Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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Il 'Giuoco Militare di Virtù' -1571

Un gioco con le carte del capitano Alfonso Valdera da Capodistria (Parte Prima)

 

Andrea Vitali, ottobre 2021

 

 

Di Alfonso Valdera da Capodistria nel 1571 videro la stampa due sue opere: il Giuoco Militare di Virtu’ 1 e la Rappresentazione delle Virtù Morali. Oltre che poeta ed erudito, Valdera, da capitano militare, condusse numerose azioni belliche.

 

Poco sappiamo riguardo la sua produzione letteraria, ma da una poesia scritta in suo onore dal nobile veneziano Pietro Gradenico, apprendiamo che era molto stimato ai suoi tempi.

 

O DE’ PIU rari, e nobili intelletti,

    Che fer chiaro, et adorno il secol loro
    Fra quanti honoran de le muse il choro,

    Ch'à dettar versi fur da Febo eletti,

Le fosche rime mie, gli humil concetti

    Mie tempie mai non degneran d'alloro
    Le vostre sì, che, qual cigno canoro,

    Cantando intenerite i duri petti.
Gradisco io ben l’effetto ardente, e vero

    Del vostro grande amor, et mentre io vivo

    Da me unqua non fia, che tempo il lime:
Ma il segno, ove m’alzate col pensero,

    Non che col basso stil mio non arrivo:
    Onde qual sia il dolor non é chi estime 2.

 

Nel Giuoco Militare di Virtu’ Valdera, comprendendo la passione dei giovani verso il gioco delle carte e ritenendo nel contempo che attraverso di esso la gioventù potesse apprendere qualche moralità, intese creare un gioco particolate con le carte comparando la battaglia dell’uomo - in costante bilico fra il bene e il male, fra il vizio e la virtù, fra le arti e le opere - con la guerra che si svolge presso i tavoli da gioco dove cavalieri e fanti gareggiano fra loro per la conquista della posta.

 

Ritenne pertanto attribuire alle quattro Signorie delle carte, ovvero i semi di Spade, di Bastoni, di Coppe e Denari, quattro corrispondenti Stati e cioè lo Stato dei Vizi, quello dei Beni, delle Virtù Morali e delle Arti Liberali in guerra fra loro e guidati ciascuno dal proprio Re e dalla propria Regina, difesi entrambi dalla cavalleria e dai fanti, chiamando Cavalieri i Cavalli e Soldati i Fanti.

 

“…essendo la gioventù per natura impiegata al piacer del giuocar alle carte, raccogliendo queste innanzi à gli occhi; converrà, se non per volontà, almen con violenza di se stesso apprender qualche moralità. Et perche à punto con un sentimento morale si potrebbe per translato alluder, over comparar al giuoco, la militia nostra nel mondo, tra 'l male, e 'l bene, tra 'l vitio, e la virtù, & tra l'arti e l’opere; però moralmente sono figurate queste carte di tai compositi, sotto un'ordine militare di quattro Stati, à similitudine di quattro Signorie nominati, Il primo, lo Stato de' vitij; Il secondo lo Stato de' beni; Il terzo lo Stato delle virtù morali; Il quarto lo Stato dell’arti liberali. li quai Stati giuocando habbino à rappresentar un modo di guerreggiar bellicosamente con loro eserciti sotto il governo de suoi Rè, & Reine, custoditi dalla militia à cavallo, ê a piede; però in vece del cavallo, che si usa nelle carte ordinarie: in queste sarà detto il Cavalliero; & il Soldato in luogo del fante” 3.

 

 

DELLO STATO DE VITII

 

 

Senza entrare nel merito delle regole di gioco, diremo che per quanto attiene al primo Stato, cioè quello dei Vizi, una similitudine con quanto espresse in seguito Leopardi riguardo la natura matrigna prorompe subito alla mente data l’affermazione dell’autore che i subitanei vagiti e i pianti delle creature nascenti nel mondo non stavano a significare altro che la coscienza di essere entrati in una terra di lacrime per dover combattere contro tre potentissimi nemici, ovvero la carne, il mondo e il diavolo.

 

“SUBITO, che la humana creatura, entrando per la porta del suo natale, appare alla luce del mondo, per vivere, & poi morire, con termine incerto, uscendo in fine per la porta della morte, prorompe in vagito; dimostrandosi à guisa di corrucciata, & di già fastidita della sua calamità, essendo nata nuda senza alcuna sostanza, ma solamente co ‘l pianto,  come sua propria dote di tribolationi, e d’affanni; coʻl qual dimostra deplorar le miserie humane; & anco la imbecillità, & la fragilità di se stessa: composta di carne, tra sangue, colera, flegma, e malanconia, per dover’ essere impiegata alle vanità del fallace mondo, & per dover sentir concupiscenza contra lo spirito, combattuta sempre dal senso, e dalla ragione; anzi per dover di tempo in tempo presentarsi à singolar battaglia contra tre potentissimi nemici, detti la Carne, il Mondo, & il Diavolo, che à guisa di rapidissimi torrenti minacciano sempre strage, & ruina; perciò è venuta detta creatura à far questo combattimento con una patente commissione di nostro Signore, scritta da s. Matheo al capitolo decimo, che dice, Ecco ch'io vi mando come pecore in mezzo à Lupi, habbiate ad esser prudenti, come sono i serpenti, & semplici, come le colombe”.

 

Dopo queste parole, l’autore si dilunga nel descrivere i sette vizi capitali e quali atteggiamenti assumere per contrastarli. Ovviamente se la conoscenza dei vizi doveva essere appresa per contrastarli, sarebbe stato meglio morire appena nati: “O ben nati color, ch'avolti in fasce, Chiuder le luci in sempiterno sonno, Poi che sempre à languir quà giù si nasce. Et è cosi in vero, che essendo la vita (si può dir d’un giorno) tanto misera; benche in apparenza un fiore; possiamo (come dice Cicerone) riputar di essere à guisa di Peregrini nell’hosteria, per partir d’hoggi à dimane”.

 

Quindi, poiché i vizi rappresentavano la milizia del Diavolo, a quest’ultimo era da attribuire la carta del Re e al Cavaliere quella del Mondo, mentre per la Carne era demandato l’ufficio al Soldato principale, ovvero al Capitano di tutti i soldati. 

 

“Questi adunque sette vitij, come particolari nella humana generatione, sono rappresentati in una sorte di carte dette lo Stato de vitij, figurate con varie forme, che ponno dimostrar gli uffici, & effetti, che fanno detti vitij, […], per poter dar regola al giuoco, fino al numero del sette, & si come è predetto, essendo i vitij la militia del Diavolo, è ben conveniente, ch'egli sia il suo Rè, il Mondo il Cavalliere, & la Carne il Soldato principale, Capitan de gli altri”.

 

 

DELLO STATO DEI BENI

 

 

Riguardo questo Stato, l’autore, dopo aver indicato la necessità di erigere un forte baluardo contro la forza dei vizi sotto la guida della Prudenza, elenca sette aspetti che i soldati dovevano tenere in considerazione per combattere i vizi e cioè l’Umiltà, la Consolazione, la Pazienza, l’Industria, la Liberalità, la Castità, e l’Astinenza.

 

“Fa bisogno dunque alla creatura per ottener la vittoria di farsi un forte nello stato de i beni, ben munito di presidij, & di buon’arme, che difendano la muraglia della fede, & la Rocca della innocentia, della qual habbi ad esser il Governatore l'occhio destro della prudenza, che sempre vigili alla sentinella à scoprir le insidie, & à regolar i soldati. Sia la conscientia il Capitan de soldati, che nelle scaramuccie resista à stimoli della carne, & spengansi contra la cavalleria disordinata del mondo gli alati corsieri della patria felice. I soldati poi ubidienti al suo capo, sian sette beni, cioè Humiltà, Consolatione, Patienza, Industria, Liberalità, Castità, & Astinenza; armati non il dosso, ma l’entrinseco, l’Humiltà di mansuetudine, la Consolatione di allegrezza, la Patienza di tribolatione, la Industria di fatica, la Liberalità di cortesia, la Castità di freno, & l'Astinenza di digiuno, delli quali volendo per sua natura esser ultima l’Humiltà, fugggendo dall'ambitione, ecco, ch'esaltata per decreto del Signor, è gradita al primo luoco. Con li quali defendendoli arditamente, si supereranno i soldati già nominati de gli aversari”.

 

Di seguito l’autore elenca le prerogative dei sette aspetti citati, in grado di annullare la forza dei vizi:

 

L’Umiltà spoglierà la Superbia

La Consolazione acquieterà l’Invidia

La Pazienza toglierà il sangue all’Ira

L’Industria distruggerà l’Accidia

La Liberalità renderà sua tributaria l’Avarizia

La Castità porrà il giogo alla Lussuria

L’Astinenza mortificherà la Gola

 

“Con la Humiltà s’abbasserà, & spogliarà la Superbia, con la consolatione s’acquetarà la Invidia, con la patienza si trarrà il sangue all’Ira, con la industria si spronarà l’Accidia, con la liberalità si farà tributaria l’Avaritia, con la Castità si porrà il giogo alla Lussuria, & con l'Astinenza si mortiſicarà la Gola. Ma in caso di tradimento, ò per qualsivoglia fatto averso, il buon Castellano dell'anima, non debba ceder mai al nemico le chiavi della porta della fedeltà. [,] sperando sempre, & aspettando il soccorso del Prencipe, per non macchiar vituperosamente il bianco foglio della Innocenza, nel qual ha da tener un leal conto della ministratione, scritta con puro inchiostro, & schietto carattere, per poter ben giustificar al tempo, la sua lealtà dell'opere della vita, in protettione del suo Castello”

 

Questi sette aspetti, capaci di vincere i vizi, si manifestano quindi come i soldati di questo Stato di Beni, il cui Re sarà l’Angelo, nemico del Diavolo; la Patria felice sarà incarnata dal Cavaliere il cui scopo sarà di salvaguardare il proprio popolo dal mondo; il Soldato Capitano, che dovrà ricorrere alla propria coscienza, combatterà la Carne.

 

“Sarà dunque questa seconda ordinanza di soldati figurata nella seconda sorte di carte, pure al numero di sette, nominato lo Stato de beni, & rappresentate medesimamente con suoi effetti, & uffici […]. Et per suo reggimento l'Angelo è introdotto per lo Rè; il quale si come è designato alla creatura per scorta, cosi è contrario al Diavolo, ch’è il tentatore; per lo Cavalliero è la Patria felice, all'opposito del Mondo, & per Soldato Capitano servirà la conscienza, come quella, che mortifica la carne”.

 

 

DELLO STATO DELLE VIRTU’ MORALI

 

 

Riguardo il terzo stato, quello di virtù morali, l’autore dopo averle elencate ed evidenziate le loro prerogative e la funzione nell’uomo, passa a citare esempi di uomini tratti dall’antichità romana le cui azioni erano da ricondurre a ciascuna virtù, terminando con la frase “Si Deus pro nobis, quis contra nos” [Se Dio è con noi, chi (potrà essere) contro noi?].

 

Facendo riferimento alle virtù teologali, assegna alla Fede il ruolo di caporale, avendo essa giurato di morire piuttosto che di macchiare la sua bianca e incorrotta veste. La Carità è invece acclamata dal popol tutto quale luogotenente, dato che con animo generoso dona a ognuno in aiuto le sue sostanze.  Alla Speranza tocca il ruolo di alfiere poiché inneggia sempre e sprona alla vittoria, tenendo ben alta la sua insegna. Cosicché le virtù, confederate fra loro e con la legge naturale, hanno determinato quale loro fine di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come sé stesse.

 

“Ma sarà ben una squadra di ardite guerriere, legionarie della virtù, nominate Fede, Speranza, Carità, Giustitia, Fortezza, Temperanza, & Prudenza, dette le sette virtù morali, percioche la loro genealogia antica, & illustre viene à moribus, cioè dalli costumi; armate non già di ferro, ò d'acciaio all'uso commune, ma di sostanza incorporea; cioè la Fede di una pura sostanza incorruttibile, di crederla nostra redentione; la Speranza di certa aspettatione della eterna salute, & la Carità d'una viva dilettione in Dio, & nel prossimo, & son dette theologiche queste tre, perche militano in Dio, la Giustitia d'una giusta, costante, & perpetua volontà, la Fortezza di continua sofferenza, la Temperanza di un moderato proposito, & la Prudenza della cognitione della verità, le quali hanno preso grado di virtù cardinali; percioche si come i cardini sostengono il mondo, detti in Latino i Poli artico, è [sic] antartico, cosi dette virtù con loro uffici, ò militia sostengono le attioni d'importanza, regolate tutte dalla prudenza, la quale communica, & comparte del suo sale a ciascuna virtù, che altrimente ogn'una per se stessa sarebbe oscura. La onde in questa guerra col suo marte, la Giustitia, che per natura ama, difende, & conserva la università, distribuendo costantemente a tutti quel, ch'è suo, sedendo per Tribunale ne 'l suo seggio soblime in mezzo tra la Ingiustitia, & la severità, con la bilancia giusta della ragione, & la spada tagliente del giudicio; firmata anco sopra le terga di dui Leoni, l'uno mansueto l'altro feroce, quali tra dui ſaldi giudicij, l'uno civile, & l'altro criminale, per sentenza delibera, che sian presi, & dannati i vitij Soldati de' nemici. La Fortezza, che marchia di mezzo al timore, & alla temerità, innanimando hor questo, & raffrenando hor quella con patienza, & toleranza di ogni adversità, promette di vincerli, & di prenderli. La Temperanza sempre intenta à moderar i piaceri, & à conservar la virtù tenendo residenza tra la Insensibilità, & la Intemperanza, per ammaestrar l'una, & moderar l'altra da disordinati appetiti, si gloria di voler legarli, & di metter à tutti la briglia. La Prudenza, che tien la sua stanza tra il falso, e il vero, per venir à luce della verità con la mente elevata; considerando tre tempi, passato, presente, & venturo, si ha proferita d'ispiare, conoscere, & scuoprire qualunque loro maligno trattato. La Fede che per liurea, è tutta avolta di velo bianchissimo, riguardevole da ogni macchia, preso grado di caporale; ha giurato di voler piu tosto morire fedele, che di esser di punto macchiata, ò corrotta. La Carità fatta à voce di popolo luogotenente raccolte seco le sue sostanze, con animo generoso, & pio, le ha proferte tutte in susidio. Et la Speranza coraggiosa, & gagliarda, accettata la Impresa di alfiero, & spiegata animosamente la insegna in alto, con ardito passo innanima, & aspira continuamente alla vittoria, & tutte fortemente collegate insieme dette inclite guerriere intrepide, si sono talmente confederate con la lege inviolabile della natura, c'hanno terminato ogni lor fine in amar Dio sopra tutti, & il prossimo come se stesse, dicendo, & cantando con organo di ben composte voci, Si Deus pro nobis, quis contra nos”.

 

Nel gioco, alla Regina viene assegnata la Fama in quanto essa si manifesta quale sostanza delle virtù essendo da esse partorita; le armi saranno affidate al Cavaliere mentre le leggi al Capitano dei Soldati, quelle leggi fondamentali pertinenti alla Maestà terrena necessarie per il corretto governo della Repubblica.

 

“Or seguendo il già comminciato ordine: le già dette sette virtù morali, sono figurate nella terza sorte di carte, dette lo stato delle virtù morali, rappresentate con quelle figure, che più si accommodano alla dimostratione, […]. Al qual stato è assignata per Reina la Fama, degno parto, & sostanza delle virtù, & vera gloria delli stati giusti, le arme per lo Cavalliero, & le leggi per lo Capitan de Soldati, pertinenti alla Maestà Imperatoria, & al buon governo della Republica, come è stato detto”.

 

 

DELLO STATO DELLE ARTI LIBERALI

 

 

Per quanto riguarda l’ultimo Stato preso in considerazione del Valdera, quello delle Arti Liberali, diremo che non si discosta dalle indicazioni su come vincere i vizi già descritte negli insegnamenti precedenti se non, ovviamente con incarichi diversi da attribuire alle varie carte.

 

L’interesse verso questo testo che ricordiamo essere stato scritto da un militare di alto grado e quindi con una cultura superiore in epoca cinquecentesca, risiede nella convinzione che le carte da gioco, se utilizzate altrimenti, potessero recare beneficio alla conoscenza di ciascun soldato mentre giocava, in quanto in grado di far rimandare alla mente quei significati etici e morali su cui questo gioco ‘di nuova invenzione’, a dirla con un’espressione cara agli amanti della storia dei tarocchi 4, era stato formulato.

 

Diremo pertanto che non si è distanti da quei giochi di carte di carattere istruttivo di cui abbiamo trattato inventati per allargare la conoscenza dei giovani sui più disparati aspetti della cultura, come quella storica o geografica 5. Rimane comunque da chiedersi se quanto ideato e descritto dal capitano Valmura sia da considerarsi alla stregua di un esercizio stilistico su un argomento sentito fortemente attrattivo, oppure sia da interpretare come una sua auspicata possibilità di vederlo un giorno giocato dalle sue truppe. Se valutiamo l’atteggiamento dei soldati in quell’epoca nei confronti del gioco delle carte come risulta da nostri saggi sull’argomento 6, valutiamo pressoché improbabile che i soldati avessero seguito i suggerimenti del buon capitano.  

 

Note

 

1. Giuoco Militare di Virtu’, di Alfonso Valdera Giustinopolitano, In Brescia Appresso Vicenzo di Sabbio, L’anno 1571, s.n.p.

2. Rime di M. Pietro Gradenico Gentilhuomo Vinitiano, In Venetia, Nella Stamperia de’ Rampazetti, MDLXXXIII [1583], c. 17v.

3. Giuoco Militare di Virtu’, cit.

4.  Si veda Tarocchi ‘di nuova invenzione’.

5.  Come esempio si veda Tarocchi istruttivi in Sicilia - 1737.

6. Si veda I soldati e il Gioco delle Carte - Secc. XVI e XVII.

 

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