Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

La Favola della Papessa Giovanna

“Perchè vi è il papa vi debbe anco essere la papessa”

 

Andrea Vitali, gennaio 2019

 

 

In un testo del 1849 dal titolo Esame Critico degli Atti e Documenti relativi alla Favola della Papessa Giovanna, l’autore A. Bianchi-Giovini introduce la trattazione parlando dei tarocchi e di come essi esprimano un insegnamento cristiano, tanto da ammettere che “Chi quel gioco inventò, dovett’essere uomo di sottilissimo ingegno, e di una profonda erudizione nelle scienze filosofiche e morali” 1

 

Diversi personaggi nei secoli passati ritennero che i tarocchi esprimessero un insegnamento di tal genere 2, precursori di una verità cristiana oggi avvalorata in ambito accademico. Questo con buona pace di coloro che ancora oggi, nonostante gli studi filologici, continuano imperterriti a reclamare per i tarocchi un’origine antichissima, sia essa egizia, ebraica e così via.

 

Ovviamente l’autore nel trattare della favola della Papessa non poteva non menzionare i tarocchi dato che per tutto l’Ottocento e fino agli anni ’70 del Novecento, molti ritennero essere rappresentata nella carta della Papessa quella donna creduta assurgere al trono pontifico dopo la morte di Leone IV avvenuta il 17 luglio del 855. Ma in base ai documenti, sappiamo che dopo poche settimane, precisamente il 29 settembre dell’855, venne eletto Benedetto III, che il Liber Pontificalis dichiarò degno del pontificato "per la santità dei costumi più ancora che per la sua sapienza" 3

 

Non staremo qui certamente a riportare la leggenda di quella signora reperibile ovunque. Il nostro interesse è invece evidenziare il motivo per cui venne creduta essere stata raffigurata nelle carte dei tarocchi.

 

Nel 1494 Jacques Philippe Forest (in realtà Jacopo Filippo Foresti) pubblicò un volume sulle donne celebri dal titolo De plurimis claris selectisque mulieribus (Su molte donne scelte e famose) e in tale occasione propose anche la vicenda di questa Papessa, riportando una sua illustrazione che venne assunta dai produttori di tarocchi  (si veda figura 1) per stabilizzarsi definitivamente nei cosiddetti Tarocchi di Marsiglia (si veda figura 2). 

 

Abbiamo scritto ‘cosiddetti’ poiché, contrariamente ai tanti che attribuiscono oggi ai Tarocchi di Marsiglia chissà quali qualità specifiche, a iniziare dalla posizione dei personaggi se rivolti a destra o a sinistra oppure seduti, per continuare con le caratteristiche dei colori a cui abbinano speciali prerogative simboliche, quei Tarocchi si chiamano di Marsiglia perché vennero semplicemente prodotti in quella città, dopo averne acquistati i diritti da manifatture lionesi a sua volta ottenuti da ditte milanesi. Un mazzo di carte usato per il solo gioco.

 

L’idea che tali tarocchi siano poi gli autentici tarocchi originali, creati addirittura prima dei mazzi miniati quattrocenteschi risulta una favola come quella della Papessa, poiché le figure presenti in quei tarocchi derivano da un mazzo italiano del Cinquecento di manifattura appunto milanese.

 

 

 

Foresti

 

Figura 1

 

 

T. Marsiglia

 

Figura 2 - Tarocco di Marsiglia 'Bernardine Suzanne', sec. XVIII

 

 

Nel Rinascimento, tuttavia, alcuni ritennero che nella carta della Papessa fosse rappresentata la Papessa Giovanna. Ne abbiamo conferma dall'opera Le Carte Parlanti di Pietro Aretino in cui le carte, discutendo sui significati dei trionfi, così si esprimono: "La papessa è per l’astuzia di quegli che defraudano il nostro essere con le falsità che ci falsificano". Detto in parole povere significa che la Papessa venne posta a rappresentare coloro che imbrogliavano attraverso parole e fatti ingannevoli che venivano recepiti come veri 4.  

 

Solo più tardi si comprese che la storia della Papessa Giovanna era stata un’invenzione del mondo ortodosso ma antipapale, ripresa di seguito dai luterani come evidente prova della corruzione del papato, immagine di una Roma prostituta al pari dell’antica Babilonia. Una leggenda che diede adito a diverse caricature contro i pontefici

 

 

 Asina come Papa

 

Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), Il Papa come un'asina, libello di Lutero e Melantone del 1523

Deutung der zwo grewlichen figuren Bapstesel zu Rom und Munchkalbs zu freyberg in Meyssen funden

(Descrizione delle due spaventose figure, del papa asino di Roma e del vitello monaco di Freiberg). 

 

 

Già nel Sei e Settecento si comprese trattarsi di una favola e Giancarlo Passeroni (1713-1803) nel Canto Settimo del suo Cicerone così si espresse al riguardo:

 

La favola cioè della Papessa,

Che non è stata mai, che nè tarocchi,

Tra i quali per ischerno è stata messa,

Bench’ abbiano sognato alcuni sciocchi,

Che vi sia stata, e ch’ abbia detto messa,

Cercando gettar polvere, negli occhi,

E mostrar per lanterne men che lucciole

Certi scrittor da mele, anzi da succiole.

 

Non so, come non abbiano vergogna

Costoro d’ inventar certe imposture,

Parti d’ ingegno, che delira, e sogna,

E d’inserirle ancor nelle scritture:

Da questo sol concludere bisogna,

Per tacer d’altre prove più sicure,

Che ciechi son costor peggio che talpe,

Sebben credon veder di là dalle alpe 5.

 

Nel volume Apologia del Papato, Carlo Di Pietro scrive: «La storia della ‘papessa Giovanna’ è una “favola, cara un tempo all’istoriografia protestante” già smentita dalla storia. “Nessuno storico serio oggi osa sostenere la verità di questa vecchia e disgustosa leggenda, non vale neanche la pena fermarci su […] questa balorda leggenda, sfruttata dalla spudoratezza degli umanisti e dall'odio dei protestanti, si legga la v. Giovanna dell'Enciclopedia Cattolica”» 6.

 

Ma ritornando all’opera del Bianchi Giovini sulla Papessa, l’autore che era un medico, parlando sull’argomento con un religioso, procedette a una disamina sui tarocchi in un modo molto curato offrendo un’ampia panoramica delle figure presenti nei Trionfi e sul senso della loro presenza, per concludere con un’ ironia sottintesa che la figura della Papessa doveva forzatamente essere presente. Lasciamo al lettore scoprirne il motivo.

 

“Il medico si accinse poi a dimostrargli che l'autorità dei tarocchi è molto più grave ch'egli non la stimava. Chi quel giuoco inventò, diceva egli, dovett’essere uomo di sottilissimo ingegno e di una profonda erudizione nelle scienze filosofiche e morali; e mi concederete anche voi, signor curato, che quelle figure contengono altrettante verità. Vi è l’imperatore e l’imperatrice, il papa e il bagattelliere, il diavolo e l'eremita, il pazzo e gl’innamorati, e tutte quelle altre cose, l’esistenza di cui è fuori di controversia. I ciechi soltanto possono disputare se siavi il sole, la luna e le stelle; il mondo si vede e si tocca, e se non è matto il mondo, è certo almeno che si lascia più volte governare dai matti; la morte e il giudizio sono due dei quattro novissimi; la giustizia, la fortezza, la temperanza sono virtù cardinali, abbenchè i cardinali non ne facciano gran conto; la speranza è una delle tre virtù teologali, e chi la perde è dannato prima di andare all'inferno. Ora chi dirà, che nel consorzio di verità tanto rispettabili abbia potuto introdursi una frottola? O che l'inventore del tarocco, pensatore così profondo, avesse voluto farsi reo di una corbelleria? Che ci sia il diavolo, è un articolo di fede; n’è un altro che ci debba essere il giudizio finale; non possiamo negare la virtù, senza negare il Vangelo; dobbiamo credere nel papa sotto pena di essere eretici, e vorrete voi che non si abbia a credere nella papessa, che in linea etimologica è così strettamente imparentata col papa? Tutti gli esseri organizzati ed animati furono creati maschio e femmina; se non volete credere nella storia naturale, credete almeno, signor curato, nella Sacra Scrittura, che dice netto e schietto: masculum et foeminam creavit eos. Quindi vi è la donna, perchè vi è l'uomo, vi è l'imperatrice, perchè vi è l'imperatore; e perchè vi è il papa vi debbe anco essere la papessa" 7.

 

Dal punto di vista letterario i versi che godettero di miglior fortuna sull’argomento si devono a Giambattista Casti con La Papessa, XXXII novella divisa in tre parti inserita nelle sue Novelle Galanti pubblicate nel 1778 8. A puro titolo di curiosità riporteremo alcune ottave che evidenziano le qualità satiriche di cui il Casti era dotato.

 

Giambattista Casti (Acquapendente 1724-Parigi 1803), meglio conosciuto come l’‘abate Casti’ studiò e insegnò presso il seminario di Montefiascone passando poi a Roma, Firenze, Vienna e Pietroburgo. In quest’ultima città venne graziosamente accolto negli ambienti di corte da lui descritti nel satirico Poema Tartaro in dodici canti, pubblicato nel 1796 anche se composto nel 1783. Il successivo ritorno a Vienna deluse le sue aspettative in quanto allontanato da Giuseppe II alla notizia del malumore suscitato dal Poema presso gli ambienti di corte russi. Viaggiò ancora ospite di diversi governi europei e al suo ritorno in Italia ottenne un canonicato. Si trasferì definitivamente a Parigi nel 17898. La sua opera migliore fu gli Animali Parlanti del 1802, satira contro la società umana, mentre le quarantotto Novelle Galanti,seppur coniugate con arguzia, goffaggine e oscenità, ottennero un non indifferente successo sui lettori. Compose numerosi libretti d’opera fra cui La Grotta di Trofonio (musicata da Salieri), Prima la musica e poi le parole (posta in note da Salieri e Paisiello), l’Orlando Furioso e tanti altri.

 

Da La Papessa - Parte Prima

 

    Parlerò della celebre eroina

Che ai rigidi esercizj, ai studi gravi

Per tempo assoggettò la feminina

Natura, e tanto si mostrò fra i savi

Piena di filosofica dottrina,

Che giunse ad afferrar del ciel le chiavi;

Parlerò infin della viril Giovanna,

Che s'assise di Pier sopra la scranna 9.  

 

    Cronache e antichi autori, altri assai noto

Dicono il fatto, altri lo dan per certo;

Martin Polacco e Mariano Scoto,

Rodolfo, Otton, Goffredo e Sigeberto,

L'inquisitor Torrecremata e Soto,

E Petrarca, e Boccaccio, autor di merto,

Sabellico, Nauclero e Rodigino,

Platina, Badio, Stella ed Antonino 10.

 

    Ciò dico, donne mie', perchè veggiate

Che i racconti ch'espongo ai miei lettori

Non son cose a capriccio imaginate,

Ma d'antichi ed autentici scrittori

Sull'inconcussa autorità fondate.

Ma so che a legger i citati autori,

Ed altri molti ancor ch'io non vi nomo,

Non è mica obbligato un galantuomo 11.

 

Da La Papessa - Parte Seconda

 

    Sovra il soglio papal Sergio secondo

Sedea quando Giovanna a Roma venne:

Roma, che già fu capital del mondo,

Poichè dominio in lei la chierca ottenne,

Della tiara ai brigator fecondo

Seminario di cabale divenne,

E or lunge che l'onor di capo goda

A poco a poco par divenga coda 12.

 

    Ma conservava ancor splendidi pregi,

per mano dei papi a incoronarse

Veniano a Roma imperadori e regi,

Da cui spesso ai pontefici accordarse

Solean stati, tributi e privilegi,

Ed a vicenda e in contraccambio sparse

Indulgenze su quelli eran da questi

Ed ampia copia di tesor celesti 13

 

 

 

Papessa

                                                                   

                               Giambattista Casti, La Papessa, Ottava dalla Parte Seconda. Edizione popolare, sec. XIX

 

 

 

Da La Papessa - Parte Terza

 

    La notte appresso in fatti, allor che cheto

E altamente tranquillo era il palagio,

Il favorito camerier secreto

Dell'amata papessa adagio adagio

In stanza entrò per l'usciolin didreto;

Seco in letto corcossi, e a lor grand' agio

Tutta la notte dieronsi a godere

Ripetuto, reciproco piacere 14.

 

    E nello stato puro e naturale

Uniti strettamente in dolce amplesso,

L'un del altro prendean diletto tale,

Che manco poco che sull'atto stesso,

Ella non lo creasse cardinale:

D'allora in poi volle giacer con esso

( Nè se ne avvide mai persona umana )

Cinque o sei volte almen la settimana 15.

 

    Giovanna detta allor Giovan l'Inglese

D’anni quarantadue papa divenne,

E di Giovanni ottavo il nome prese:

Più d'anni due tal dignità ritenne,

E mori del terz’anno al quinto mese.

Regnò un anno con lode, ed allor tenne

Savia condotta e un viver casto e sobrio;

Poi cangiò metro, e si copri d'obbrobrio 16.

 

    Ciò venne alla metà del secol nono

Fra il quinto e il settimo an dopo il cinquanta:

Fu nel cinquanta cinque assunto al trono,

E tre anni mori pria del sessanta;

Ma perchè so che molti autor vi sono

Che per non denigrar la chiesa santa

Negan tutto, alle lor ragion far argine

Credetti gli autor miei citando in margine 17.

 

Oggi sappiamo che la Papessa dei tarocchi rappresenta la Fede. Una presenza che risulta in perfetta sintonia con la visione religiosa cristiana medievale della Scala Mistica, quale mezzo per giungere alla contemplazione di Dio. A questo proposito così si esprime San Tommaso nella Summa Theologiae: «La perfezione della creatura ragionevole non consiste soltanto in ciò che le compete secondo natura, ma anche in ciò che le viene concesso da una partecipazione soprannaturale della bontà divina. Per questo abbiamo detto che l'ultima beatitudine dell'uomo consiste in una visione soprannaturale di Dio. Visione alla quale l'uomo non può arrivare se non come discepolo sotto il magistero di Dio, secondo le parole evangeliche "chiunque ha udito il Padre e si è lasciato ammaestrare da lui viene a me" (Gv 6,46). […]. Perciò affinché l'uomo raggiunga la visione perfetta della beatitudine, si richiede che prima creda in Dio, come fa un discepolo col suo maestro" 18 e di seguito "Come sopra abbiamo spiegato, ciò che è indispensabile all'uomo per raggiungere la beatitudine appartiene propriamente ed essenzialmente all'oggetto della Fede […]"» 19.

 

Note

 

1. Aurelio Bianchi Giovini, Esame Critico degli Atti e Documenti relativi alla Favola della Papessa Giovanna, Torino, Tipografia di Luigi Arnaldi, 1849, p. 2.

2. Si veda La Scala Mistica nel Sermo de Ludo.

3. Roberto Monge (a cura), Duemila anni di Papi, Savigliano (Cn), Gribaudo, 2004, p. 218.

4. Riguardo lo scritto Le Carte Parlanti si leggano i saggi Il Teatro de' Cervelli Semi Simbolici.

5. Il Cicerone, Poema di Giancarlo Passeroni, Parte Seconda, Tomo Terzo, In Bassano, A spese Remondini di Venezia, MDCCLXXV [1775], p. 164.

6. Opera citata nel testo, p. 185, in G. Alberione (a cura) “Enciclopedia del Papato”, Vol. II, p. 1374 e in “Enciclopedia Cattolica”, Vaticano, 1951, Vol. VI, pp. 481.

7. Esame Critico degli Atti e Documenti..., cit., p. 2.

8. Nostra ed. di riferimento: Novelle di G.B. Casti, Tomo Terzo, Parigi, Presso: Bressot-Thivars, librajo - Baudrj, librajo - Presso Bossange frères, 1821.

9. Ibidem, p. 88.

10. Idem.

11. Idem.

12. Ibidem, p. 111.

13. Idem.

14. Ibidem, p. 140.

15. Idem.

16. Ibidem, p. 170.

17. Idem

Il Casti riporta a questo punto un impressionante elenco di testi che trattarono l’argomento, divisi fra:

- Cronache e manoscritti che asseriscono l’esistenza della Papessa Giovanna, pp. 321-322

- Scrittori antichi di storia ecclesiastica, pp. 323-324.

- Autori moderni, pp. 324-326

Aggiungendo in fine la spiegazione delle “note indicate nel contesto della narrazione” riguardanti tutte le ottave delle tre parti in cui l’opera è divisa, pp. 326-337.

18. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II -II, q. 2, a. 3; cf. De Ver. q 14, a. 10. In Battista Mondin, “Dizionario enciclopedico del pensiero di San Tommaso D'Aquino", Bologna, Ed. Studio Domenicano, 2000, p. 289. 

19. Ibidem, II-II, q. 2, a. 7., p. 290. Per approfondimenti si veda La Papessa.

 

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