Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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Teofilo Folengo: Chaos del Tri Per Uno

1526

 

Inserito il 29 novembre 2020

 

L’indiscusso maestro del genere letterario cosiddetto “maccheronico”, cioè il mantovano Teofilo Folengo  che scriveva sotto lo  pseudonimo di Merlin Cocai,  ci offre nell’opera Chaos del Tri Per Uno, ovvero Dialogo delle Tre etadi una delle primissime testimonianze dell’uso divinatorio con i Trionfi. Si legga al riguardo il saggio I Tarocchi in Letteratura I

 

Testo estratto da:

 

Merlin Cocai [Teofilo Folengo], Chaos del Tri Per Uno, In Vinegia per Giovann’Antonio e Pietro fratelli de Nicolini da Sabio, M.D.XLVI [1546], pp. 71v-72v. La prima edizione, incompleta in parte dell'ottava che comprendeva Luna, Appiccato, Papa, Imperatore, Papessa, è del 1526.

 

Personaggi

 

TRI. = TRIPERUNO

LI.    = LIMERNO

 

SELVA SECONDA

 

LIMERNO

 

…, ma heri Giuberto et Focilla, Falcone e Mirtella mi condussero in una Camera secretamente, ove trovati ch'hebbeno le carte lusorie de Trionphi, quelli à sorte fra loro si divisero, e volto à me ciaschuno di loro la sorte propria de li toccati trionphi mi espose, pregandomi che sopra quelli un sonetto gli componessi. TRI. Assai piu duro soggetto potrebbevi sotto la sorte, che sotto lo beneplacito del Poeta accascare. LI. Et questa tua ragione qualche bona iscusazione appresso gli huomini intelligenti recarammi, se non cosi facili (come la natura del verso ricchiede) saranno. Hora vegnamo dunque primeramente à la ventura ovvero sorte di Giuberto; dopoi laquale  ne piu ne meno voglioti lo sonetto di quella recitare, ove potrai diligentemente considerare tutti li detti trionphi, ad ciascaduno sonetto singularmente sortiti, essere quattro fiate nominati, sí come con lo aiuto de le maggiori figure si comprende.

 

Giustitia.   Angiolo.   Diavolo.  

         Foco.    Amore.

 

QUando 'l Foco d'Amor, che m'arde ogn’hora,

    Penso e ripenso, fra me stesso i dico,

    Angiol di Dio non è, ma lo Nemico,

    Che la Giustizia spinse del ciel fora.

Et è pur chi qual Angiolo l'adora,

    Chiamando le sue fiamme dolce intrico,

    Ma nego ciò, ché di Giustizia amico

    Non mai fu, ch’in Demonio s'innamora.

Amor di donna è Ardor d'un spirto nero,                   Dux malorum fæmina,

   Lo cui viso se 'n gli occhi un Angiol pare,                et  scelerum artifex. Sen. [Seneca]

   Non t'ingannar, ch'è fraude e non Giustitia.

Giustitia esser non puote, ove malitia

   Rispose de sue Faci il crudo Arciero,

   Per cui Satan Angiol di luce appare.

  

TRIPERUNO

 

   Molto arguto parmi questo primo, né ancho di soverchio difficile, ma che egli aggradire debbia la Regina con l'altre donne, non credo. LI. Dimmi la causa. TRI. Lo sobbietto non lauda il Feminile sesso. LI. Et Giuberto non lo volse d'altra sententia di quella, c'hai udito. Hor vengone al secondo, nel quale la sorte di Focilla contienesi.

 

Mondo.   Stella.   Rota.   Fortezza.

      Temperantia.   Bagatella.

 

QUesta Fortuna al mondo è 'n Bagattella,

   C hor quinci altrui solleva, hor quindi abbassa,

   Non è Temperantia in lei, pero fracassa

   La forza di chi nacque in prava Stella.

Sol’una Temperata Forte e bella

   Donna, che di splendor’ le Stelle passa,

   La instabil Rota tien humile e bassa;

   E 'n Gioco lei di galle al Mondo appella.                         Rarissimum

Costei Temperatamente sua Fortezza                                animal bona

   Usato ha sempre, tal che 'l Mondo e ‘'nsieme                mulier

   La Sorte delle Stelle à Scherzo mena.

Ben puo Fortuna con sua Leggerezza

   Ir nelle Stelle di piu Forze estreme,

   Chi sa Temprarsi lei col Mondo affrena.

 

TRIPERUNO

 

   QUESTO Altro Sonetto appresso di me piu del primo lodevole mi pare, cosa che gia per lo contrario giudicai da prima dover essere, attendendovi quella sorte del Bagattella non potere se non li soli consorti disconciare, ma (si come a me pare) degli altri assai meglio vi quadra. LI. Ogni cosa che ad essere patisce durezza, lo piu de le volte eccellente diviene, la onde Focilla, donna (come si vede) prudentissima, contristandosi prima di cotal leggerezza à lei per ventura sortita, hor che reuscita la vede in magior suo honore, giubila e saltella. Ma vengo a l'oscurissimo soggetto de li disordinati triomphi di Falcone, alquale sopra tutti gli altri gentile, doveva la meglior fortuna accadere.

 

Luna.   Appicato.   Papa.  Imperatore.  Papessa.

 

EUROPA mia, quando fia mai che l'Una

   Parte di te, c'hà il Turco Traditore,

   Rifrancati lo Papa o Imperatore,

   Mentr’ha le chiavi in man per lor fortuna:

Aime la Traditrice e importuna

   Rispose in man Donna il summo honore                    Fortuna

   Di Piero e tien l'Imperial furore.                                   fatta Papessa

   Sol contra il giglio e non contra la Luna.

Che sel Papa non fusse una Papessa,

   Che per un pie Marcin Spesso tiene,

   La Luna in griffo à l'aquila vedrei.

Ma questi Papi o Imperatori miei

   Fan si, che mia Papessa farsi viene

   La Luna, e vo Appicarmi da me stessa.

 

TRIPERUNO

 

Voi giocate Maestro mio sovente al mutolo in questo Sonetto. LI. Fu sempre lodevole. TRI. Che cosa? LI. La veritá. TRI. Confessare? LI. Anzi tacere. TRI. La cagione? LI. Per scampar l'odio. TRI. Di poco momento è questo odio, se non vi susseguisse la persecuzione. LI. Pero lo freno fu trovato per la bocca. TRI. Meglio è Martire che Confessore. LI. Cotesto è piu che vero. Ma veggiamo finalmente lo sonetto di Mirtella, la cui sorte fu questa.

 

Sole.    Morte.   Tempo.   Carro.   

          Imperatrice.   Matto.

 

SIMIL Pazzia non trovo sotto 'l Sole,

   Di ch’à gioir del Tempo tempo aspetta,

   Morte su 'l Carro Imperatrice affretta                  Ut navem et aedificium                    

   Mandar in polve nostra humana prole.                idem destruit facillime

Al Sole in breve Tempo le viole                                 qui struxit, sic hominem

   Col strame il villanel su‘l Carro assetta,               eadem optime quae

   Matto chi teme la Mortal saetta,                           conglutinavit natura dissolvit.

   Ch'anco L'Imperatrici uccider vole.                      Cic.[Cicerone].

Però de sciocchi havrai su’l Carro Imperio

   S'induggi donna piu mentre sei bella,

   Che 'l Sol d'ogni bellezza invecchia e more.

Godi Pazza che A tempi godi 'l fiore,

   Fugge del Sol il Carro, è il cimiterio

   La Nera Imperatrice empir s'abbella.

 

TRIPERUNO

 

   Hor questo de gli altri piu sodisfarmi pare Maestro mio. LI. Havrei con men durezza composto loro, se la divisione di essi trionphi in mia balía stata fusse, onde pregoti non t'incresca udirne un altro molto (per quello che me ne paia) de gli gia recitati men rozzo, e triviale, quando che la libertade di esso tutta in me solo stata sia dove li ventiuno Triomphi aggiungendovi appresso la Fama et il mattosi contengono.

 

Amor, sotto 'l cui Impero molte imprese

   Van senza Tempo sciolte da Fortuna,

   Vide Morte su’l Carro orrenda e bruna

   Volger fra quanta gente al mondo prese.

Per qual Giustizia (disse) à te si rese

   Né Papa mai, né s' e, Papessa alcuna?

   Rispose, chi col Sol fece la Luna

   Tolse contra mie Forze lor diffese.

Siocco, qual sei è quel Foco (disse amore)

  Ch'hor Angiol’ hor Demonio apparo, come

  Temprar sanno si altrui sotto mia Stella.                             Venere

Tu Imperatrice a i corpi sei, ma un cuore

  Benche Sospendi, non uccidi, è un nome

  Sol d'alta Fama tienti un Bagattella.