Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

Il Bagattino fra storia e letteratura II

La moneta di scarso valore da cui derivò la parola Bagatella

 

Andrea Vitali, febbraio 2022

 

 

Continuando la disamina di documenti letterari, storici, religiosi e di altra natura sulla moneta Bagattino, riportiamo quanto scrivono al riguardo alcuni dizionari cinquecenteschi:

 

Voce Bagattino: “Bagattino è moneta picciola, e vilissima. Boc[caccio]. Costò delle lire presso, a cento di bagattini. Latinè, Obolus, li. Chalcus, ci. Denariolum, li” 1. Il riferimento al Boccaccio viene sottolineato anche dal curatore nel Vocabolario dei Termini posto alla fine di un volume sul Decamerone: Voce Bagattino: "Bagattino, moneta minima usata in Vinetia, et in Toscana secondo il láscito fatto à Calandrino dalla zia. In Regno gli dicono cavallucci, et piccioli" 2.

 

Dalla seguente spiegazione, siamo informati di un ulteriore sinonimo a cui i Latini ricorrevano per identificare il valore minimo di una moneta, ovvero terencium, da porre accanto ai termini Obolus, Chalcus, Denariolum così come riportati dal precedente dizionario: Bagattino. Cic[erone]. Nell’ep. De Praeda mea terencium non attingit quisquam. Della mia preda niuno ha toccato pure un bagattino 3.

 

Un proverbio del Cinquecento si riferisce alla situazione in cui una persona intendeva guardare a fondo nelle cose con grande puntigliosità: “E’ la vuol riveder in fin all’ultimo bagattino. Radit usque ad cutem. [Radersi fino alla pelle]” 4.

 

In altri modi di dire del tempo, desunti dall’usanza latina di esprimersi laddove si intendeva mostrare disprezzo per qualcuno, si ricorreva al termine bagattino e per similitudine con quest’ultimo alle parole stringa, lupino, lendine, moco e altri come dal seguente testo.

 

Benedetto Varchi

 

“I Latini a chi diceva loro alcuna cosa, della quale volessino mostrare che non tenevano conto nessuno, dicevano, haud manum vorterim, e noi nel medesimo modo; Io non ne volgerei la mano sozzopra: Diciamo ancora, quando ci vogliamo mostrare non curanti di che che sia: Io non ne farei un tombolo in sù l'herba; e quando vogliamo mostrare la vilipensione maggiore, diciamo con parole antiche, io non ne darei un paracucchino, ò veramente buzzagó, e con moderne una stringa, un lupino, un lendine, un moco, un pistacchio, un bagattino, una frulla, un baghero, un ghiabaldano, de' quali se ne davano trentasei per un pelo d'asino” 5.

 

La Chiesa si servì di questa piccola moneta per evidenziare, ad esempio e fra i tanti significati, che ciascun uomo avrebbe dovuto offrire al Cristo per la salvezza della propria anima tutto di sé fino all’ultimo bagattino, intendendo le più piccole o insignificanti azioni compiute in vita.

 

Nel successivo testo, l’insegnamento mirava a non pensare di ottenere la salvezza grazie alle sole buone opere in quanto esse consistevano in un bene finito, contro l’amore infinito che Dio riservava alle sue creature, secondo quanto Dio disse ad Abramo Finiti autem ad infinitum nulla est comparatio nec proportio, cioè “fra le cose finite e quelle infinite non vi è né comparazione né proporzione”. Pertanto, tali persone erano da considerarsi più pazze di coloro che pensavano di comprare con un bagattino persino l’intero mondo.   

 

Andrea da Volterra

 

“Hora se fussi uno qual con un quattrino anzi con un bagattino venetiano: andassi a queste botteghe di Firenze dell'arte maggiore: e dicesse voller comprare due: o tre pezze di panno fino: & al pagare li presumessi satisfare con quel bagattino: non sarebbe egli tenuto un' pazzo da catene: no harebbe egli adosso una furia di fattorini con un diluvio di sassi? si certo: Et se costui piu pertinace si presumessi comprare con quel denaro la bella Firenze: Et se egli ripreso dicessi: io voglio comprare con questo tutta l'Europa: anzi l'Asia: e l’Affrica: & il Mondo tutto: o che scempio: e franetico sarebbe meritamente tenuto costui: Et io dico a. V. S. che molto piu pazzo assai saria da essere tenuto colui che si presume meritare per il suo ben fare vita eterna, parlando propriamente del merito: Et benche lopere sue fussero molte & grandi: Et piu se questo tale potessi mettere insieme l'opere di tutti e’ giusti dal primo giusto Abel per fino al ultimo nel giorno del giuditio: & di queste facendone un’fascio, & portandole nel cospetto di Dio, & volessi per quelle in se considerate conseguire una minima scintilla di vita eterna, molto le troverebbe inferiori & niente: comparate al sommo bene e felicita eterna, e molto più pazzo saria da esser tenuto costui: che quel del bagattino a tutto il mondo: perche benche quel denaro fussi di pochissimo valore: non dimeno non eccedeva a lui il mondo in infinito: perche una cosa finita, a una altra finita si paragonava: & finiti ad finitum aliqua est comparatio & proportio: Ma l'opere di tutti da quest'altro prese, sono anch'elleno cose finite: El premio & il sommo bene e [è] infinito: perche il premio e [è] Dio: Ego protector tuus: & merces tua magnanimis: Disse Dio ad Abramo: Finiti autem ad infinitum nulla est comparatio nec proportio” 6.

 

Se le autorità religiose condannarono coloro che non offrivano nulla di sé a Dio, tale condanna venne estesa anche a coloro che si comportavano da folli allorché canzonavano la confessione e i religiosi stessi giungendo addirittura a percuoterli, senza per di più donare un pur minimo bagattino alla Chiesa.

 

Giovan Luigi Paschale

 

“CHe diremo altresì noi di quelli, che si vantano dell'Evangelio, & gli abusi sprezzano, che regnano al presente che potranno essi allegare? Io ho mangiato carne il Venerdi, il Sabbato, la Quaresima, & tutti i giorni senza alcuno scrupulo, & senza far differenza tra giorno & giorno: io non ho digiunato le vigilie, le quattro tempora, ne la Quaresima. Non v'è altro Christianesimo, ne altro frutto s'è fatto nell'Evangelio, che d'apprender questo? un cane & un lupo faranno ben tutto cio, senza udir l'Evangelio. E vi ha di piu: io dopo l'havere havuto la conoscenza del Vangelio, non ho offerto niuna cosa ai Preti, ne alle imagini; ne le ho giamai honorate in maniera che si sia. Io non ho fatto cantar per gli morti: io non mi son confessato ne a Prete ne a Monaco o frate che si sia; & non ho ancho udito loro Messe, ne giamai hebber da me un mezzo bagattino: anzi gli ho piu tosto tolto i lor danari, & mi son fatto beffe di loro, & gli ho di piu bastonati” 7.

 

In religione, l’essere debitore “fin’al minimo bagattino” identificava i debiti nei peccati, e il sommo Dio colui a cui si era debitori. 

 

Gio. Maria Capalla

 

“Ti dico, nella verità, che non sei per uscirne fuori, fin che non habbi sodisfatto fin’al minimo bagattino; che tu sei debitore. Ogn’un sa, che i debiti nostri, sono i nostri peccati. (Dimitte nobis debita nostra.). E quello, à chi debitori siamo, è IDDIO, Come dice il Salmo e l’Apostolo” 8.

 

Non solo veniva precisata la necessità di soddisfare i debiti verso Dio, ma verso qualunque altra persona a cui l’umano comportamento aveva creato un danno.

 

Girolamo da Pistoia

 

“Il partecipare, lo star mutolo, il non dar impedimento al male, & il non manifestarlo, per che se danno alcuno fatto si è al prossimo da te in alcuni di questi, cosi tu sei tenuto in solidum, anzi in fino à un bagattino à satisfare” 9.

 

Quanto di seguito descritto, ripreso da Matteo 18, racconta la vicenda di un servo a cui il Re chiese la restituzione di diecimila talenti utilizzati da questi per le proprie necessità. Comunicata l’impossibilità di poter provvedere al rimborso, il Re comandò che il servo, sua moglie e i figli fossero allontanati dal regno. Udita tale sentenza il servò implorò in ginocchio il Re di procrastinare il termine della restituzione e lo fece con tanta umiltà che il Re gli perdonò il debito. Uscito in strada il servo, nell’incontrare un tale che gli doveva una piccola somma di denari, lo attaccò furiosamente quasi strozzandolo. Gli altri inservienti del Re, vista la cosa, gli comunicarono quanto accaduto. Il Re ne rimase talmente disgustato da ordinare che il servo fosse imprigionato, torturato e che pagasse fino all’ultimo bagattino il suo debito. Ciascun lettore potrà facilmente intendere l’insegnamento di tale parabola. 

 

Christoforo di Fonseca

 

“A questo proposito disse CHRISTO una parabola nel medesimo capitolo di San Matteo [M.18], sappiate, dice, ch'un Re volse vedere i conti con i suoi servitori, del dare, & dell'havere, trovò uno di loro debitore di diecimila talenti, che non valeva il suo dieci quattrini, commandò che fusse venduto egli, la sua moglie, & i suoi figliuoli, ma inginocchiato il servitore gli chiese termine, & aspetto con tanta humiltà, ch'il Re n'hebbe compassione, & non solo lo l'aspettò, ma gli perdonò il debito: il servitore ingrato uscendo di casa del Re, s'incontrò in un compagno suo, che gli era debitore d'una poca somma, e tenendolo astretto lo suffocava, dicendogli, pagami quello che devi: parve à gli altri servitori ch'erano testimonii di questo caso, che questa fosse una gran crudeltà e tirannia, & lo raccontarono al Signore, il quale ne rimase tanto offeso, che comandò fusse preso lo sconoscente servitore, & consignato nelle mani de tormentatori, & che pagasse infino l'ultimo bagattino” 10.

 

Il brano seguente, assai divertente, parla di un bagattino che un mercante inserì nella propria scarsella assieme alle altre monete. Queste ultime nel vedere quel piccolo e insignificante soldino, si meravigliarono che avesse preso posto fra loro, tanto che uno scudo lo rimproverò per tanto ardire. Al che il bagattino gli rispose che seppure non fosse fatto d’oro era giusto di peso e di metallo, potendo per questo mostrarsi a faccia alta, a differenza dello scudo che in realtà era di poca consistenza aurea e di povera minutezza di metallo tanto che tutti l’avrebbero rifiutato. Allo scudo non restò altro che vergognarsi sentendosi sminuito nell’onore. L’insegnamento da trarne è che nessuno dovrebbe rimproverare per i propri vizi quelli dei suoi compagni poiché ne riceverebbe un danno, e che sarebbe molto meglio essere uomo dabbene, benché povero e vile, piuttosto che ricco, nobile e infame.

 

Bernardino Tomitano

 

“Contava una volta un mercatante, certa buona somma di scudi, intieri & mezzi: et come talhora aviene per inavertenza gittandoli in una borsa, vi mise in compagnia loro uno bagattino nuovo di cecca. Accortisi li scudi di lui: stettero molto maravigliati: perche uno d'essi qual era scarso molti grani, & basso d'oro, cominciò rimprovare il bagattino, trattandolo d'arrogante, come quello che essendo di vilissimo metallo, s'era posto tra i scudi d'oro. Il bagattino allhora voltatosi mezzo in colora verso lo scudo, disse, à te non tocca l'officio di riprendermi, essendo tu il peggior di tutti gli altri, tanto nella materia, quanto nel peso. Onde molto meglio sarebbe che i tuoi compagni scacciassero te di questo luogo come falsario, non essendo tu di puro oro: et appresso come infame, essendoti stato tagliato il naso & gli orecchi per li tuoi mali portamenti. Io per la Dio gratia, se bene non sono d'oro, son però bagattino da bene, giusto di metallo, posso andarmene col mio volto scoperto per tutto; il che non puoi far tu: perciò che dai barattieri in fuori, conosciuto per quel che sei, saresti riffiutato da ogn’uno. Lo scudo sentendo questo, arrossitosi per vergogna si diede à tacere con poco suo honore di cosi fatta riprensione. Giova questa favola ad intendere che male stà al vitioso il voler tassare i vitii del compagno. Et similmente, che meglio è l'esser huomo da bene, povero, et vile, che nobile et ricco infame” 11.

 

Sulla scia del precedente insegnamento, il seguente brano sottolinea che l’uomo senza qualità non dovrebbe mai vantarsi di essere superiore a chi è migliore di lui. I personaggi sono due uomini che impersonano altrettante monete, in contrasto fra loro: M. Bagattino e Soldo. 

 

Girolamo Parabosco

 

“Erano due che contrastavano fortemente insieme, et era uno di loro per sopra nome chiamato M. Bagattino, et era ricchissimo, l'altro era detto Soldo, huomo povero, disgratiato, et fra molte altre parole il detto Bagattino diceva, Guarda chi vuole contendere con esso meco, che vagliono piu le mondezze, che fuora escono di casa mia, che quanto può vedere questo poveraccio. Al quale l'amico detto, subito rispose. O‘ messere non dite questo che parlando delle ricchezze io non lo comportero, perche costui in ciò vale per dodici pari vostri. Furono molti che l'intesero, et dierono nel le maggior risa del mondo, a fu ingegniosissimo, per che come sapete, un Soldo in questa terra vale a punto dodici bagattini” 12.

 

Sebbene la Chiesa deplorasse coloro che non offrivano alcun obolo ai poveri, accettava più che volentieri le ingenti somme che i ricchi le donavano. Infatti, piuttosto che venire incontro ai poveretti, i benestanti regalavano denari ai Monsignori i quali, a detta di Pasquino 13 non li spendevano per sopperire alle esigenze dei più indigenti, ma per divertire sé stessi con le puttane, per comprare cani e cavalli di razza e per circondarsi di giovinetti effemminati. L’opera da cui è tratto il brano, Pasquino in estasi è una delle più significative e influenti della dissidenza religiosa nel Cinquecento.

 

Celio Secondo Curione

 

Ragionamento di Marforio, e di Pasquino

 

M. Che di tu: adunque Christo ha bisogno?

P. Messer si ne i poveri, che rappresentano la sua persona, et ei dice.

“Tutto quello che voi farete a uno di questi minimi; lo farete a me. Non di meno se un sol bagattino le domanda questo suo figliuolo; ella non glielo porge; ma se ne sta in contegno, senza pur mutar volto, ne dar segno di compassione. Ma quando il santo Padre va a Loretto, quando i Reverendissimi Monsignori, quando i padri spirituali vanno a lei; ella dà a queste generationi cio ch'ella ha; da spendere in puttane, in cani, in cavalli, è ganimedi (1), che dovevo dir prima. Le qual cose io mi rendo certo; che fussero sempre lontanissime infinitamente da quella vera purissima vergine Madre del Signore. La quale sovra ogn'altra cosa in odio questa feccia d'huomini” 14.

 

(1) ganimedi = cinedi, giovani degenerati ed effemminati.

 

Molti ricchi riveriti dal popolo ignorante non erano altro che personaggi di poco conto che nell'insuperbirsi con l’indossare belle vesti ritenevano di essere equiparati a dottori e cavalieri, quando in realtà se a loro fossero stati tolti i beni e posti in vendita come servi, nessuno avrebbe mai pensato di comprarli anche per un minimo bagattino.

 

Gregorio Zuccolo

 

Discorso della Nobiltà

 

“Restaci a favellare de i gradi, e delle dignità cose pur anchor esse cotanto stimate, e riverite dall’ignorante vulgo, con le quali i ricchi di questo nostro secolo son soliti d’adornare, et abbellire il lor imperfetto individuo, e quasi s’imaginino, che non cosi tosto siano fatti Dottori, o Cavallieri, ch’entri nel corpo loro tutta quella perfettione, la qual in un’huomo può ritrovarsi, se ne vanno non altrimente, che se nel vero fosse cosi, tutti altieri, e superbi…E non di meno se fossero da lor rimosse quelle ricchezze, e dignità, si che restasse l’huomo solo senza cosa alcuna altra, non si ritroverebbe, che spendesse per comprarli nella vita loro un minimo bagattino” 15.

 

Di seguito riportiamo, senza commenti, altri passi tratti da opere fra cui Veglie, Commedie, Egloghe, Novelle, Sacre Rappresentazioni, Libri di Storia e altro. La loro facilità di lettura permetterà di comprendere appieno i diversi passaggi. Diremo solo che, come sempre, ci siamo attenuti, nel riportare i testi, alla grafia originale, per cui è possibile trovare è con il significato di e, punti dalla funzione di virgole e così via. Abbiamo invece sostituito la s antica, che si scriveva come un senza la righetta orizzontale di taglio, con una s normale, e sostituito la u con una v secondo l’italiano moderno. Il tutto per rendere più agevole la lettura. Per tutti i documenti indagati abbiamo riportato quella parte dei testi che evidenziano come il ricorso alla moneta bagattino si poneva quale ammaestramento morale, oppure come valutazione dei caratteri umani o semplicemente per sottolineare generali situazioni di vita. Precedono i testi i nomi degli autori, tutti vissuti nel Cinquecento o a cavallo del secolo precedente o successivo. Rimandiamo il lettore alla visione delle note per i titoli dei volumi, anni di edizione, stampatori, ecc.

 

Bartolomeo Arnigio

 

Scusa de gli Avari

 

“Ma questi di tal fatta huomini sono carnefici di se medesimi senza danno del publico erario. Essi simili a i cimici, alle zecche, et alle piattole s’appiglierebbono a i granchi, purche ne trahessero un baiocco, et un bagattino” 16.

 

Nicolo Franco

 

Dialogo di Messer Franco, nel quale Caronte essamina alcune, anime perche conto niuna di loro habbia in bocca l’obolo, chè solito di darsigli, per lo passaggio.le quali assegnatali la ragione del non haverlo, sono estromesse ne la sua Barca.

 

Interlocutori: Caronte, Mercurio e le Anime

 

LICO [Un’anima]. Perche ne i piu lieti accidenti de la mia vita; posto ne la cima del regno, de la gloria, e de le pompe, adorato dal timore de i sudditi, abbracciato da l’amor de i servi, e del favor de gli amici; e quando tanto pensava al morire, quanto a l’esser povero, fui incautamente, e non so come, con veleno tradito. Onde a gran pena s’era lo spirto sequestrato dal corpo, che tutto il mio potere fu posto a sacco, e divenne preda di quei servi, de i quali piu mi fidava. Di sorte, che fui costretto venire a te non havendo pur meco tanto, quanto vale la miseria d’un bagattino” 17.

 

Cesare Vecellio

 

“Et non men bella cosa è il poter andar per tutta la Città [Venezia], cosi per acqua, come per terra, et l’esservi tanta copia di traghetti; che le povere persone possono con un bagattino solo farsi traghettare dall’un all’altra parte del canal Grande” 18.

 

Anonimo

 

“Signore io ho veduto un homaccino,

Che pare un nocchio (1) di pera rugina

E non valla sua vita un bagattino,

e quando voi passate non s’inchina” 19.

 

(1)  nocchio = nocciolo

 

Tomaso Garzoni

 

“La seconda proprietà dell’ignorante è volere essere il primo à cacciarsi in circolo con gli altri, et fare il quamquam in mezzo alla brigata, spendendosi per un zanfrone (1), dove non vale un bagattino, et facendosi squadrare alla prima per un bordonale (2), et per un mastro Grillo (3) dalle cure di butiro (4)20

 

(1) zanfrone = moneta di scarso valore ma superiore come valore al bagattino.

(2) bordonale = trave maestra che regge il soffitto di una stanza. Qui a significare che l’uomo si riteneva di essere importantissimo.

(3) mastro Grillo = personaggio della commedia dell’arte che incarnava un medico senza alcuna qualità.

(4) cure di butiro = cure senza efficacia.

 

Matteo Bandello

 

“Discretione in lui non alberga, ne civilità che si sia. E trà le molte sue gherminelle (1), è vegliaccherie che hà, questa ne é una, che quando serve uno Padrone, se da quello fosse mandato per quale si voglia importantissima cosa, ove bisogni usare celerità, o vero che vi andasse la vita di uno huomo, è bisognasse non che andare mà volare à parlar à Giudici ò altri per aiutarlo, e trovasse egli in via da poter guadagnare uno ò dui marchetti, non pensate che si movesse di passo, è si fermeria trè ò quattro hore, è più anco assai, perciò che tiene più conto di uno bagattino che de la vita di colui, per lo quale è mandato” 21.

 

(1) gherminelle = sinonimo di bagatelle, cioè stupidaggini

 

Filippo Ghisi

 

“…deve l’aveduto Capitano nel far elettione di soldati lasciare ad ogni modo quegli, che nascono… troppo sotto il Settentrione; perche se bene abondando d’humore, e di sangue, quanto alla forza et al coraggio sono da opponere quasi un muro immobili al nemico; mancando però di calor sufficiente, non vaglioono [sic] un bagattino quanto alla sagacità, alla prudenza, età i subiti partiti di stratageme tanto alla militia necessarij” 22.

 

Anonimo [L'Economo della Spilorceria della Famosissima Compagnia della Lesina] 

 

“Et fu sempre d’opinione la Compagnia [della Lesina], che il viver del mondo è solo un’arte di bello, e saggio ingegno. E colui che saprà bene addestarsi, a questo giuoco, e finalmente si ristringerà a considerare il destro trattare con gli huomini, senza rimetterci del suo pur un bagattino saprà godere una bella, & faceta Comedia. Ixta illud, fingere si nescit, vivere nescit homo” 23.

 

Andrea da Bergamo

 

La Buona Crianza, Amorevolezza, e Cortesia de Facchini

 

“Chi vuol mandar qualche imbasciata presta

Non parta dal Facchino, il qual volando

Usa la cortesia che gli è richiesta.

Ma che vengo ogni cosa raccontando.

La cortesia cortese d’un Facchino

Fa ogn’altra cortesia venir mancando.

E per toccarne i tasti io m’indovino

Che forse gl’hosti si terranno offesi,

A Facchin, qual al scudo il bagattino” 24.

 

Giovanni da Pistoia

 

Ramingoet Buscanetto

 

Ram. IO m’accorgo pur tardi dell’error mio, havendo creduto, che la mercantia, che vender voglio prima havessi spaccio, che la fussi scarica, non considerando bene, che non ci si sarebbe trovato huomo, che ci havessi speso un bagattino, sarà dunque bene, se in Corte non trovo da spacciarla, che no’l credo, risolvermi d’andare à Fiorenza, dove forse concluderò il mercato. Ecci stato nessuno à domandarmi?

Busc. Signor nò. La Signoria vostra” 25.

 

Luca Contile

 

Apatilo, parasito [parassito]

 

Apa: Che diavol di Frenesia porge l’avarizia? io prendevo de suoi sospetti piacer grandissimo. è caduto, il collo il collo. per dio che questo ribaldo ha le migliaia degli scudi. l’avaro e tormentato da dio in dui modi, primamente gli tolle l'ardire di spendere un bagattino ancor che n' havesse a ricomprarsi la vita, et poi con tanto timore vive che notte e giorno mai non si riposa, perseguitato da Dio, malvoluto dal mondo, et di sestesso odioso e sempre. il malanno che dio gli dia piu che non da. son stato per un quarto d'hora in paradiso. una buona hosteria con un buono hoste è la vita eterna del huomo. diece bicchieri di vini diversi ho beuti. per la memoria dolce di quel punto, mangiar mi voglio una di quelle polpette che dentro la Tascoccia riposi, rientrar mi bisogna nel Hosteria che questo poco gusto m’ha rimessa nello stomaco maggior seteveggo gente, Donna parmi. a bere a bere” 26.

 

Sperone Speroni

 

A’ M. Benedetto Rhamberti

 

“Ma parlando per con scienza con veri amici, come voi siete io direi che quelle lettere stanno bene stampate, ma che la stampa è cosa totalmente contraria alla professione che vuol far una lettera famigliare; la quale à guisa di monaca, ò di donzella dee stare ascosa senza esser vista, se non à caso; et chi la mostra á bello studio, tramuta lei dal suo essere naturale: et che la stampa è un gran lume di sole, nel quale non si veggono le candelette da un bagattino; benche elle ardano tuttavia; le quali nelle tenebre della notte rilucono, come stelle. Pero è sciocchezza lo accenderle il mezzo giorno, se non si accendono à qualche altare per voto, ò per amor di Dio: nel qual caso si considera la divotione di chi l'accende piu che 'l lume della candela. Di Padova, Speron Sperone” 27.

 

Girolamo Fenaruolo

 

Di M. Girolamo Fenaruolo a M. Vettor Ragazzoni

 

Io parlo sempre come qui si parla,

     E dico pane al pane, e vino al vino,

     Senza molto pensier di profumarla.

Non son ne farinello (1), ne chietino (2),

     Ma un non so che di mezo, che non vale,

     E che non vien prezzato un bagattino.

Son ben talhora un pazzo con morale:

     Ma lo fo quando che l’humor mi tocca,

     E non quando il comanda il Cardinale 28.

 

(1)  farinello = furfante

(2) chietino = bacchettone, bigotto

 

Giovanni Zonara

 

Imperio di Costantino Duca

 

“Il perche i Barbari piu fieri ne divenivano. E le legioni Romane piu timide e piu humili…Le quai cose benche recassero noia all’Imperadore; non dimeno egli non faceva conto di far soldati per non ispendere un bagattino” 29.

 

Niceforo Gregora

 

Di Ronzerio Cesare

 

I Catalani non havendo le paghe, si portano da nemici.

 

“Ma i Latini insieme con Ronzerio Cesare essendo discorsi per le altre città con i miseri Romani, miseramente trattarono coloro, da quali erano stati chiamati volgendo con nimico impeto le armi contra di loro: adducendo di cio la cagione, che non erano state loro date le paghe ordinate dall'Imperadore: e che erano astretti dalla necessità a sostentarsi delle facultà di coloro, che gli havevano fatto venire, e non havevano osservate le promesse. Onde si sarebbe veduto saccheggiar tutti i beni de' Romani, stuprar le vergini e le matrone; e menare i vecchi, et i Sacerdoti in prigione, et ad altri supplici, che la nuova moltitudine de Latini si andava imaginando. E vedevano, che la scure soprastava loro alla testa, se subito i nascosi danari non dimostravano. E chi prometteva cio ch'egli haveva, se n'andava del tutto ignudo: e quei, che non haveva alcuna cosa da riscuotersi, essendo lor mozze orecchi e naso, e simili parti, porgevano di se nelle strade miserabile spettacolo a chi gli vedeva, mendicando un pasto di pane, o un bagattino: ne havevano altro sovvenimento, che le parole e le lagrime” 30.

 

Bartolomeo Zucchi

 

Lodovico Carbone al S. Antonio Timothei

 

“Né per hora vi voglio dare una querela, che dar vi potrei, venendo defraudato da voi del titolo di Monsignore, il quale, come già vi scrissi, hò acquistato a Vinetia il primo giorno senza spendere né bezzo, né bagattino, e pur sapete quanto in Roma costino questi titoli, et io son salutato Monsignore per non coelle, ma è ben vero, che sicome questa dignità mi costa niente, cosi niente mi rende” 31.

 

Alessandro Sozzini

 

Barbitio, Tiburtio, Tentenna

 

Hora Barbitio mette la mano alla bocca del pastore, e dice.

Bar. Laghianla andare, che ricette son buone,

A far che questo male gli vada via.

Tib. Di non volervel dire ho quasi voglia,

Ch’al villan far servitio è villania,

Pur te l’insegno: bisogna che toglia

Dell’acqua chiara, alquanto intepidita,

E poscia il braccio ignudo te dispoglia,

E lava molto ben questa ferita,

Poi della cenere calda su vi mette,

Ch’in termine di tre hore sarà guarita.

Tent: O fusse lei guarita in capo à sette.

Tib. Dico che gl’è cosi, ch’io l’ho trovata

Assai miglior di molt’altre ricette,

Benche da medici hoggi è disprezzata,

Perche non ci si spende un bagattino,

Non vorrien che la fusse addoperata 32.

 

Cornelio Lanci

 

Folerio solo. Che stava in canton à sentir questi discorsi

 

“E se pur si trovasse qualch’uno tanto resoluto di confessarsi, che io non ci potessi rimediare, all'hora mi sbraccio per fargli fare una confessione, che non vaglia un bagattino, dandogli ad intendere, che non ci bisognano tanti preparamenti, ne esamini di concienza, & che se il confessore gli domanderà i peccati cha ha fatti, risponda di sì sotto voce, se non gli domanderà, non occorre che gli dica: & è cosa chiara che il confessore non indovinerà tutti i peccati che ha fatti, e cosi gli vertanno à restar in corpo. Gli persuado ancora che capino un confessore, che mai più l'habbian visto, e che non sia di quelli, che vanno sminuzzando i peccati alla sottile, ma che se ne vada alla buona, e che quanto più è ignorante meglio è, anzi che se fusse ancor sordo, pur che sappia le parole dell'assolutione non se ne curino” 33.

 

Pietro Aretino

 

P. Aretino al Magnifico M. Polo Cicogna.

 

“O Christo, è forse favola; che ‘un povero Saccardello (1) habbia à pensare à i crudeli assassinamenti del non haver mai un bagattino?” 34.

 

(1) Saccardello = “un bagaglione, o un uomo vile qualunque”. Cfr. Nota 1 al Sonetto CXL “Domandando un Logiamento al Barcello” da Le Rime di Bernardo Bellincioni, Riscontrate sui Manoscritti, Emendate e Annotate da Pietro Fanfani, in “Scelta di Curiosità Letterarie Inedite o Rare dal sec. XIII al XVII”, Bologna, Presso Gaetano Romagnoli, 1878, p. 146.

 

Note

 

1. Il Dittionario di Ambrogio Calepino Dalla Lingua Latina nella Volgare brevemente ridotto Per lo Signor Lucio Minerbi Gentilhuomo Romano…, [Venezia], A San Luca al segno del Diamante, M.D.LIII [1553].

2. Il Decamerone di M. Giovan Boccaccio, Alla sua intera Perfettione Ridotto, et con Dichiarationi et Avvertimenti illustrato per Giacomo Ruscelli…Con un Vocabolario Generale nel fine del libro, & con gli Epiteti dell’Autore, In Venetia, appresso Vincenzo Valgrisi, alla bottega d’Erasmo, M.D.LV. [1555], s.n.p.

3. Dittionario Volgare et Latino con le sue Autorità della Lingua Tolte da buoni autori Toscani…fatica di Oratio Toscanella, In Venetia, Per Comin da Trino da Monferrato, MDLXVIII [1568], c. 100v.

4. Proverbi Italiani Raccolti per Orlando Pescetti, In Verona, Presso Girolamo Discepolo, MDXCVIII [1598], pp. 170-171.

5. Dialogo di Messer Benedetto Varchi, Nel qual si ragiona generalmente delle lingue, et in particolare della Toscana, e della Fiorentina…, In Fiorenza, Nella Stamperia di Filippo Giunti, e Fratelli, MDLXX [1570], p. 101.

6. Trattato Utile del Reverendo Frate Andrea da Volterra sopra la Disputa della Gratia, et delle Opere. Predicato in Firenze nella Chiesa di s. Spirito l’Anno M.D.XLIII…, In Fiorenza ad instantia Bene. Gionti, M.D.XLIIII [1544], s.n.p.

7. De Fatti De Veri Successori di Giesu Christo et de Suoi Apostoli, et de gli Apostàti della Chiesa Papale: contenenti…, s.l. [Ginevra], Per Giovan Luigi Paschale, M.D.L.VI. [1556], Libro Secondo - Capitolo XXX, p. 95.

8. Scintille della Fiamma Innoxia; Cioe’ Avvertimenti, e Deduttioni fatte sopra il Miracolo della Madonna del Fuoco, occorso in Faenza, l’Anno 1567. Estratte per F. Gio. Maria Capalla di Saluzzo, dell’Ordine de’ Predicatori, allhora Lettore Teologo in quella Città. Con un Trattato d’alcune necessarie osservationi appertinenti a ciaschedun Christiano, In Bologna, Per Alessandro Benacci, 1569, Cap. XVIII, p. 33.

9. Delle Prediche Dell’humil Servo di Christo Fra Girolamo da Pistoia dell’Ordine de’ Frati minori Cappuccini di San Francesco, Parte Prima, In Vinegia, Appresso Girolamo Scotto, MDLXX [1570], Predica XIX, p. 463.

10. Trattato dell’Amore di Dio. Composto dal M.R.P.M. F. Christoforo di Fonseca dell’Ordine di Sant’Agostino…Nuovamente tradotto dalla lingua Spagnuola nella Italiana, In Venetia, appresso Sebastiano Combi, 1604, Capitolo XX, p.184.

11. Quattro Libri della Lingua Toscana di M. Bernardino Tomitano. Ove si trova la Philosophia esser necessaria al perfetto Oratore, et Poeta con due libri nuovamente aggionti, de i precetti richiesti à lo scrivere, et parlare con eloquenza, In Padova, Appresso Marcantonio Olmo, MDLXX [1570], cc. 317v-318r.

12. I Diporti di M. Girolamo Parabosco, In Vinegia, Appresso Domenico Giglio, 1558, Motti - Giornata Terza, cc. 97v-98r

13. Su Pasquino e le Pasquinate si vedano Pasquino e i Tarocchi e Una guerresca partita a Trionfi.

14. [Celio Secondo Curione (1503-1569)], Pasquino in Estasi, Stampata in Roma a Instantia di M. Pasquino, s.d. [c.1545], c. 9r. Titolo originale: Pasquillus extaticus.

15. I Discorsi di M. Gregorio Zuccolo Nobil Favent. [Faentino]… Ne i quali si tratta della Nobilta’, Honore, Amore, Fortificationi, et Anticaglie…, In Venetia, Appresso Gio. Bariletto, 1575, Cap. VIII, pp. 46-47.

16. Diece Veglie di Bartolomeo Arnigio, De gli Emmendati Costum dell’Humana Vita …, In Brescia, Appresso Francesco, et   Pietro Maria fratelli de’ Marchetti, M.D.LXXVII [1577], p. 431.

17. Dialogi Piacevoli di M. Nicolo Franco, con la Tavola di tutto quello che ne l’Opera si contiene, In Vinegia, Appresso Gabriel Giolito De Ferrari, et Fratelli, MDLIIII [1554], Dialogo Quarto, p. 149.

18. Degli Habiti Antichi, et Moderni di Diverse Parti del Mondo Libri Due, Fatti da Cesare Vecellio, & con Discorsi da Lui dichiarati, In Venetia, M.D.XC. [1590], Libro Primo, p. 123.

19. La Rappresentatione della Reina Ester, In Siena, s.e. [Luca Bonetti], 1590? s.n.p. Prima edizione: Firenze per Antonio Miscomini subito dopo il 1483.

20. La Sinagoga de g’Ignoranti, Nuovamente Formata, et posta in luce da Tomaso Garzoni da Bagnacavallo, Academico Informe di Ravenna, per ancora Innominato, In Venetia, Appresso Gio. Battista Somasco, M.D.LXXXIX. [1589], p. 39.

21. La Quarta Parte de le Novelle del Bandello nuovamente composte: Nê per l’adietro date in luce, In Lione, Appresso Alessandro Marsilij, M.D.LXXIII [1573], Novella XXIII, p. 134.

22. Giuditio di Paride Dialogo di Filippo Ghisi Nobile Genovese; Nel quale con nuova Mytologia si spiega quello, che sotto questa favolosa corteccia veramente intendessero gli antichi, In Venetia, Appresso Francesco de’ Franceschi Senese, MDXCIIII [1594], p. 65.

23. Della Famosissima Compagnia della Lesina Dialogo, Capitoli, e ragionamentiRaccolti dall’Economo della Spilorceria, In Vicenza, Appresso Li Heredi di Perin Libraro, M.D.XIC. [1589], p. 35.

24. Il Primo e Secondo Libro delle Satire alla Carlona, di Messer Andrea da Bergamo, In Vinegia, Per Pauolo Gherardo, M.D.XLVIII. [1548], c. 99v.

25. La Gioia Comedia Molto Dilettevole, & Ingegnosa del Giuditioso Comico M. Giovanni da Pistoia Cittadino Fiorentino. Rappresentata in Fiorenza In Palazzo del Sereniss. Gran Cosimo de’ Medici, Duca di Fiorenza, l’anno M.D.L., In Venetia, Gio. Battista Ciotti, MDLXXXVI [1586], Atto Quarto - Scena Sesta, c. 34r.

26. Comedia del Contile [Luca Contile] chiamata La Trinozzia, In Milano, per Francesco Marchesino, Il di.12di Novembre1550Atto Primo - Scena Quinta, p. 11r.

27. Lettere Volgari di Diversi Nobilissimi Huomini, et Eccellentissimi Ingegni, Scritte in Diverse Materie, Libro Primo, In Vinegia, In Casa de’ Figliuoli di Aldo, M.D.LIII. [1553], p. 114.

28. Sette Libri di Satire di Lodovico Ariosto. Hercole Bentivogli. Luigi Alemanni. Pietro Nelli. Antonio Vinciguerra. Francesco Sansovino. E d’altri Scrittori. Con un Discorso in materia della Satira, In Venetia, Appresso Francesco Sansovino, et. C., MDLX [1560], Satira Terza-Libro Settimo, c. 188v.

29. Historie di Giovanni Zonara Monaco, Diligentissimo Scrittore Greco; Dal Cominciamento del Mondo insino all’Imperadore Alessio Conneno; Divise in Tre Libri, Tradotte nella Volgar Lingua da M. Lodovico Dolce, In Vinegia, Appresso Gabriel Giolito De’ Ferrari, MDLXIIII [1564], Parte Terza dell’Historie, p. 231.

30. Historie di Costantinopoli, Descritte da Niceforo Gregora…Tradotte da M. Lodovico Dolce; Et riscontrate co’ testi Greci, & migliorate da M. Agostino Ferentilli. E questa è la Terza Parte dell’historie de gli Imperatori Greci, In Vinetia, Appresso Gabiel Giolito di Ferrarii, MDLXVIIII [1569], Libro Settimo, p. 119.

31. L’Idea del Segretario dal Signore Bartolomeo Zucchi da Monza Academico Insensato di Perugia, Rappresentata et in un Trattato de l’Imitatione, e ne le lettere di Principi, e d’altri Signori. Parte Terza, In Vinetia, Presso la Compagnia Minima, L’Anno Santo MDC. [1600], p. 489.

32. Bisquilla. Egloga Pastorale di Maggio, Del Sig. Alessandro Sozzini Gentil’ Huomo Sanese. Composta à richiesta del Desioso insipido Accademico Sanese. Et recitata in Roma l’anno 1588, nel Giardino de’ Cenci nel Monte Aventino, il primo giorno di Maggio, A Fermo, Presso Sertorio de’ Monti, 1588, Atto Secondo, pp. 30-31.

33. La Nicolosa Commedia Del Sig. Cavalier Cornelio Lanci da Urbino, In Firenze, Appresso Bartolommeo Sermantelli, MDLXXXXI. [1591], Atto Primo - Scena Quarta, pp. 26-27.

34. De le Letere di Messer Pietro Aretino. Libro Primo, Venetia, Per Curtio Navo et Fratelli, MDXXXVIII [1538], c. 216r.

 

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