Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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I ‘Proverbi Italiani’ di Orlando Pascetti - 1603

Sul gioco, sul matto, sul bagatto, sui trionfi e sull’essere cauti

 

Andrea Vitali, dicembre 2019

 

 

Il marradese di nascita (1556) Orlando Pescetti è considerato un importante letterato della sua epoca. Autore di diversi trattati sulla linguistica italiana – da citare il suo intervento nella disputa riguardante la Z su cui scrisse un opuscolo intitolato Breve discorso in favore del buon uso della Z (1588) – compose la favola boschereccia Regia Pastorella (1589) e la tragedia Il Cesare (1594) dedicata a Alfonso II d’Este allo scopo di ingraziarsi il suo favore, dove affrontò il tema della liceità del tirannicidio. L’opera venne da alcuni considerata una fonte minore del Julius Caesar di Shakespeare pubblicata due anni prima.

 

Ma fu nella didattica che il Pescetti diede il meglio di sé convinto che le modalità educative del tempo fossero completamente insufficienti al pari del corpo insegnanti. I suoi suggerimenti, espressi nella Orazione dietro al modo dell’istituire la gioventù del 1592, da lui dedicata alla città di Verona, venne da quest’ultima recepita attraverso un’indagine atta a conoscere lo stato delle proprie scuole pubbliche. In particolare, per il Pescetti, le famiglie degli alunni avrebbero dovuto versare nelle casse dell’Amministrazione una cifra proporzionata alla propria condizione economica, esentando al contrario i poveri da tale obbligo, il tutto finalizzato alla creazione di una biblioteca aperta a tutti.

 

Convinto dell’efficacia educativa dei proverbi si dedicò alla paremiografia ovvero alla raccolta dei proverbi per uso letterario, attività a cui si erano dedicati personaggi come Zenobio, Aristotile e Menandro. Scrisse pertanto i Proverbi Italiani (1589) e successivamente nel 1603 una nuova ampliata edizione in quanto non pienamente soddisfatto della precedente. Ma furono i suoi Proverbi italiani e latini per uso de’ fanciulli che imparan gramatica (1602) a riscuotere un più grande successo, con ben tredici edizioni che videro la luce nei seguenti cento anni, in quanto grandemente apprezzati dalle scuole di grammatica.

 

Pescetti trascorse gli ultimi dieci anni della sua esistenza nel partecipare alla querelle che verteva sulla legittimità della tragicommedia come opera letteraria, controversia sorta in seguito alla pubblicazione del Pastor Fido del Guarini sul quale scrisse una Difesa. Successivamente, schieratosi dalla parte dell’Accademia della Crusca con la quale condivideva i principi linguistici contro i conservatori della purità della lingua del Trecento fiorentino, compose, come replica all’Anticrusca del padovano docente di eloquenza Paolo Beni, una sentita Risposta all’Anticrusca.

 

Pascetti morì a Verona intorno al 1623 e venne sepolto con ogni onore presso la Chiesa di San Zeno in Monte.

 

Il nostro interesse è stato attratto dai suoi Proverbi Italiani che abbiamo trovato nella loro edizione più completa, quella del 1603 1, uniti in un unico volume ai Proverbi italiani e latini per uso de’ fanciulli che imparan gramatica precedente di anno, ma pubblicati da un medesimo editore nel 1603. 2.

 

Le voci prese in considerazione dall’autore sono davvero moltissime. Ci limiteremo pertanto a quelle che si riferiscono al giuoco, alle carte ordinarie e ai Trionfi.

 

Voce Giuoco 3

 

In questa voce l’autore riporta proverbi e modi di dire che, anche se si riferiscono al gioco delle carte o ad altri giochi, per estensione rappresentano consigli di saggezza riguardanti il ‘gioco’ della vita in ogni sua sfumatura. Riteniamo che ognuno sappia ben interpretarli. Riporteremo quelli che a nostro avviso appaiono i più interessanti:

 

Chi seguita il giuoco alla fine impoverisce.

Giucar, e perder lo sà fare ognuno.

Non voglio recar il giuoco vinto a partito (non voglio arrischiar il certo)

Chi giuca per bisogno, perde per necessità.

Chi giuca a primiera, e non fa primiera, perde a primiera.

Sette, e figura, prova tua ventura.

Sette, e fante, dagli a tutte quante.

Il bel del gioco è far de’ fatti, e parlar poco.

Chi non può giucare, metta al punto.

Ogni bel giuoco vuol durar poco.

Chi non vuol perdere, non giuochi.

Chi vuol riavere, non giuochi più.

Chi perde non dileggi, e chi vince non s’adiri.

Chi vince da prima perde da fezzo [fesso].

Non bisogna giucar, con chi propone i giochi.

Ognuno sa giucar, quando gli dice buono.

Chi vince da prima, male indovina.

Chi vince da fezzo, empie il sacchetto.

Chi dà vantaggio perde.

Treppo [Giuoco] lungo bagna l’occhio.

Chi mette pegno, e non fa cò, pare un matto, e perde il so.

Chi stà a vedere, ha i due terzi del giuoco.

Dove si giuoca, ivi il demonio si trastulla.

E’ [Ei=Egli] si giucherebbe la sua parte del sole, ò la camicia, ò la capellina de gli occhi.

Egli hà l’asso nel ventriglio (Si dice d’uno, che starebbe dalla mattina alla sera su’l giuoco)

E’ nacque con le carte in mano.

Egli hà l’osso nel belico.

Lo voglio, se ci andasse il collo, o la cà coi coppi.

Egli ha cegnata la mula (Si dice d’uno, che ha buono nel giuoco)

I buoni giuocatori ne fanno trè. (De’ falli)

Il diavolo hà parte nel giuoco.

Chi mal tira, ben paga.

Il primo si dà a i putti (Dicono i giucatori, quando perdono il primo giuoco)

Il giucar largo anzi, che stretto fu sempre più sicuro.

Si giuca, per vincere.

Chi giuca a trionfini 4 perde la pazienza e i quattrini.

Chi dà vantaggio, perde.

Tanto caca un bue quant’una vacca (Si dice, quando uno havendo vinto in più volte una certa quantità di danari, gli perde poi tutti in una volta)

Vi giucherei la madre d’un gallo.

Non si può vincer sempre.

E bisogna far da bravo (Metter mano alla borsa, così dicono i giucatori, quando hanno perduti tutti i danari, c’havean davanti)

La bocca, ò la lingua è quella, che fa il giuoco.

Giucar a scarica l’asino (Addossar a un’altro, quel carico, che era stato imposto sopra le sue spalle)

 

Alle Voci Dappoco Minacce, e suo contrario, troviamo due proverbi che prendono spunto dai Trionfi, siano essi i Trionfi dei Tarocchi oppure le briscole delle carte numerali e di corte 5.

 

Voce Dappoco

 

Lasciarsi morir i trionfi in mano 6 [Ovvero non approfittarsi del momento e di quanto di vantaggio si possiede per poter ottenere il risultato desiderato]

 

Voce Minacce, e suo contrario

 

Guarda, che non trionfi bastoni 7 [Vale a dire: far attenzione alle conseguenze, per non prendere poi bastonate]

 

Un proverbio dove appaiono i tarocchi si trova sotto la voce Ozio:

 

Egli è trà loro, come il matto ne’ tarocchi [Riferimento a persona che, sempre oziando, non serve a nulla. Infatti, riguardo l’aspetto ludico occorre dire che la carta del Matto può valere tutto oppure niente: non ha potere di presa e non può vincere sulle altre carte. A questa sua seconda accezione si riferisce il proverbio].

 

Prenderemo ora in considerazione i proverbi relativi alla Voce Pazzia, pazzo, 8 riportando quelli che maggiormente risultano in sintonia con il simbolismo del Matto (Pazzo), carta senza numero dei Trionfi dei tarocchi e con la sua iconografia 9.

 

A pazzi, & a fanciulli non si vuol prometter nulla.

Chi non crede esser matto, è matto spacciato.

Dio aiuta i fanciulli, e i pazzi.

È più matto, ch’un granchio, che porta il cervel nella scarsella.

Più pazzo ch’un can da rete.

Il suo mal è nel capo, non nelle natiche.

Datemi due soldi, chè ho il matto.

La prima parte del pazzo, è tenersi savio.

E’ vi son de’ matti savi, e de’ savi matti.

Il primo grado di pazzia è tenersi savio; il secondo farne professione, il terzo sprezzar il consiglio.

Pazzi, e buffoni han pari libertà nel parlare.

I pazzi, e i fanciulli posson dir, quel che voglion.

 

Passiamo ora a due proverbi riguardanti il Bagatto - dalla parola ‘bagattino’, moneta veneziana di modestissimo valore 10 - nella sua accezione di persona di nessun pregio, di infima qualità 11.

 

Non ti stimo un bagattino.

Quattuor obolis non te æstimo [Non ti stimo valere neppure quattro soldi]

 

Ne beze, nè bagattino

Ne nummus quidem plumbeus [Nemmeno una moneta di piombo (cioè, falsa)]

 

Egli hà il mondo, e 'l matto, e 'l bagatella

cioé Egli hà tutto quello, che si puo avere. Tratto dal giuoco de' germini, ò de tarocchi 12.

 

Egli hà il mondo e la tromba

Lo stesso [di sopra] 13

 

Doppò il fatto ogn'uno è savio 14

Malo accepto stultus sapit [Dopo una sventura lo stolto si rende conto]

 

Ovvero “Del senno di poi ne son ripiene le fosse”: che si dice a coloro, che, dopo 'l fatto dicono quel, che si doveva, o poteva far prima. Lat. post facta Prometheus, serò sapiunt Phryges (15).

 

Riporteremo ora un proverbio che riassume la saggezza dell’autore e del suo secolo:

 

"Guardati da Alchimista povero, da medico ammalato, da subita collera, da matto attizzato, da huomo deliberato, da femmina disperata, da odio di signori, da compagnia di traditori, da huomo che non parla, da can, che non abbaia, da giuocar danari, da praticar con ladri da osteria nuova, da puttana vecchia, da far question di notte, da lunga via, da opinion di giudici, da dubitatiò di medici, da recipe di speciali, da cetera di notai, da malizia di donne, da lacrime di puttane, da bugie di mercanti, da ladri di casa, da nemico vecchio, da serva ritornata, e da furor di popolo" 16.

 

Concludiamo riportando altri proverbi dall’edizione originale del volume Proverbi Italiani del Pescetti pubblicato nel 1598 17.

 

Dar le carte alla scoperta

fig. Dir liberamente, e senza alcun riguardo il suo 18

 

La cosa è ita a monte

S’è messa da parte. Metafora presa da giuocatori, de’ quali è proprio metter le carte à monte 19.

 

Tu me l’hai tolta della mano

Tratto da i giuocatori, che qualche volta perdono il giuoco della mano. E la mano si dice aver colui, quale si dan prima le carte, ò che è il primo a tirar dadi. 20

 

Non si possono sforzare le carte

Non si può andar contro la sorte 21

 

Egli m’ha per le due coppe

Per buona da niente. Le due coppe sono una delle peggiori carte del mazzo 22

 

Voi mi scambiate le carte in mano

cioè, Voi me scambiate una in un’altra cosa 23

 

Non giouchi à carte chi non ha ventura

Chi è perseguitato dalla fortuna è meglio che si astenga dal giocare a carte [n.d.c.]  24 

 

e’ nacque con le carte in mano, e’ sta in su’ l giuoco dalla mattina alla sera.

Dicesi dei fanulloni per carattere [n.d.c.] 25

 

Note

 

1. Proverbi Italiani. Raccolti e ridotti sotto à certi capi[toli], e luoghi communi per ordine d’alfabeto Da Orlando Pascetti, In Venezia, Appresso Lucio Spineda, 1603.

2. Proverbi Italiani e Latini. Per uso de’ Fanciulli che imparano Grammatica. Raccolti... Da Orlando Pescetti, In Venetia, Appresso Lucio Spineda, 1603.

3. Proverbi Italiani, cit., cc. 112r-114v.

4. Si veda Trionfi, Trionfini e Trionfetti.

5. Si rimanda per maggiore comprensione al saggio di cui alla nota precedente.

6. Proverbi Italiani, cit., c. 69v.

7. Ibidem, c. 156r.

8. Ibidem, cc. 186r-188v.

9. Si veda al riguardo Il Matto (Il Folle)

10. Si veda Il Bagattino fra storia e letteratura

11. Si veda Il Bagatto

12. Proverbi Italiani Raccolti per Orlando Pescetti, In Verona, Presso Girolamo Discepolo, MDXCVIII. [1598], p. 188. 

13. Idem

14. Proverbi Italiani e Latini Per uso de i Fanciulli che imparano Grammatica. Raccolti da Orlando Pescetti, In Venetia, et in Bassano, Per Gio: Antonio Remondini, 1603, p. 87.

15. Voce Senno in “Vocabolario degli Accademici della Crusca”. Impressione Napoletana secondo l’ultima di Firenze, Tomo IV, Nella Stamperia di Giovanni Di Simone, MDCCXLVII. [1747], p. 275.

16.  Proverbi Italiani e Latini Per uso de i Fanciulli..., Ediz. Remondini, cit., pp. 157-158

17. Proverbi Italiani Raccolti per Orlando Pescetti, In Verona, Presso Girolamo Discepolo, MDXCVIII [1598]. 

18. Ibidem, p. 35.

19. Ibidem, p. 195

20. Ibidem, p. 475.

21. Ibidem, p. 189.

22. Ibidem, p. 378.

23. Ibidem, p. 213.

24. Ibidem, p. 95.

25. Ibidem, p. 56.

 

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