ne dubito.
Cav. Gli si conosce agli occhi.
Lean. Presto al duello subito. verso il Cav.
Liv. E’ pazzo in verità.
Tutti fuor che Leandro.
Che rabbia! che furore!
Che strepito, che orrore!
Geloso, sospettoso
Adesso via di quà.
Lean. Ma questo è un improperio,
Ma queſto è un vituperio,
Questa è una crudeltà. (7)
Il Giocatore
Il Giocatore. Intermezzi per musica da rappresentarsi in Faenza nel Teatro dell’Illustrissima Accademia de’ Remoti l’Estate dell’anno 1723, In Faenza, nella Stamp. di Gioseffantonio Archi, 1723 [data al termine del libro].
In tre parti con musica di Giuseppe Maria Orlandini su libretto di Antonio Salvi. La prima rappresentazione ebbe luogo a Verona nel maggio del 1715.
Intermezzo Primo
Baccocco [giocatore], e Serpilla [sua moglie].
Bac. Si sì, maledetta
Sia pur la Bassetta,
E chi l’inventò:
Destin manigoldo!
Un picciolo, un soldo
Nè pur mi restò.
Sì sì, &c.
Disgraziato Baccocco!
Faresti a perder còn le tasche rotte.
O male spesa notte!
Senza cenar, senza dormìr, perduto
Oltre il Denar, l’Anello, e l’OriuoIo,
O la Spada, il Capello, e il Fcrrajuolo;
Disdetta traditora!
Se duravo a giocare,
Io vi lasciavo la camicia ancora:
Ma quello, che mi fa più taroccare,
E‘ l’aver moglie, e moglie scrupolosa,
Fantastica, molesta, e bacchettona,
Che brontola, barbotta d’ ogni cosa,
E spesso, bisognando, mi bastona.
Eccola, oimè… in disparte
Io mi ritiro: O miei pensieri all’arte.
………………………………….
Serp: Ah sei qui buona lana?
E sì tardi si torna da giocare?
Bac. Io da giocar Serpilla! il Ciel mi guardi. (8)
Angelica ed Orlando
Angelica ed Orlando. Commedia per musica di Tertulliano Fonsaconico [Francesco Antonio Tullio], da rappresentarsi nel Teatro de’ Fiorentini in questo Autunno del Corrente anno 1735, In Napoli, A spese di Niccolò di Biase, MDCCXXXV [1735].
La Musica è del Signor Gaetano Latilla Mastro di Cappella Napolitano.
La scena si finge in una Campagna di Toscana.
Atto Primo - Scena XII
Armindo collo scudo, e la lancia d’Orlando
Arm. Il Servire a innamorati
Muove i flati a un uom di sasso:
Manda a spasso l'allegria;
E farìa, con impazienza,
La pazienza taroccar.
Oh, che umor curioso,
Che tiene il mio Padrone! o che cervello
Torbido, tempestoso,
Bislacco, stravagante, e a saltarello!
Ben, che ti pare, Armindo? È strazio questo
Da soffrir con pazienza?
Or quì siam giunti; ed ora
Mi dice: presto presto,
Ch’abbiam da far partenza: Armi, e Cavallo
Prendi senza intervallo.
E pur, corpo d'Apollo!
Per la sua cara Angelica,
Abbiam corse le poste a rompicollo!
Come a tanto strapazzo,
Che mi strugge le viscere,
Resister puote un povero ragazzo? (9)
L’Isola disabitata
L’isola disabitata. Drama giocoso per musica di Polisseno Fegejo [Carlo Goldoni] Pastor Arcade da rappresentarsi in Glangenfurt, In Glangenfurt, Presso gli Eredi Kleinmayer, 1765.
La prima rappresentazione dell’Isola Disabitata si svolse a Bologna nell’estate dell’anno 1752.
Goldoni, autore del libretto, scrisse molti drammi giocosi per musica come La Conversazione, La Mascherata, Lo Speziale, Gli Uccellatori, La Scuola Moderna, I Portentosi Effetti della Madre Natura, La Ritornata di Londra, La Donna di Governo, Il Mercato di Malmantile, Il Negligente, Le Pescatrici, Il Paese di Cuccagna, I Bagni d’Abano, etc
La Musica è del Celebre Maestro Sig. Giuseppe Scarlatti.
Mutazioni di Scene nei tre atti.
Atto Primo - Scena III
Carolina, e Giacinta
Gia. Anch’ egli ha i grilli suoi.
Si vorrebbe il meschin metter con noi.
Car. Per dir la verità,
Che si metta con voi gran mal non è.
Stupisco che si metta anche con me.
Gia. Con sua buona licenza,
Evvi da lei a me gran differenza?
Car. Mi par di sì,
Gia. Davvero?
Quali sono, signora, i pregi suoi?
Car. Io son più ricca, e più civil di voi.
Gia. Ed io i natali miei,
E il mio stato con voi non cambierei.
Car. Di un marinar la figlia
Non potrà mai paragonar lo stato,
Con la sorella di un signor soldato.
Gia. L'arte del marinaro è signorile.
Car. Il mestier del soldato è più civile.
Gia. E pur con tutto questo,
Povera signorina,
Destinata voi siete alla cucina.
Car. Un mestiero non è da vostra pari,
Il lavar le camicie ai marinari.
Gia. Di far questa fatica avrò finito,
Quando avrò Garamon per mio marito.
Car. Quanto prima ancor io cangerò sorte,
Che Valdimon sarà di me consorte.
Gia. Non lo credo.
Car. Il vedrete.
Gia. Alle sue nozze
Aspirare sapranno altre ragazze.
Car. Non perdo il tempo a taroccar con pazze. (parte). (10)
Atto Primo - Scena IV
Giacinta sola.
Pazza a me? Se ti trovo,
Mai più te la perdono;
Voglio farti veder se pazza io sono.
Sì, lo dico, e il sostengo,
Son più civile assai.
Ci rivedremo, e me la pagherai.
Son buona buona fino a quel segno,
Ma se mi accendo, ma se mi sdegno,
Quella pettegola farò tremar.
La si vorrebbe metter con me?
Eh mi fa ridere,
Povera semplice!
Questo gran merito
In lei non c’è.
Se un’altra volta vuol provocarmi,
Saprò rifarmi, saprò parlar.
Quella pettegola farò tremar. (parte) (11)
La Donna di Governo
La donna di governo. Dramma giocoso per musica di Polisseno Fegejo [Carlo Goldoni] da rappresentarsi nel Teatro Giustiniani di San Moisè nel presente Autunno 1764, In Venezia, Appresso Modesto Fenzo, MDCCLXIV [1764].
La Musica è del Celebre Signor Maestro Baldassar Galuppi, Maestro della Regia Ducal Cappella di S. Marco e del Pio Luogo degl’Incurabili.
Mutazioni di Scene nei tre atti
La scena si finge in casa di Fabrizio.
Atto Secondo - Scena VIII
Corallina [donna di governo], e detti [Rosalba, nipote di Fabrizio, uomo vecchio benestante; Fulgenzio, amante di Rosalba e notaro].
Cor. Buon pro faccia, signori.
Ros. Che pretende, signora mia garbata?
Fulg. Perchè venire, se non sei chiamata.
Cor. Piano con questo sei. Con sua licenza
Ella non ha con me tal confidenza.
Son qui per vostro bene,
E voi mi maltrattate?
Ros. E in qual maniera
Che mi fate del ben poss’ io sperare?
Cor. Vengovi ad avvisare,
Che il vostro Signor Zio Sposar vi vuole
Con certo sier Agabito del sole.
Fulg. Come?
Cor. In questo momento
Si stende l'istromento.
Ros. Oh me meschina?
Cor. Se voi di Corallina
Vi degnaste fidarvi,
Trovereste la via di liberarvi.
Ros. In che modo?
Cor. Credete,
Nemica non vi sono,
Ros. Se mi amate?
Facciamone la prova.
Fulg. Deggio partir?
Cor. Restate.
Basta che s'egli vien vi nascondiate.
L'ho sentito raschiare;
Ch'egli qui venga a taroccar m'aspetto.
Andatevi a celar nel Gabinetto. a Ful.
Fulg. Ci vogliamo fidar?
Ros. Sì, vuò fidarmi.
Fulg. Mi raccomando a voi; vado a celarmi.
Vado? resto? sono incerto
Tra il timore, ed il sospetto.
Se mi fermo son scoperto
Se mi celo in gabinetto
Ho timor d’andar in trappola
Come il topo suol cascar.
Eh coraggio! Chi non risica,
Non è mai buon giocator.
La prudenza, e un caldo amor
Non si possono accordar. (12)
L’Amore Artigiano [Altro titolo: Gli Artigiani]
L’Amore Artigiano, Dramma giocoso per Musica. Da rappresentarsi Ne’ Teatri Privilegiati di Vienna la Primavera dell’Anno 1767, In Vienna, Nella Stamperia di Ghelen, s.d, [1767].
Con alcune modifiche al testo, il dramma venne presentato al Teatro Giustiniani in S. Moisè nel Carnevale del 1794, così come descritto nel seguente libretto:
Gli Artigiani. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Nobilissimo Teatro Giustiniani in S. Moisè il Carnovale dell’Anno 1794, In Venezia, Nella Stamperia Valvasense, MDCCLCIV [1794].
L’Autore dei versi fu in questo caso Giuseppe Foppa che così scrisse nella prefazione indirizzata A CHI LEGGE
Amore Artigiano del Signor Goldoni somministrò l'Argomento del Dramma presente intitolato: Gli Artigiani. L' inventare un Soggetto assolutamente nuovo combinarsi non potea colla ristrettezza del tempo; ed era molto meno adattabile al genio corrente il Dramma del Signor Goldoni scritto per altri tempi, e con differenti punti di vista. Ne ho quindi seguite le traccie col ritenerne i caratteri, e quel poco, che potea servire all' oggetto della sollecitudine estrema che si rendeva necessaria per lacomposizione della musica. La differenza delle circostanze presenti opposte direttamente a quelle, nelle quali si trovò il Signor Goldoni allorchè scrisse felicemente il suo Dramma m'ha fatto comporre un Libro che posso dire quasi nuovo. Un confronto materiale può farlo conoscere ad evidenza. (13)
La Musica è composizione del Sigr. [sic] Floriano Gasman, in attual servizio di Sua Maestà l’Imperatore.
Mutazioni di scene nei tre atti.
Atto Primo - Scena XVI
Bernardo [vecchio calzolaro] al piccolo Banchetto a sedere lavorando nelle sue scarpe, Titta [fabro] presso l’incudine assottigliando un ferro prima colla lima poi col martello, Giannino [legnajuolo] al suo Banco preparando tavole per i suoi lavori segnando, e battendo a misura del suo bisogno, poi Angiolina [cuffiara] colla sua scolara, poi Rosina [sua figlia sarta] colla sua, indi Giro [parrucchier francese suo Cammeriere].
Tit. Mastro Bernardo…
Bern. Ch' hai di nuovo Titta? (lavorando)
Tit. Novità non ne mancano, I mosconi
S'accostano alla carne…
Bern. In questa piazza
Non ci sono carogne.
Tit. Non cen’ erano
Dite come và detto:
Ber. Sì hai ragione;
Si sente il puzzo.
Gian. (Intendo il loro gergo;
Ma fingo non capir.)
Ber. Titta.
Tit. Che dite?
Ber. Voi conoscete
Gualche buon murator?
Tit. Si ne conosco.
Ber. Trovatemene uno,
Tit. Perche fare?
Ber. Perche vuò far murare
La finestra qui sopra.
Tit. Vi spaventano
I Guffi, e i Barbaggiani?
Ber. Hò paura dei venti Oltramontani.
Tit. Oh si stava pur bene!
Questa nostra piazzetta è divenuta
Una stalla, un porcile, un letamajo.
Gian. (Quest’ insolente stuzzica il vespajo:)
Ber. Siam pieni di sozzure.
Tit. Pieni di Piallature, e segature.
Gian. Non serve il taroccare: (avanzandosi)
Pago la mia pigione, e ci vò stare. (14)
Su libretto originale del Goldoni, invece, l’Amore Artigiano, dramma di tre atti per musica, venne rappresentato per la prima volta su musica di Gaetano Lattila a Venezia in occasione del Carnevale del 1761.
Atto Terzo - Scena X
Rosina [Sarta] e Giannino [legnajuolo]
Ros. Oh via, facciam così. Questi danari
Dividiamoli adesso per metà;
E ogni uno a modo suo li spenderà.
Gia. Via, per or mi contento.
Ma poi...
Ros. Sull'avvenire
Non istiamo a garrire;
Caro Giannino, mio, non far così.
Almeno il primo dì viviamo in pace.
Gia. Sì, d'aver taroccato mi dispiace.
Tu lo sai che ti vuò bene,
Che tu sei la gioja mia.
Prego il ciel che non ci sia
Da pentirsi e da gridar.
Ros, No, mio caro, non conviene
Far l'amore come i gatti.
Non son questi i nostri patti,
Sempre in pace si ha da star.
a 2 È pur bello il matrimonio,
Se non v'entra quel demonio
Che fa i sposi delirar. (14 bis)
L’Astratto [Altro titolo: La Giardiniera Accorta]
L’Astratto. Dramma giocoso per Musica da rappresentarsi nel Teatro Pubblico della Città di Arezzo, nel Carnevale dell’anno 1783, In Arezzo, Per Innocenzo Bellotti, 1783.
Prima rappresentazione a Bologna come da seguente libretto:
L’Astratto. Dramma giocoso per Musica da rappresentarsi nel Teatro Formagliari in Bologna l’Autunno del 1772, s.l. [Bologna], s.e., s.a. [1772].
La Giardiniera Accorta. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi in Firenze nell’Autunno dell’Anno 1781 nel Teatro di Via del Cocomero, Firenze, Per Anton Giuseppe Pagani, e Comp., MDCCLXXX [1781].
[Libretto del Sig. Abbate Giuseppe Petroselli].
La Musica del Dramma è del celebre Sig. Niccola Piccinni, Maestro di Cappella Napolitano.
PROTESTA
Tutto ciò, che non è conforme ai veri sentimenti della Santa Romana Chiesa Cattolica, è solo puro scherzo di Poesia, e non sentimento dell’Autore, che si dichiara vero Cattolico. (15)
La Scena si rappresenta in una terra di delizie nelle vicinanze di Genova.
Atto Primo - Scena Prima
GALLERIA
Claríce a sedere da una parte con Vespína accanto, che termina di pettínarla: Dall’altra Angelica alla Spinetta in atto di solfeggiare, e provare un aria. Leandro nel fondo, con Tavolino avanti, sopra del quale Spada, e Cappella in atto di scrivere, e D. Tímoteo, che passeggia ora accostandosi ad uno, ed ora all’altro, inquieto, e pieno di meraviglia.
Ang. Non mi fido degli amanti,
Sono furbi tutti quanti.
Cantando
Fa la sol fa mi fa re:
Il cantar non fa per me.
Leand. Due d’Epatta, sei di Luna,
E’ sfacciato ìl ventitre,
Sì farò la mia fortuna .
Qui ci è il terno per mia fe.
Clar. La mia povera bellezza Vespina presenta
a Clarice lo specchi
In che mani è capitata!
Vanne prima ad imparar. Vespina fa una riverenza,
e in atto di piangere parte
Tim. Ho tre figli, e son tre pazzí,
Queste due di bell’umore.
L’altro astratto e giocatore,
E mi fanno disperar.
Ang. Maledette sian le note. s’ alza:
Clar. Maledette cameriere. s’ alza.
Lun. Ah che il Lotto è un gran piacere!
s’ alza riponendo carte in saccoccia
Tim. Pazzi pazzi in verità.
a 3 Signor Padre con chi l’ha?
Lei borbotta, le si adira!
Tim. E’ la testa, che vi gira.
a 3 Le verrà l’alterazione.
Tim. Oh per bacco, arcibaccone;
Ho ragion di barbottare,
Taroccare, e strepitar.
a 3 Faccia pur quel che le pare
Lei tarocchi fino a sera,
Che noi stiamo ad ascoltar. (16)
La Vera Costanza
La vera costanza. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Teatro di Via Santa Maria nel carnevale dell’anno 1777, In Firenze, Per Gaetano Cambiagi Stampator Granducale, MDCCLXXVII [1777].
[Libretto di Francesco Puttini]
La Musica è del Sig. Pasquale Anfossi Maestro di Cappella Napoletano.
La Scena si finge in Belfonte
Atto Primo – Scena XIII
Rosina [pescatrice fedele], Villotto [cittadino ricchissimo destinato Sposo di Rosina], indi Masino [pescatore fratello di Rosina].
Vil. Ecco cara.
Ros. Che vuoi?
Vil. Son vincitore, ed or voglio la mano,
Ros. Vanne lungi da me. (vuol partire)
Mas. Ferma Villano. -
Vil. Tu Masino, non sai
Che il Conte... oh che allegrezza!
Mas. Cosa dice costui?
Rosina io non l’ intendo.
Ros.. Me stessa in quest’istante io non comprendo.
(confusa)
Ah! che divenní stupida;
Che barbaro martire!
Non sò quel che mi dire,
Non sò nemmen parlar.
Vil. Amico, quella spasima,
Pena, languisce e more.
Io sono il vincitore,
E seppi trionfar.
Mas. Per me rimango stupido;
Non ne capisco niente:
E' cosa veramente?
Da farmi taroccar.
Ros. O Dio! che fiero palpito
Dentro il mio petto sento!
Vil. Del gran combattimento:
Il fatto ti dirò. (17)
La Caffettiera di Spirito
La Caffettiera di Spirito. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Magnifico Teatro dell’Illustrissima Accademia degli Erranti di Brescia per il Carnevale dell’Anno 1777, In Brescia, Per Daniel Berlendis, 1777.
[Librettista sconosciuto].
La Musica [è] composta dal Sig. Maestro Luigi Carusio [Caruso] Napolitano.
Atto Secondo - Scena Prima
Strada. Aspetto esteriore della bottega del Caffè di Dorilla.
Lucio [Don Lucio, che fa la Corte a tutte le donne, e che poi s’innamora di Dorilla], ch’esce dal Caffè, e poi Marcello [Impresario, che s’innamora di Dorilla, Caffettiera Giovane vedova che s’innamora di D. Marcello].
Luc. AMor m'ha dato il colpo la scioltozza.
Se n'è andata in malora; pian pianino
M'ha innamorato affè la Caffettiera.
Quell'Impresario affè come conviene
Lo voglio accomodar…Ecco che viene.
Marc. Ah per una Donna indegna in poche ore
(uscendo fuori infuriato.
A che stato crudele io sono ginnto!
Luc. Parlo in breve, e vi dico che v’avverto
Di non pensar mai più alla Caffettiera…
Marc. Ma chi me lo comanda? (adirato
Luc. Io lo comando. Assieme abbiam parola
D’unirci in matrimonio…
Marc. (Che strega! Che demonio :) Ed io non
voglio (vuol partire
Luc. Marcello abbi giudizio (lo ferma.
L'avviso, che ti dò stallo a sentire,
Se tu per questa man non vuoi morire.
Un rival ebbi una volta, (si leva.
Che mi fea taroccar;
Con in mano questa spada
L’aspettai in una strada,
Che dovea di là passar.
Egli arriva ed io m’ascondo:
Egli passa, e non mi vede:
Çon un colpo all’altro mondo
| mostrare di tirare un’archibugiata
Io lo feci tosto andar.
Chi ha le buone orecchia intenda:
Non mi so di più spiegar. (parte, (18)
La Locanda in Scompiglio [Altro titolo: L’Albergatrice Vivace]
La Locanda in scompiglio. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi in Firenze nell’Autunno dell’Anno 1780 nel Nuovo Regio Teatro degl’Intrepidi detto della palla a corda, Firenze, Nella Stamperia Stecchi, e Pagani, MDCCLXXX [1780]
L’anno seguente l’opera venne ripresa a Reggio con il titolo L’Albergatrice vivace:
L’Albergatrice vivace. Dramma Giocoso in musica da rappresentarsi nel Teatro dell’Illustrissimo Pubblico di Reggio La Fiera dell’Anno 1781, Reggio, Per Giuseppe Davolo, s.d., [1781].
[Libretto di Giuseppe Palomba]
La Musica è del celebre Sig. Maestro Luigi Carusio [Caruso] Napolitano.
L’azione si finge in un Albergo dello Stato di Roma nelle vicinanze di quello di Napoli.
Atto Primo- Scena XI
Barberina [Albergatrice], Micheluccio [amante corrisposto di Barberina].
Barb. Or vedo, che mi amate veramente,
Così mi piace, si dee far così.
Monsieur, Mein-herr, nobil Cavaliere,
Sentite, ora vo dirvi il mio pensiere.
Se per me chiudete in seno
Vero amore, e vero affetto,
Ve lo dico aperto, e schietto,
Non mi fate taroccar.
Per esempio stò a seder
Quì a canto al Mein-herr,
Niun mi deve disturbar.
Sains facons poscia al Monsieur
Stò parlando a tu per tu,
Gl’altri l'han da rispettar.
Gravemente poi con lei
Stò a parlar degli Avi miei,
Cheto ognuno deve restar.
E se ancor qualche affaruccio
Tengo quì con Micheluccio,
Niente allor deve importar.
Che? vi torcete ?
Non mi capite?
Or lo sapete
Ciò che mi piace,
Ne lo potete
Dimenticar.
Non voglio liti,
Non voglio scene.
Come conviene
Qui s’ha da far. (19)
Il Disprezzo
Il Disprezzo. Azione drammatica giocosa per musica da rappresentarsi nel Nobile Teatro di San Samuele il Carnovale dell’Anno 1782, In Venezia, Presso Modesto Fenzo, MDCCLXXXII [1782].
[Librettista sconosciuto].
La Musica è del Signor Maestro Pasquale Anfossi Napolitano.
L’azione [del primo atto] si finge in Castel Fiuminese Feudo di Alfonso.
Mutazioni di scene.
Il Secondo Atto di quest’opera venne sostituito mettendo in scena il Secondo Atto de Gli amanti canuti, musicato dallo stesso Anfossi, cosa non estranea al mondo lirico del tempo. Scrive l’Impresario:
Mentre stavasi tessendo il second’ Atto di quest’ Opera, fù pensato di surrogargli in vece il prim’ Atto dell’Opera intitolata La forza delle Donne sì per anticipare di qualche sera il cangiamento del teatrale Divertimento, sì per appagare un genio da moltissime voci promulgato di risentir quella Musica che tanto piacque allorchè fù creata dal Sig. Maestro Anfossi per altro di questi veneti Teatri. Tutto vi si disponeva, e si erano di già incontrate dall’Impresario alcune spese a ciò unicamente dirette; ma suo malgrado per sopragiunti imprevedibili ostacoli ha dovuto abbandonarne l’idea. Non érasi più in tempo a tal momento di riassumere il sospeso lavoro del second’ Atto dell’Opera presente, e quindi ha dovuto appigliarsi al solo espediente rimastogli, di supplire col secondo degli Amanti canuti che spera non sarà men gradito; ed accetto al benigno, e rispettabilissimo Pubblico di quello lo fosse nella sua prima Comparsa in queste Scene nello scorso Autunno. (20).
La scena [del secondo atto] si finge in Chiozza.
Atto Secondo - Scena III
Buonattutto [giovane raggiratore], e Droghetta [cameriera];
Buo. Cosa dici? Ti sembra,
Ch’abbia talento, o nò?
Dro. Sei veramente
Una Briba valente.
Buo. Mostrami quell’Anel.
Dro. Vedilo pure. (mostrandoli l'Anello nel Dito,
Buo. Oh, via, che seccature.
L’Anello, e non il Dito
Voglio considerare.
Dro. Di quì non esce, e tu nol vuoi cuccare,
Buo. Come? Così diffidi
D’un Galantuom par mio?
Dro. Udir non posso bestemmiare, addio.
mostrando partire,
Buo. Hò capito, hò capito,
E questa una vendetta. O via, parliamo
Un pochetto d’amor, poi torneremo
A parlar di quei Vecchi mammalucchi.
Dro. Di pur sù, ma l'Anel non lo pilucchi,
Buo. Se andar vuoi per le brutte
La mettà me ne tocca.
Dro. Quando però ti spazzerai la bocca,
Buo. Droghetta, giuro al Cielo
Non mi far taroccare. Abbi paura
D’un Mar, che và in burrasca.
Dro. Paura? Oibò, voglio che, m'entri in tasca,
Buo. Ma fai, che ti sei fatta
Dispettosa, insolente,
E quel, ch'è peggio molto diffidente?
Dro. I miei Polli conosco,
Ne mi lascio beccare… (21)
L’Apparenza Inganna
L’Apparenza Inganna. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi in Firenze nel Carnevale dell’Anno 1784 nel Teatro di Via del Cocomero, Firenze, Presso Anton- Giuseppe Pagani, e Comp., MDCCLXXXIV [1784].
[Libretto di Giovan Battista Lorenzi]
La Musica del primo Atto è del Sig. Maestro Giuseppe Gherardeschi di Pistoja.
Nel secondo Atto è del Sig. Maestro Carlo Spuntoni di Bologna.
Atto Secondo - Scena Prima
Piazza con due Case praticabili
Rosina, Florindo, Fattima, Lisetta, Giramondo, e Lattuga.
Latt.
Ros. a 3 Se l'indegno è maritato
Fatt. A Florindo giura fè.
Flor. Se Fallopio v ha ingannato
Perchè mai non darla a me,
Lis. Perché siete uno scannato
Gir. Ecco detto il perchè.
Fatt. Si vi voglio a suo dispetto. píano a Flor.
Flor. Si vi giuro eterno amore piano a Fatt.
Gir. D. Fallopio, traditore. piano a Lis,
Ros. (Si mi voglio vend[i]car.)
Gır. Con la spada io quì l'aspetto,
E con me l’avrà da far.
Fatt. Siete un barbaro
Gir. E tu canta
Flor,
Ros. a 3 Un crudele
Latt.
Lis. Gir. a 2 Si cantate
Ros.
Latt.
Lis. a 4 Mi fareste taroccar.
Flor. (22)
La Finta Zingara
La finta zingara. Farsa per musica di Giambattista Lorenzi P.A. da rappresentarsi nel Teatro de’ Fiorentini nel Carnevale di quest’anno 1785, s.l., s. e., s.d. [Ma Napoli, 1785]. Questa farsa si trova in un volume assieme alla farsa Le sventure fortunate presentata per lo stesso Carnevale nel medesimo teatro.
La Musica è del Sig. D. Pietro Guglielmi Maestro di Cappella Napoletano.
La Scena si finge nel piccolo Feudo di D. Artabano.
Scena Prima
Rustico Casale. Da un lato palazzo mediocremente nobile di D. Artabano, con portone pratticabile. Contiguo all' istesso palazzo giardino anche pratticabile, dal quale s passa in un atrio, e da questo per pochi scalini si cala alla strada. Nell' opposto lato diverse rustiche case, e nel prospetto vaga collina da pratticarsi similmente per una strada, che ora si lascia vedere, ed ora viene nascosta dalla inuguaglianza de’ sassi, e dalle giovanette, ma folte piante, che l'adornano.
D. Artabano [uomo di vil condizione, che avendo accumulato qualche denaro, si compra un piccolo Feudo nell’Abruzzo, e pazzamente si crede nobile, Padre di Arminda e di Cloridea], Arminda [promessa sposa del Marchesino Bomba], Cloridea [promessa sposa del Barone Carcassa], Riccardino [amante occulto di Arminda, che per ottenerla, con inganno le ha proposto il finto personaggio del Marchesino Bomba] e Carpione [amante occulto di Cloridea, il quale similmente per ottenerla con inganno, le ha proposto il finto immaginario Barone Bomba] con servi, che vengono dal giardino.
Car. Perchè mai così cambiate alle donne
Ric, a 2 Voi vi siete in un istante?
Arm. Che tedioso!
Clo. Che seccante!
a 2. Via lasciam di passeggiar.
Art. Ma che son queste scenate?
Ricordatevi, che siamo
Una mandra di Signori,
E Signori, che dobbiamo
Con Signori, e non Signori
Da Signori sempre far.
a 4. Sa ciascun i suoi doveri.
Art. Clo, a 2. Dame siam…
Ric, Car a 2. Siam Cavalieri…
E potiam tre volte l'anno
Per lo meno bettemmiar.
Art. Ma si sappia col malanno
Perchè state a taroccar.
Ric, Star non vogliono al contratto
Arm. Non ci piace il vostro patto. (23)
Il Medico Burlato
Il medico burlato. Dramma giocoso per musica a sette voci da rappresentarsi nel Teatro di Pisa dei Nobili Signori Fratelli Prini la Primavera dell’Anno 1790, In Pisa, Per Francesco Pieraccini, 1790.
[Librettista sconosciuto].
La Musica è del Sig. Pietro Guglielmi celebre Maestro di cappella Napoletano.
La Scena si finge in un luogo delizioso di Villa.
Atto Primo - Scena XIV
M. Flacco [Monsu’ Flacco, ballerino grottesco, ignorante, compagno di Claretta], D. Pompilio [Cavaliere impazzito d’amore per Claretta, ballerina e finta cameriera in Casa di D. Ippocrate], poi Donna Laura [destinata sposa di D. Ippocrate, medico ignorante, che affetta il Francese con Donna Laura, della quale aspira le nozze].
Fla. Ho pieno il capo
Di ciarle, e non le tasche:
Oh via non tante burle ò mia carina;
Lasciami un pò baciar quella manina.
Lan. Se ti riesce il trovarmi... Fla, E' lesto.
Amor, tu che patisci
Di cateratte agli occhi: ora che cieco
Fra quest’ombre son’io come tu, sei
Guida à quella, che adoro, i passi miei
A tentone a poco a poco
Vò col piè così pian piano,
Il mio ben cercando in vano
Per cotesta oscurità
Dąmmi il segno zitto zitto
Fà un sospiro anima mia…
Un cannone di corsia
Non può meglio sospirar.
Dimmi, ò cara, dove sei.
Lau. Sono quà . . . Pom. Sono qua.
Fla, Deh non faccia cara lei…
Ch'io m’ avessi da stroppiar.
Se lo fa per barzelletta
Ferma un poco, ò mia diletta,
O principio a taroccar.
Sono scherzi già d’amore,
Ma trà l’ombre, e lo scurore
Se vi piglio, se vi trovo
Quella man vi vò baciar.
Il cervello giá a torno mi va…
Mo vi piglio…, Ci siete voi qua.
Vieni ò bella, ma un ombra quest’ è
Ombra cara tiratevi in la.
Ah che o perso le gambe, e il cervello
Oh la testa, son cose assai brutte
Maleđette le femmine tutte,
E quell'uomo, che appresso lor và.
parte con Laura (24)
La Sposa Bisbetica
La sposa bisbetica. Farsetta per musica a 5 voci da rappresentarsi nel Teatro Valle degli Illmi Sigg. Capranica nel carnevale dell’Anno 1797, In Roma, Per Michele Puccinelli a Tor Sanguigna, s.d. [1797].
[Librettista sconosciuto].
La Musica è del Sig. Pietro Carlo Guglielmi Maestro di Cappella Napolitano.
La Scena si finge nelle vicinanze di Pisa in un luogo di Campagna spettante a Bonario.
Parte Prima - Scena Prima
Galleria in Casa di Bonario.
Isabella [figlia di Bonario], Bonario [vedovo, uomo facoltoso, e credulo], e Faccenda [Ministro di Bonario, che si finge un Personaggio d’importanza].
Isab. Io soggetta a Giocondina, Io figliastra d' una matta?
Fac. Dice bene, poverina! Questa cosa non può star.
Bon. Ciarla, grida, sbuffa, schiatta.
(all' uno, e all'altra.
Giocondina io vò sposar
Sab. Non sia mai…
Fac. Partir piuttosto.
Isab. Io son pronta…
Fac. Io son disposto.
A 2 Ipso facto, immantinente
A fuggirmene di quà
Bon. Oh fareste veramente
Una gran bestialità.
Fac. Una pazza per padrona?
Isab. Una bestia? oh questa è buona.
Bon. State zitti, pace, pace.
Fac. e Isab. Non ci piace, non ci piace,
Bon. Ma dev'esser la mia Sposa.
A 2. Non è cosa, non è cosa.
Bon. Ma se io…
A 2. Ma non va bene.
Bon. Ma se lei…
A 2. Ma non conviene.
Bon. Se i Capitoli son fatti
A 2. Son Capitoli da matti.
Bon. Alto là, che cosa ci è?
La mia Sposa è una Ragazza,
Che dev'esser rispettata,
(E per altro un poco pazza
E han ragione per mia fè.)
Isab. E chi può di questa furia
Sopportar la tirannia?
Bon. Io lo vedo, figlia mia,
Ma è vezzosa, e piace a me.
Fac. Sò che grida, sò che ingiuria;
L'ha con questo, l'ha con quella…
Bon. Ma è carina poverella,
E bisogna sopportar.
Fac. Ah quel sangue così freddo.
Isab. Quella flemma mi divora:
Eh scuotetevi in buon'ora,
Mi fareste taroccar.
Bon. Lo conosco, lo confesso
E un può matta la Sposina;
Ma è vezzosa, ma è carina,
Ne la voglio disgustar. (25)
Parte Prima - Scena IV
Faccenda, e detti [Giocondina, donna d'umor bisbetico, che contradice a tutti, promessa Sposa di Bonario; Cavalier Leandro amante segreto d' Isabella]
Fac. A meraviglia.
Il Re di Trabisonda
Mio Signor, mio Sovrano
si alza, e seco tutti.
Vuol sapere i costumi, il genio, e l'indole
Dell'Europee più belle,
E voi…
Gioc. Io sono forse una di quelle.
Isab. (Superba maledetta!)
Facc. S'egli trova a Gioc.
Una Giovane bella, come voi,
Ma che per altro sia
D'una rara modestia…
Gioc. Più modesta
Di me, dove si trova?
Non è vero? ad Isab.
Isab. Verissimo,
Facc. Che parli poco...
Gioc. Oh io non parlo assai,
Lo dica lei… a Bon.
Bon. (Non la finisce mai.)
Facc. Non strapazzi la gente,
Non tarocchi, non litighi,
Non contradica...
Gioc. Io sono,
Più dolce anche del zuccaro: parlate:
Dite voi, Cavaliere.
Cav. Oh sì: voi siete
Savia, prudente, buona…
(Che a nessuno per altro la perdona.)
Facc. In questo caso dunque il mio Sovrano,
Il Re di Trabisonda vi dichiara:
s' alza, e seco tutti.
Principessa Reale, e vi promette
Premj, onor, protezzione: ma avvertite,
Che se tal voi non siete
Principessa Real mai non sarete.
Cav. (Ho inteso, ho inteso il gergo,
Bravo Faccenda)
intanto si fanno dei cenni e ridono (25 bis)
Il Fabro
Il Fabro. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Regio Teatro di Via della Pergola la Primavera del MDCCXCI, In Firenze,Nella StamperiaAlbizziniana da S.M. in Campo, MDCCXCI [1791].
[Libretto di Luigi Romanelli].
La Musica è del celebre Sig. Maestro Valentino Fioravanti.
La Scena si finge in un Paesetto nelle vicinanze di Palermo sulla spiaggia del mare.
Atto Primo - Scena XVI
Bottega di Fabbro con Fucina, Incude, e Garzoni al lavoro.
Maestro Fazio [fabbro amante di Lena], indi Lena [cittadina capricciosa promessa sposa per mandato di procura a D. Velasco, capitano di nave], poi Don Pacomio [Cartapecora Curiale ignorante, amante di Lena], finalmente tutti.
Pac. Deh Signor non tanta fretta,
Ci ho una certa novelletta,
Un bel fatto molto raro
Quì successo poco fa.
Faz. Len. Narra il fatto, amico caro,
Che da ridere farà.
Pac. Un Artista innamorato
Un po’ rustico, e geloso
Stava accanto al nume amato
Come Fazio adesso stà.
Un suo amico lì arrivato
Si frappose, e disse a quella:
Volgi a me la faccia bella,
Lascia questo lì crepar.
si mette in mezzo, accanto a Lena.
Faz. E l'Artista?
Pac. In un cantone
Se ne flava a taroccar.
a 3 Sù ridiamo, ah, ah, ah.
Pac. In tal modo poi la mano
prende la mano di Lena.
Piano piano la pigliava .
Faz. E l’Artista?
Pac. Taroccava,
a 3. Là ridiamo, ah, ah, ah.
Pac. Poi con qualche sospiretto
Le diceva io morirò.
Len. Oh che fatto graziosetto!
Che al mio genio si adattò.
Faz. Ma un tal fatto maledetto
Come alfin si terminò?
addirato, cacciando D. Patomio
Pac. Piano…oh bella…lei s' infuria,
Ho finito il mio racconto,
E l’Artista a tale affronto
Così appunto taroccò.
a 3 Questo fatto finchè vivo
A memoria sempre avrò. (26)
Il Naturalista Immaginario
Il naturalista immaginario. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi in Firenze nel R. Teatro di via S. Maria nella Estate dell’Anno 1796, Firenze, Presso Anton-Giuseppe Pagani, e Comp., MDCCXCVI [1796].
[Libretto di Giovan Battista De Lorenzi].
La Musica è tutta nuova del celebre Sig. Silvestro Palma Maestro di Cappella Napolitano.
Atto Secondo - Scena VII
Macario [che si crede gran Filosofo naturalista, celebre in tutte le Scienze, Zio dell’Alfonsina, innamorata di Lelio, giovine che si introduce in casa col pretesto di apprendere le scienze], Sossio [uomo sciocco, discepolo di Macario], e poi Enrichetta [cameriera in casa di Lelio che si finge Dama Letterata], e Corrado [barbiere di Lelio, che si finge Capitano], e la suddetta [Alfonsina, innamorata di Lelio].
Soss. Parlerò, parlerò. Che seccatura!
Sappia lei che un affamato
Si voleva qui belbello
Piluccare un pollastrello;
Zitto zitto venne un gatto
Che saltando sopra il piatto
Tutto a terra rovesciò.
Ah ragion di taroccar l'affamato sł o nò
Non Capite? Or più chiaro parlerò.
Sappia lei che che [sic] si giocava
Ed il piccolo pallino,
Alla palla era vicino
Quando al meglio del giochetto
Venne un diavol maledetto
Ed il gioco rovinò.
Ah ragion di bestemmiare
Chi vinceva sì o nò?
Non capite ma cospetto
Fitto fitto tutto il fatto
Qui da me si raccontò.
Neppur basta? Eterni Dei!
Perchè il barbaro destino
Quì costei oggi mandò,
Che finor dal chitarrino
Quattro corde mi strappò. (27)
I Tre Desiderj ovvero Il Taglialegne
I Tre Desiderj ovvero Il TaglialegneFarsa Nuova di un Atto in Prosa, e in Musica alla Francese da rappresentarsi in Firenze nel Teatro di Borgo Ognissanti il Carnevale del 1795, In Firenze, Nella Stamperia già Albizziniana all’Insegna del Sole, MDCCXCIV [1794].
La Composizione è del Sig. Domenico Somigli fra gl’Arcadi Lisendo Tiresiano.
La Musica è tutta nuova del rinomato Sig. Maestro Ferdinando Rutini Fiorentino.
La Scena si finge in Potesteria.
Atto Primo - Scena Seconda
Bosco foltissimo ingombrato di Alberi, in prospetto Monte altıssimo praticabile.
Biagio [Taglialegne] di dentro con Accetta, poi fuori scendendo la Montagna.
Biag. Deve un povero ammogliato
Tribolar la notte, e il dì,
Senza bezzi, e senza fiato
Faticar deve così.
Da quel giorno assai fatale
Che l’amore a lei m’ unì,
La gran pianta maritale
Su la testa mi fiorì.
Diamo principio al travaglio. Oggi avrei bisogno di fare una buona giornata. Mi è stata fatta gran richiesta di legna, non sò se potrò contentar tutti. Alle mani dicea quello che non l'aveva. Cominciamo da buttar giù questo querciolo, dà dei colpi. Questa scure mi vuoi far taroccare. Non lavora a mio modo. Gran disgrazia di noi altri miserabili! faticar molto, e mangiar poco, quando tanti senza far nulla s’ impinguano nell' opulenza. Perdonami PadreGiove, ma questa non mi par giusta. Cosa vedo! Il Ciel si oscura. Che vento!... Che lampi!...Che tuoni…quì non vi è altro scampo che piantarsi fotto questa quercia. E sempre nuove disgrazie. segue fiera Tempesta d’acqua, grandine, e fulmini. Oh povero me! or ora un fulmine m’ incenerisce. Giove, se tu mi liberi, giuro di consacrarti la Capra della mia moglie subito che torno a casa. Via, via, il Cielo si rasserena. viene un fulmine. Oh poveretto me, son morto. casca in terra. (28)
L’Etio
L’Etio. Drama per musica da rappresentarsi nel Real Palazzo, In Napoli, Per Carlo Porsile, 1686.
Sulla storia di Ezio, il grande generale romano che sconfisse Attila, vennero scritti diversi libretti per musica, di cui il più famoso fu composto dal Metastasio, musicato da giganti della musica come Handel e Hasse. Il libretto su indicato da noi reperito sebbene non riporti l’autore del testo e delle musiche, risulta l’unico in cui appare il verbo ‘taroccare’.
La Scena si finge in Roma.
Mutazioni di scena nei tre Atti.
Atto Terzo - Scena XV
Sabina, Onorio, Etio, Gilba, Lesbino
Lesb. Caro padrone, ah quanto
Provasti il Fato, al tuo voler contrario.
Gil. Costui non piange tè, piange il salario.
Et. A che più mi serbate
Perfidissime Stelle.
Gil. Tarocca quanto vuoi,
Andiam Lesbin di questo cor conforto,
E lascia di piangere più il morto.
Gilba tira Lesbino per un braccio (29)
La Fiera
La Fiera. Farsa per musica da rappresentarsi nel Teatro Tron in S. Cassiano nel Carnovale dell’Anno 1772, In Venezia, s.e., s.d., [1772].
Una farsa dal titolo La Fiera, ossia, il Teatro in Teatro, con diverso testo musicato da Domenico Sigismondi, venne rappresentata a Torino nel 1803.
Libretto di Giovanni Doffin.
La Scena si finge in un Paese di Terraferma.
Prima Parte - Scena III
Pivetta [figliastra di Fabrizio, astronomo]vuol partire, ed incontra Volpona [vedova, cognata di Fabrizio] e dette [fra cui Trapolina amante di Sgranellone]
Volp, Presto, presto cori Pivetta vien a casa oh che desgrazia!
Pivet. Che cosa è accaduto Signora Zia?
Volp. Una gran desgrazia, oh che disgrazia!
andemo fubito
Trap. Oh poverina! cosa è successo Signora Volpona?
Volp. Mio Cugnà Fabrizio fegurarse xe deventà matto.
Pivet. Da vero?
Volp. Da seno, da seno.
Trap. Il Padrigno della Signora Pivetta? l'Astronomo?
Volp. Siora sì, so Paregno. L'Astrologo.
Pivet. Preſto: dunque andiamo, andiamo.
Trap. Oh quanto, che mi vien da ridere.
(diceva, che era savio.)
Volp. El giera in terazza, e adesso fegurarse
le montà su i copi.
Pivet. Andiamo, andiamo. (tirandola.
Volp. El tarocca fegurarse col Sol, con la Luna,
e con le Stelle fegurarse…
Trap. Vadino subito che non si precipiti.
Volp. El discore fegurarse d'aqua, e de battei.
Pivet. Non perdiamo tempo Signora Zia. (30)
La Sposa Fedele [Altri titoli: La Rosinella, ossia La sposa fedele, La fedeltà in amore, La sposa costante, La costanza di Rosinella. In Germania venne rappresentata con il titolo Robert und Kalliste, oder der Triumph der Treue]
La Sposa Fedele. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi in Firenze nel Teatro di Via del Cocomero, nella Primavera dell’Anno 1769, Si vende da Ant. Giuseppe Pagani, s.d. [1769].
[Libretto di Pietro Chiari]
La Musica è del celebre Sig. Don Pietro Guglielmi Maestro di Cappella Napoletano.
La Scena si finge in un Isola, Feudo del Marchese [di Vento Ponente].
Atto Secondo - Scena VII
Rosinella [sposa promessa di Pasqualino, salvati entrambi da un naufragio] e il Marchese [di Vento Ponente]
Ros. (Аh di doppio tormento
Colui mi fa morir!!).
Mar. Non vi agitate,
Cara mia Baronessa
Per cagion di quel pazzo,
Ch'io lo farò legar.Olà…
Ros. Signore,
No, tralasciate.
Mar. E come?
Baronessa, piangete?
Son di colui le smanie
Che fan di pianto inumidirvi il ciglio?
Dite: tanto per lui
Siete di cor pietoso?
Ros. Penso, Marchese, al mio perduto sposo,
L’amor di Pasqualino
Per la sua Rosinella
Immaginar mi fa d’ esser io quella.
Pari al suo il mio Barone
Per me sentiva amore:
Di Rosinella al pari
Io l'amava di cor... Ah, non stupite
S' io dunque piango adesso,
Perchè siamo ambedue nel caso istesso .
Mar. Ecco per consolarvi
Quel che sa fare un Cavalier par mio.
Vostro spofo fon io
Se voi non mi sdegnate;
Di venti mila scudi
Di contraddote un istromento io scrivo.
Lasciate il morto, ed or pensate al vivo.
Ros. lo vostra Sposa!... Piano:
Saria la vostra mano
Al merto mio, Signor, troppo alto dono
Io di sì grande onor degna non sono.
Se perciò in sul moniento io non l’accetto
Lo vuole il mio rispetto;
|Grata però mi chiamo a un tal favore
E tempo chieggo a discoprirvi il core
Mar. Capisco, si, capisco
Baronessa adorata,
Che vedova restata.
Che non sono due giorni
Volete per modestia, e per rispetto
Aspettar qualche tempo. Io son contento:
Lascio la scelta a voi di quel momento!
Mi giubbila il core contento mi dà
Nel corpo il rumore, sentite che fa.
Tarocca borbotta fa strepito, e chiasso,
Sentite già dice, prendiamoci spasso.
Io come un cavallo, che corre veloce
Le nove, i festini men vo a preparar. (31)
Don Anchise Campanone
Don Anchise Campanone. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Teatro di San Samuele l’Autunno dell’Anno 1773, In Venezia, Presso Modesto Fenzo, MDCCLXXIII [1773].
[Libretto di Gio. Battista Lorenzi].
La Musica è del Sig. Giovanni Paisiello Maestro di Cappella Napolitano.
Mutazione di Scena nei tre Atti
[La Scena si finge in Napoli, in Casa dio Don Rutilio, e nel Cortile].
Atto Secondo - Scena III
Rutilio [medico], D’Anchise [Baron di Trocchia] nel sacco, e Carmosina [serva in casa di Ruttilio] che viene avanti
Rut. (Vè che delirio!) lo vi volea riporre
Quel sacco di farina ... Or dì; mia moglie
Che fa?
Car. Grida, e tarocca.
Anch. Accì… (stranuta dentro il sacco.
Rut. Il malanno
Ti colga. (con rabbia
Anch. Mille grazie
Car. Ch’ è stato ì?
Rut. Menicuccio
Che stranuta quì dietro.
Anch. Acci…
Rut. Va al diavolo. (come sopra.
Anch. Di nuovo mille grazie… acci…acci…
Rut. Maladetto!.... (come sopra.
Anch. E tabacco: Non s’incomodi.
Car. Ohime ! La dentro chi ci sta ? (most. spave.
Rut. La bestia
Di mio genero, qui da me introdotto
Di nascosto in quel sacco,
Che si diverte di pigliar tabacco (con rab.
Car. Cospetto! se lo scopre la Padrona…
Anch. Ch’è quello che dich'io: Cornelio Tacito.
(cava fuori la testa dal sacco) (32)
Le vicende amorose
Le vicende amorose. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Regio Teatro di S. Carlo Della principessa il Carnevale dell’Anno 1797, Lisbona, Nella Stamperia di Simone Taddeo Ferreira, MDCCLXXXXVII [1797].
[Libretto di Pastor Arcade Timido]
La Musica è del Sig. Giacomo Tritto Maestro di Cappella Napolitano.
La Scena si rappresenta in un ameno Villaggio, in vicinanza di Verona
Atto Unico - Scena VII
Jardim ameno
Laureta [cantarina il di cui vero nome è Arpalice], D. Pistofilo [ricco negoziante facete e amante di Lauretta], e Bettina [giardiniera di Lauretta, che parla sempre con proverbi, e sentenze] cultivando as flores.
Pis. Io son già ricco:
Non m'importa di dote, e mi contento
Di mangiar oggi luovo
Piutosto che domani la gallina.
Bet. Oh qui si che ha ragione
Padroncina
Sempre è meglio il fringuello sullo spiedo,
Che il tordo sulla frasca.
Pis: La sentite?
Ha un tomo in foglio di proverbj in bocca,
Poi dicon, che Pistofilo tarocca.
Lau. Siete troppo impaziente.
Bet. Ha ragione. (33)
Questo dramma venne rappresentato in diversi teatri italiani con il titolo I Raggiri d’Amore come risulta dal seguente libretto:
I Raggiri d’Amore. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Teatro di S.A. S. il Signor Principe di Carignano nell’Autunno dell’Anno 1792, Torino, Per Onorato Derossi, s.d., [1792].
In questa occasione, il libretto subì alcuni rimaneggiamenti fra cui anche il passo di nostro interesse:
Atto primo - Scena Settima
Ameno giardino
Laur. Olà Bettina
Facesti l'imbasciata a D. Polibio?
Bet. La feci sì signora.
Laur. Ma non si vede ancora,
Bett. Verrà. Dice il Villano,
Chi va piano, va sano.
Pist. La sentite:
Ha un tomo in foglio di proverbj in bocca;
Poi dicon, che Pistofilo tarocca.
Bett. Seguitando a seccarla
Così, voi rimarrete
Come il cane da caccia
Che ha perduto la preda.
Pist. Ah madamina,
Io la strozzo costei da galantuomo.
Bett. Perchè
Perchè non posso
Più soffrir questa pazza:
Ogni parola sua mi storpia e ammazza. (34)
La sposa bisbetica
La sposa bisbetica. Farsetta per musica a 5. voci da rappresentarsi nel Teatro Valle degl’Illmi. Sigg. Capranica nel Carnevale dell’Anno 1797, In Roma, Per Michele Puccinelli a Tor Sanguigna, s.d., [1797].
[Librettista Lorenzo da Ponte]
La Musica è del Sig. Pietro Carlo Guglielmi Maestro di Cappella Napolitano.
La Scena si finge nelle vicinanze di Pisa in un luogo di Campagna spettante a Bonario.
Parte Seconda - Scena II
Bonario [vedovo, uomo facoltoso, e credulo] e poi Isabella [figlia di Bonario]
Bon. Bella cosa, ch'è la moglie:
Bella cosa in verità
Porta addosso tante gale,
Tanti fiocchi, tanti arnesi,
Che l'entrata di tre mesi,
In un giorno se ne va.
Quand'è in casa poi tarocca
Colla serva, col vicino,
E il marito poverino
Chiotto chiotto se ne stà.
Bella cosa, ch'è la moglie,
Ma per me, per me non fà.
Moglie? alla larga: solo mi dispiace
Dei bei doni, che feci a quella sciocca.
Isab. Un marito mi tocca,
Papa mio caro caro,
Lo voglio, lo voglio.
La mia dote dov'è?
Bon. La dote è andata.
Isab. Oh povera Isabella sventurata!
Bon. Giocondina è la sposa,
E un po per volta a lei diedi ogni cosa.
Isab. L'ammazzerò colei…
Bon. Se ti riesce:
Fa un poco tu.
Isab. Voi siete troppo buono.
Bon. Oh ... oh ... non tante chiacchiere.
Son Genitor lo sai?
Isab. Non serve io voglio
La dote mia.
Bon. Due schiaffi tutti insieme,
Senza far ricevuta,
Gli avestì mai.
Isab. Non crederei. sbattendo i piedi.
Bon. Che? che?
Isah. Papà mio caro
Una povera sposa,
Che resta senza dote
Ha ragion se tarocca.
Bon. Bella moglie
Sarebbe ancora questa: via giudizio,
Altrimenti quì nasce un precipizio.
Già mi treman per rabbia le mani,
Già mi viene la bile all'insù.
Isab. Oh che vita, che vita da cani,
Dalla rabbia non posso star più. battendo i piedi. (35)
Parte Prima - Scena IV
Faccenda [Ministro di Bonario, che si finge un Personaggio di importanza], e detti [Cavalier Leandro, amante segreto di Isabella; gli altri personaggi sono sopra menzionati]
Fac. A meraviglia.
Il Re di Trabisonda
Mio Signor, mio Sovrano
si alza, e seco tutti.
Vuol sapere i costumi, il genio, e l'indole
Dell'Europee più belle,
E voi…
Gioc. Io sono forse una di quelle.
Isab. (Superba maledetta!)
Facc. S'egli trova a Gioc.
Una Giovane bella, come voi,
Ma che per altro sia
D'una rara modestia…
Gioc. Più modesta
Di me, dove si trova?
Non è vero? ad Isab.
Isab. Verissimo,
Facc. Che parli poco...
Gioc. Oh io non parlo assai,
Lo dica lei… a Bon.
Bon. (Non la finisce mai.)
Facc. Non strapazzi la gente,
Non tarocchi, non litighi,
Non contradica...
Gioc. Io sono,
Più dolce anche del zuccaro: parlate:
Dite voi, Cavaliere.
Cav. Oh sì: voi siete
Savia, prudente, buona…
(Che a nessuno per altro la perdona.)
Facc. In questo caso dunque il mio Sovrano,
Il Re di Trabisonda vi dichiara:
s' alza, e seco tutti.
Principessa Reale, e vi promette
Premj, onor, protezzione: ma avvertite,
Che se tal voi non siete
Principessa Real mai non sarete.
Cav. (Ho inteso, ho inteso il gergo,
Bravo Faccenda)
intanto si fanno dei cenni e ridono (35 bis)
Il Don Chisciotte della Mancia
Il Don Chisciotte della Mancia. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi di S. A. Serenissima il Signor Principe di Carignano l’Autunno dell’Anno MDCCLXIX, In Torino, Nella Stamperia Mairesse, s.d., [1769]
[Libretto di Giovanni Battista Lorenzi]
La Musica è del Sig. Marcello di Capua Romano.
La Scena è nel Toboso della Casa di Marino, e nelle sue vicinanze.
MUTAZIONI
Atto primo, Scena III. pag. 10. In vece dell'aria che dice “Non saresti per sicuro”, Sancio dice li seguenti due versi, e l’aria seguente.
E ti è capitato in tal momento,
Che per la fame in piè mi reggo a stento.
La fame vorace
Tormento mi dà,
Nel corpo il rumore
Ascolta, che fa,
Barbotta, tarocca,
Fa strepito, e chiasso,
E dice alla bocca,
Son stanco, son lasso,
E voglio mangiar.
Io come un cavallo,
Che corre veloce,
Or vado dall’ Oste
Per farlo quietar. (36)
Il regno delle Amazoni
Il regno delle Amazoni. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Tteatro Zagnoni l'autunno dell'anno 1784, In Bologna, Nella Stamperia del Sassi, s.d., [1784]
Il libretto di quest'opera, scritto da Giuseppe Petrosellini, fu preso in considerazione anche da W. A. Mozart, che ne musicò l'introduzione.
La musica è tutta nuova composta dal sig. Agostino Accorimboni.
Poiché non abbiamo reperito l’intero libretto ma solo alcune parti di esso, riportiamo i versi che contengono il termine ‘Taroccare’:
Ma non saprei che scegliere.
Sono tutte belle affè.
(Sbuffa, tarocca e strepita.
Più bel piacer non v’è.)
D’odiar le Donne tutte
Com’io sempre farò. (37)
I versi sopracitati sono gli stessi che appaiono a p. 68 anche nel dramma giocoso:
La Mulinara o sia l'amor contrastato. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi in Bologna nel Nobile Teatro Zagnoni l'Autunno dell'Anno 1789, In Bologna, Nella Stamperia del Sassi, 1789.
[Libretto di Giuseppe Palomba].
[La Musica è dell’immortale maestro Giovanni Paisiello]
Il finto pazzo per amore
Il finto pazzo per amore. Farsa per musica a quattro voci da rappresentarsi nella Real Villa del Poggio a Cajano nell’Autunno del 1771, In Firenze, Per lo Stecchi, e Pagani, s.d., [1771].
[Libretto di Tommaso Mariani]
La Musica è del Sig. Antonio Sacchini Maestro di Cappella Napolitano.
La Scena si finge in Campagna dove stanno attendati i Soldati di D. Ercole.
Parte Seconda - Scena V
Eurilla [pastorella], poi Silvio [pastore amante di Eurilla], indi il Capitano [Don Ercole, amante di Eurilla] che torna
Cap. [I matrimoni,
Van sùbito conclusi…Ma che vedo
Quel maledetto pazzo
Cosa fa lì colla mia bella?]
Eur. Oh Dio!
Silvio vanne per ora:
Ci rivedremo.
Sil. Come!
Tu mi discacci? [Oh Cielo
Mi tradisse costei,
Fosse d’altri invaghita?]
Cap. Fuggi da questo pazzo
ad EURILLA non veduto da Silvio.
Eur. [Ah son spedita] (sorpresa)
Sil. Giurami almeno ingrata
Che tu non ami altri che me.
Eur. Non posso.
Sil. Come non puoi?
Eur. (Che pena!
Potessi fargli un cenno
Potessi dir che il Capitan ci ascolta.)
Sil. (Ah chi fu che’ m’ ha tolta
La cara Eurilla mia?) (smaniando)
Cap. [Costui vaneggia (piano come sopra )
Eurilla bada a te.]
Eur. (Son disperata.) .
Sil. Parla.
Eur. Parlar non deggio.
Sil.[Ch’equivoco parlar... sogno, o vaneggio?
Čhe mi accadde? che fu?
Cap. [Fuggi, non vedi,
Che s’ infuria, tarocca, e sbatte i piedi?]
(ad Eurilla.)
Sil. Addio, parto per sempre
Per non vederti più. (38)
La statua per puntiglio
La statua per puntiglio. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Teatro Giustiniani in San Moise’ il Carnovale dell’Anno 1792, In Venezia, Appresso Modesto Fenzo, 1791
Libretto di Marcello Bernardini
La Musica è del Sig. Marcello di Capua Maestro di Cappella Napolitano.
Mutazione di scena nei due Atti
Atto Primo - Scena XVI
Tolomeo [dottore, uomo ignorante, e fanatico per le antichità], Roberto [gentiluomo romano appassiona to per Altomira, giovane bizzarra destinata sposa al Dott. Tolomeo], e detti [Monsieur Farfallone, furbo e raggitore]
Tol. e Rob. Oracolo d’Atene, Greco scultor sublime,
S’ inchina al vostro merito
Un’ umil Servitor.
Far. Lipfa Fallaspi - minchia chianchiaja
Juspa falluspa - Cakerikan.
Tol. Come tarocca - Gioca a minchiate,
Chiama li cani - che mai vorrà?
Rob. Capite il greco? Tol Niente affattissimo.
Rob. Siete imbrogliato? To Imbrogliatissimo.
Rob. Son grechi ossequj - Lasciate dir.
Tol. Ma come diavolo - L’ho da capir? (39)
Il Cavaliere per amore
Il Cavaliere per amore. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Teatro del Pubblico della Città di Pisa la Primavera dell’Anno 1766, In Pisa, Nella Stamperia di Pompeo Polloni, MDCCLXVI
[Libretto di Giuseppe Petrosellini]
La Musica sarà del celebre Sig. Niccolò Piccinni
La Scena si rappresenta nel Villaggio di Piantone [ricco contadino]
Atto Terzo - Scena Ultima
Sala in casa di Florindo
Eurilla [figlia di Piantone], Florindo [amante d’Eurilla], indi Piantone [ricco contadino] e Lisetta [serva d’Eurilla] coperta, e in ultimo Nerina [altra serva d’ Eurilla] e Rertagnone [garzone di Piantone]
Flor. Non più, Mercante io sono,
Nobile non son' io:
Perdon, bell'idol mio, ad Eur:
Opra è del Dio d'Amor.
Piant. a 2 Ohimè che tradimento!
Eur. a 2 Ohimè che cosa sento!
Flor. Quì son le mie ricchezze,
accennado un libro da Mercante a che ha fotto il braccio.
Quì sono i miei tesori;
Le merci, i debitori
Descritti quì vedrà.
Piant. a 2 Ahimè che cosa sento!
Eur. a 2 Che gran bestialità.
Flor. a 2 Taroccano, delirano,
Lis. a 2 S’affannano, sospirano,
Ma il fatto così stà. (40)
Il Barone di Rocca Antica
Il Barone di Rocca Antica. Farsa per musica a quattro voci da rappresentarsi nella Real Villa del Poggio a Cajano nella Primavera dell’Anno 1772, In Firenze, Per lo Stecchi, e Pagani, MDCCLXXII [1772].
La Scena della Farsa si rappresenta nel Castello di Rocca Antica, Feudo del Barone Arsura.
[Libretto di Giuseppe Petrosellini].
La Musica è del Signor Carlo Franchi Maestro di Cappella Napolitano
Parte Seconda - Scena VIII
Sala in casa del Barone con sedie
Giocondo [fattor di campagna del Barone] che dà ordini ad un servit. del Barone, indi Lenina [villanella]
Len. Se mai vi risolveste
Dopo fatto il gran giro della terra
A prender moglie…allora
Non vi scordate di Lenina.
Gio. Ah Lena
Non ne facciamo niente, (Moglie.
L’ho detto mille volte, io prender
Perder la libertà? pensare ai figli
Che gridan, che taroccano.
Nè la finiscon mai?
Libertà, libertà, non voglio guai.
Brutta cosa ch’è la moglie;
Sempre ciarla, strilla ognora:
Sempre sempre in sua buon’ ora
Ha piacer di contrastar;
Ed i figli poi per ultimo,
Così sentonsi gridar.
Tata mio ci vuole il pane,
Voglio un vestito,
Voglio marito,
Voglio venire,
Voglio restare.
Mi compatisca Signora Lena:
Questo mio core non s’icatena:
Voglio esser libero, voglio scialar. (41)
La merenda alla Zuecca ossia Ogni strada conduce a Roma
La merenda alla Zuecca. Farsa giocosa per musica d rappresentarsi dalla Compagnia de’ Comici nel Teatro Tron in S. Cassiano nell’Autunno dell’Anno 1770, In venezia, Per Modesto Fenzo, MDCCLXX [1770]
[Libretto di Francesco Apostoli]
Musicista non menzionato
La Scena si finge in Venezia
Mutazione di scene
Scena XI [di XX]
Sala
Giacinto, poi Cassandra
Giac. Quando le Donne hanno gelosia degr’ Uomini, è segno manifesto che qualche rara prerogativa in lor si racchiude. In tanto voglio con il mezzo della Vecchia procurarmi l’amor di Cattina; oggi anderò a ritrovarla alla Giudecca; e che mia Moglie tarocchi quanto gli piace.
Cass. Sig. Consorte venga a tavola?
Giac. Oggi non pranzo a Casa.
(in atto di partire) (42)
Il Conte di Bell’Umore o sia la Contessa Pianella
Il Conte di Bell’Umore o sia la Contessa Pianella. Intermezzo a cinque voci da rappresentarsi in Firenze nel Regio Teatro di via Santa Maria nel carnevale dell’Anno 1789, Firenze, Presso Anton-Giuseppe Pagani, e Comp., MDCCLXXXIX [1789].
La Scena si finge nel Feudo del Conte.
[Libretto di Marcello Bernardini]
La Musica, è del Sig. Marcello da Capua Maestro di Cappella Napolitano.
Atto Primo - Scena Ultima
Il Conte [di bell’Umore, allegro e nemico dell’amore] travestito con lanterna magica, ed Armellina [cameriera di Donna Aurora, gentil Donna di spirito amante del Barone Tartaruca, uomo caricato, e prevenuto per la sua bellezza] da Tedesca con istromento, e detti [Don Pappafico Arsura, Calabrese, uomo sciocco, e ridicolo amante di Donna Aurora].
Pap. Io tarocco, e voi ridete:
A 4. Sei caduto nella rete
Pap. Voglio dire:
A Via che serve…
Pap. Voglio fare…
A 4 Lascia andare…
Bar. Pappafico, con le buone.
Pap. Ma finitela, Barone.
Bar. Pappafico, voi crepare?
Pap. Non è modo di 'trattare.
Bar. Pappafico convenienza…
Pap. Già mi scappa la pazienza…
Lei mi ha rotto…Lei mi ha fatto.
Qui fon preso per un matto,
Qualchedun la pagherà.
a 4 Già l’amico è sottosopra,
Si tapina, e si scapiglia,
Qui succede un parapiglia,
Ma alla fin si placherà. (43)
Vittorina
Vittorina. Dramma di tre atti per musica. Rappresentato per la prima volta in Londra l’anno MDCCLXXXII con musica del Piccini, in “Drammi giocosi per musica del Sig. Carlo Goldoni”, Tomo Secondo, Venezia, Dalle Stampe di Antonio Zatta, e Figli, MDCCXCIV [1794]
Libretto di Carlo Goldoni.
Musica di Niccolò Piccinni.
La scena è in casa della marchesa, e nella campagna circonvicina.
Atto Primo - Scena IV
Il Barone, Vittorina [cameriera della Marchesa del Vallo]
Vit, (Che mai dirmi vorrà?) (da se.
Bar. Bella ragazza,
Vi dirò in due parole
Quello che un altro vi direbbe in cento.
Mio figlio si marita;
La marchesa l'alloggia; io resto solo.
Solo viver non posso, e se volete
Tenermi compagnia,
Voi padrona sarete in casa mia.
Vitt. In casa vostra? (con ammirazione -
Bar. E perchè no?
Vitt. Scusate.
Voi credete onorarmi, e m'insultate.
Bar. V'insulto ad esibirvi
Uno stato migliore? A distaccarvi
Da una padrona capricciosa, altera,
Che da mattina a sera
Grida, tarocca, e non s'accheta mai ?
(Povero figlio mio, la proverai.) (da se
V’ insulto ad invitarvi,
A vivere tranquilla
Con un buon veterano,
Non ricco, è ver, ma liberale e umano?
Vitt. Ah signor, preferisco,
Per salvar l'onor mio, questo in cui vivo
Stato di servitù penoso e duro.
Bar. Con me siete in sicuro.
Mi levo innanzi giorno,
Corro pe boschi intorno ,
Stanco rivengo a sera
E dormo di buon cuor la notte intera.
Basta condursi ben, figliuola mia,
E chi mal pensa maledetto sia.
(Se il cavalier sapesse,
Che il padre suo.... Ma il cavaliere in breve
Sposo sarà, nè a me pensar più deve.) (da se.
E bene ? A che pensate?
Ricusate le offerte o le accettate? (44)
La Lavandaja Spiritosa
La Lavandaja Spiritosa. Dramma per musica da rappresentarsi nel Teatro della molto Ille. Città di Barcelona l’anno 1772, s.l., Per Francesco Generas Stampatore, s.d.
[Librettista sconosciuto]
Ad eccezione di alcune arie, la musica de La Lavandaja Spiritosa fu composta da Nicolò Piccinni, uno dei più celebrati musicisti del Classicismo.
Atto Primo - Scena Prima
Campagna alle falde di alcune Colline, in vista della marina.
Palamede, povero Gentiluomo
Aspettatemi pure a desinare.
La fame che tengo
Tormento mi dà,
Nel corpo il rumore
Sentite che fá.
Barbotta, tarrocca,
Fa strepíto, e chiasso;
E dice alla panza
Son stanco, son lasso,
So come un Luppo
Che corre veloce
Men vado in cucina
Per ora à mangiar. (45)
Lo Zotico Rincivilito
Lo Zotico Rincivilito. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Teatro Pubblico della Città di Arezzo, nel Carnevale dell'anno M. DCC.LXXXIII, In Arezzo, Per Innocenzo Bellotti, Stampator Vescov. [Vescovile], 1783.
[Librettista sconosciuto]
La Musica del Dramma è del Celebre Sig. Pasquale Anfossi.
Atto Terzo - Scena Prima
Sala
Il Cavaliere [Aquilante], Graziosa [Vedova], e Perenella [Cameriera di D. Aurora]
Gra. Perenella, vien quà.
Dimmi che fà Canziano?
Donna Aurora che là?
Pere. Potete immaginarlo
Dal fatto d'ieri sera.
Cav. Han riposato insieme?
Pere. Oibò: anzi il Padrone è stato
Tutta notte per casa,
Urlando, e taroccando
Peggio ancora di un matto.
Gra. Io mi suppongo ben, che tutto sia
In confusione assai. Ma dimmi…
Pere. Signora perdonate,
La Padrona a momenti
Potrebbe risvegliarsi, ed io conviene,
Per fare il mio dovere,
Che pronta perciò stia nel suo quartiere. Parte (46)
Le furberie di Spilletto
Le furberie di Spilletto. Commedia per musica da rappresentarsi in Firenze nel Teatro di Via del Cocomero nel carnevale dell’Anno MDCCXLIV, In Firenze, Nella nuova Stamperia di Gio: Paolo Giovannelli sulla Piazza di S. Elisabetta, MDCCXLIV [1744].
L’Autore si protesta, con le parole Fato & c. sono scherzi della penna, non sentimenti del cuore professandosi vero cattolico. [Librettista sconosciuto].
La Musica è del Sig. Girolamo Abos, Maestro di Cappella Napoletano.
La Scena si finge in Empoli.
Atto Primo - Scena VIII
Armellina [zingana simile di volto a Spilletto], e detti [Cipriano Taccagni, mercante litigioso; Bozza, oste, giovane di buon tempo e piacevole]
Cipr. Come chi una lite hà vinto,
Quando gir crede al possesso
Saltan fuora i Creditori,
E inibiscono l’impresa,
Taroccando alla distesa.
Contro giudici, e Dottori
Frà se stesso se ne stà.
Boz. Come un gatto lesto, e ghiotto,
Che rubbato hà uno starnotto,
Quando il Cuoco se ne avvede,
Para, Piglia, e fa fracasso.
Fugge quel dall'alto; al basso,
Ma la preda mai non cede,
E ingoiando se la và.
Arm. Come quel, che nella notte
Fà un bel fogno è mette al Lotto
Arricchir crede in un botto;
E sol fa castelli in aria.
Vien la nuova a lui contraria
Fuor di sensi, senza moto,
Sbalordito resta là.
Cipr. Avea vinto Cipriano
Ma il possesso non pigliò
Boz. Fà fracasso Cipriano,
Io la preda ingoierò.
Arm. Fè un bel sogno Cipriano,
Sbalordito poi restò.
Cipr.) Per me questo è un caso strano.
Boz.) Per te questo è un caso strano.
Arm.) Per te questo è un caso strano.
a 3 Che maggior dar non si può.
Arm. Fù la nuova a te contraria
Non far più castelli in aria.
Boz. Io la preda mai non cedo
E ingoiando me la vò.
Cipr. Contro Giudici, e Dottori
Taroccando me ne vò. (47)
Il FINE DEL PRIMO ATTO
Le finte gemelle
Le finte gemelle. Dramma Giocoso per musica da rappresentarsi in Lisbona nel Teatro della Rua Dos Cordes nell’Estate dell’Anno 1773, s.l., Nella Stamperia Reale, s.l.
Il dramma è del Sig. Abate Giuseppe Petrosellini Romano.
La Musica è del Sig. Niccolò Piccinni, Maestro di Cappella Napoletano.
La scena si finge in uno dè Borghi di Parigi.
Atto Secondo - Scena VII+
Isabella [giovane ricca, d’umore allegro, che ora fa chiamarsi Madamina Preziosa, ed ora Madama Accorta], poi Olivetta [locandiera].
Isab. Le pazzie di costei
Mi avrebber divertito, se un molesto
Pensiero… Oimè, Belfiore
Tolse gran parte di mia pace al core.
Ma io legarmi! Ah nò, de’falsi amanti
Il cieco mare infido
Voglio mirar da lungi, e star sul lido.
Oliv. Signorina, vi avverto,
Che i nostri Forestieri
Son disperati, girano, tarroccano,
Preparano allegrie,
Preparano regali.
Isas. Amica io penso,
Che poco più lo scherzo
Potrà durare. (48)
La contadina fedele
La contadina fedele, Burletta in musica a quattro voci da rappresentarsi nei Teatri di Vienna 1771, Vienna, Nella Stamperia di Ghelen, s.d.
[Librettista sconosciuto]
Musica del Signor Carlo Franchi, Maestro di Cappella Napolitano.
La scena si rappresenta in un Feudo della baronessa di Roccanera.
Parte Prima - Scena VIII
Il Conte [Armidoro spiantato, e vantatore amante di Lauretta], indi Nardino [uomo semplice], poi la Baronessa [di Roccanera, amante gelosa del Conte Armidoro] e Lauretta [contadina, amante di Nardino]che torna.
Con. Che cos'hai,
Che ti vedo turbato?
Nar. Hò il capo un tantinello riscaldato.
(Lauretta infedele!
La sposa diletta!
La cara Lauretta!
Che smania che foco
Mi ſento crepar.) (sbuffando)
Con. (Il brutto Villano
Già freme, e delira;
Tarrocca, sospira.
Che spaſſo, che gioco!
Mi sento crepar.) (ridendo)
Bar. (Il Conte che ride!
Nardino, che freme!
Che fanno qui insieme;)
Nardino, Contino,
Che state qui a far.
Con. (Oh Diavol, che vedo!
Che inciampo è mai questo;)
Nar. Non sò se l'ammazzo,
Se parto, se resto.)
a 3. Non sò che risolvere:
Non sò, che pensar. (49)
Il geloso disperato
Il geloso disperato. Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Teatro Valle degl’Illmi Sig. Capranica nel mese di Settembre l’Anno 1788,
In Roma, nella Stamperia di Gioacchino Puccinelli, s.d., [1788].
[Librettista sconosciuto]
La Musica è nuovamente composta dal celebre Sig. Ferdinando Robuschi di Parma
La Scena si finge in un luogo di delizie nelle vicinanze di Napoli
Atto Primo - Scena IV
Eleonora, e Vespina [cameriera di Eleonora]
Ves. Che vi pare?
Ele. E' un portento
Ma se Don Calabrone
Mi vedeva discorrer con quel matto
Qual precipizio non avrebbe fatto?
Ves. Un spasso più innocente
Dove si trova? Il vostro Sposo gridi,
Sbatta i piedi, e tarrocchi.
E se nol può veder si cavi gl'occhi.
Ele. Dici bene Vespina,
Vuò rider con costui, forse potrei
Così guarir la gelosia crudele
D'uno Sposo tiranno,
Per cui vivo in angustie, ed in affanno,
Ves. Ecco un piccolo abbozzo
D'un bigliettin, che dopo
La vostra approvazione
Vi manderà copiato in carta d'oro.
Ele. Ah... ah... che gioja!
Ves. Gioja? Egli è un Tesoro. le da la carta (50)
Le Nozze alla Mira
Le Nozze alla Mira. Farsa con arie in musica che si rappresenta nel Teatro Tron di San Cassiano il Carnovale 1780, In Venezia, Presso Modesto Fenzo, MDCCLXXX [1780)
[Librettista sconosciuto]
La Musica del celebre Sig. Maestro Angelo Gagni
La scena si finge alle porte della Mira
Parte Prima - Scena Prima
Notte
Strada con Bottega di Caffè illuminata con Lampioni di Cristallo, e Locanda da una parte della Scena con veduta delle Porte
Madama Cornelia [servita dal Conte Lippa], il Conte Lippa [servente di Madama Cornelia], e Roberto [amante timido di Polissena] al Tavolino con lumi, fuori della Bottega che giocano a Rocombol indi Lauretta Locandiera.
Co. Questo vostro giuoco di Rocolo non mi comoda per niente affatto. Non vuò giocar altro. Con voi Madama Cornelia perdo 400 Puglie, e con il Sig. Roberto 250, tenete conto, che vi pagherò.
Rob. Eperchè Sign. Conte Lippa non vuole più giuocare?
Co. Per la ragione, che mi guadagnate sempre; non voglio altri Codigli. (in collera. Mad. Non vi alterate Sign. Co: , faremo la pace.
Co. Madama Cornelia, li Viaggiatori pari miei non si riscaldano per così poco. Sono
Avvezzo alle perdite. Ultimamente a Parigi, in una notte ho perduto 60000 Testoni d’ oro.
Mad. Veramente è una perdita considerabile!
Rob. (il Signor Co:, quando sbarra, sbarra sempre il pezzo più grosso.)
Co. Il perdere per me è una malattia incurabile.
Ma. Se vi fosse qui mio Marito, ch’è alla Città per un suo affare, registrerebbe questa di Lei perdita nella sua raccolta.
Rob. Voi diceste Sig. Co:, che non vi riscaldate; ed a me pare, che diate nelle smanie.
Co. Voi sbagliate Sig. Roberto, io non tarocco per si picciole bagatelle (1) (51)
(1) bagatelle = cose di poco conto
L’arrivo del Burchiello da Padova in Venezia
L’arrivo del Burchiello da Padova in Venezia. Farsa per musica in due Atti, a Cinque Voci di Gaetano Fiorio comico. Da rappresentarsi nel Nobil Teatro Grimani di S. Gio. Crisostomo il Canovale dell’Anno 1780, In Venezia, Appresso Pietro Sola, MDCCLXXIX [1779].
Libretto di Gaetano Fiorio
La Musica nuova è del celebre Sig. Maestro di Cappella Luigi caruso Napolitano.
Mutazioni di scena nei due atti.
ATTO PRIMO
Scena Settima
Fiorina [locandiera], e detto [Raspino, locandiere]
Fior. Io mi sono sbrigata in un momento
(Quivi Raspino, Oh Ciel! Or sì lo sento!
Da sè
Rasp. Alfin pur vi riveggo
Signorina gentil! E dove andaste?
Quando di Sposo a voi diedi la mano,
Vi dissi pur, che senza il mio permesso
Dalla Casa giammai moveste il piede;
m’ ubbidite, o nò ciascuno il vede.
Fior. Ebben! M’hanno mangiata?
Siete il gran taroccone!
Fui dalla Sarta, per il mio Capotino,
Poi dalla Conciateste,
E giacchè fuor di casa mi trovai
A visitar molte mie Amiche andai.
Raf. Che bella cosa?
E intanto il povero Raspino
S'affatichi, in Locanda qual Facchino.
Io non y’hò già sposata
Perchè in visita andaste tutto il giorno
E non vorrei,
Che della Sarta,
Edella Conciateste col pretesto,…
Fior. E di me dunque, ingrato!
Sospettar voi potete? .
Un sì gran torto, prima di sofferire…
Uccidetemi almen, saprò morire. piange. (52)
Note
1 - Si legga il saggio Dell’Etimo Tarocco
2 - Si legga il saggio Il significato della parola Tarocco
3 - Liddell – Scott, A Greek-English Lexicon, Oxford, Clarendon Press., 1996 (Edizione aggiornata)
4 - Per l’Ottocento si veda l’articolo Taroccare nei libretti d’opera dell’Ottocento
5 - Si legga il saggio Il significato della parola Tarocco. Neill'articolo 'Taroccare' nei libretti d'opera dell'Ottocento abbiamo riportato un ulteriore passo di un dramma con il medesimo significato.
6 - pp. 65-66
7 - p. 30
8 - pp. 3-4
9 - p. 30
10 - p. 6
11 - pp. 6-7
12 - pp. 97-98
13 - p. 3
14 - pp. 33-34-35
14 bis - Drammi Giocosi per musica del Sig. Carlo Goldoni, Tomo Terzo, Venezia, Dalle Stampe di Antonio Zatta e Figli, MDCCICIV, pp. 201-202
15 - p. VIII
16 - pp. 1-2
17 - pp. 26-27
18 - pp. 30-31
19 - pp.21-22
20 - p. 36
21 - pp. 41-42
22 - p. 28
23 - pp. 37-38
24 - pp. 27-28
25 - pp. 3-4-5
25 bis - pp .9-10-11
26 - pp. 21-22
27 - pp. 37-38
28 - pp. 7-8
29 - p. 57
30 - p. 8
31 - pp.41-42-43
32 - p. 42
33 - p. 36
34 - pp. 9-10
35 - pp.29-30
35 bis - pp. 9-10-11
36 - p. 49
37 - p. 27
38 - pp. 44-45
39 - p.29
40 - p.83
41 - pp. 59-60
42 - p. 19
43 - p.25
44 - pp. 255-256
45 - p. 3
46 - p. 52
47 - pp.32-33
48 - pp. 58-59
49 - Pagine non numerate
50 - p. 12
51 - pp. 5-6
52 - pp. 14-15
Copyright 2017 Andrea Vitali