Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

Tarocchi "di nuova invenzione"

Nella 'Piazza Universale' di Tomaso Garzoni da Bagnacavallo - 1585

 

Andrea Vitali, dicembre 2018

 

 

Prima di introdurre la nostra disamina sull’argomento, ricordiamo che il gioco composto da 22 carte trionfali e 56 carte fra numerali e di corte, per tutto il Quattrocento venne chiamato Ludus Triumphorum mentre dal Cinquecento in poi divenne il Ludus Tarochorum, con regole evidentemente diverse, altrimenti non avrebbe avuto senso il cambiamento di nome. Il Ludus Triumphorum divenne invece il gioco della briscola, così come lo conosciamo oggi, formato esclusivamente dalle sole carte numerali e di corte 1.

 

Tomaso Garzoni da Bagnacavallo (1549-1589) parlando di diversi giochi nella sua opera La Piazza Universale di tutte le professioni del mondo pubblicata nel 1585, nel menzionare i tarocchi fece riferimento a quanto avrebbe scritto Francesco Maffei detto il Volterrano o Volaterrano dalla sua città d’origine cioè Volterra, per il quale si trattava di un gioco di ‘nuova invenzione’.

 

La frase è riportata dal Garzoni al Capitolo De’ Giocatori in Universale, et in particolare dove dopo aver compiuto una disamina sui giochi in cui si cimentavano gli antichi, viene a trattare di quelli del suo tempo e fra questi i tarocchi sui quali scrive: “Alcuni altri sono giuochi da taverne, come la mora, le piastrelle, le chiavi, e le carte, ò communi, ò Tarocchi, di nuova invenzione, secondo il Volterrano: ove si vedono danari, coppe, spade, bastoni, dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due, l’Asso, il Re, la Reina, il Cavallo, il Fante, il Mondo, La Giustitia, l’Angelo, il Sole, la Luna, la Stella, il Fuoco, il Diavolo, la Morte, l’Impiccato, il Vecchio, la Ruota, la Fortezza, l’Amore, il Carro, la Temperanza, il Papa, la Papessa, l’Imperatore, l’Imperatrice, il Bagatella, il Matto 1; e con le carte fine i cuori, i fiori, e le picche; dove si gioca à tarocchi, à primiera, a gilè col bresciano buscando una da quaranta almen per volta, à trionfitti, à trappola, à flusso, à flussata, alla bassetta, à cricca, al trenta, al quaranta, à minoretto, al trenta un per forza, ò per amore, à Raus, alla carta del mercante, all’andar à pisciare, à cede bonis, all’herbette, à sequentia, à chiamare, à tre, due, asso, à dar cartaccia, à banco fallito, & altri simili” 2.

 

Parlando quindi delle carte, sia di quelle comuni cioè dei mazzi composti dalle sole carte numerali e di corte sia di tarocchi che contemplavano in più 22 Trionfi, il Garzoni in riferimento a questi ultimi citando quanto il Volterrano avrebbe scritto al riguardo e cioè “di nuova invenzione”, dimostra di non conoscere a fondo il periodo in cui il nuovo gioco venne inventato dovendosi affidare per la spiegazione temporale ad altro personaggio. Non c’è da stupirsi: il Garzoni nella sua Piazza Universale discorre di ogni attività lavorativa e sarebbe impensabile che conoscesse ogni aspetto di queste, tanto che per parlare di tarocchi si affida a quanto aveva espresso il Maffei in una sua opera senza tuttavia citarne il titolo.

 

A questo punto occorre conoscere il significato “di nuova invenzione”, ovvero quanto tempo prima di tale attribuzione l’oggetto poteva aver fatto la sua apparizione e lo faremo riportando ciò che abbiamo scritto al riguardo nel nostro saggio Il Principe: «Secondo la congettura storica riguardante la pratica d'uso si deve far risalire la creazione di un oggetto complesso a un periodo precedente non inferiore ai venti/venticinque anni. Un solo esempio sarà sufficiente: dalla prof. Chiara Frugoni veniamo informati che gli occhiali furono ideati intorno all’anno 1285 per il fatto che il domenicano Giordano da Pisa, o un suo compagno frate, in occasione di una predica tenuta a Firenze in Santa Maria Novella nel 1305, li cita come risalenti a circa venti anni prima: “Non è ancora venti anni che si trovò l’arte di fare gli occhiali, che fanno vedere bene; ch’è una de le migliori arti e de le più necessarie che ‘l mondo abbia, e è così poco che si trovò: arte novella, che mai non fu. E disse il lettore: io vidi colui che prima la trovò e fece, e favellaigli”» 3. Quindi non solo il buon domenicano comunicò in occasione della predica che gli occhiali, ancora sconosciuti a Firenze, erano stati inventati circa venti anni prima, ma asserì anche che la loro creazione era avvenuta da pochissimo tempo. Un’affermazione che suggerisce che per gli uomini di quell’epoca venti anni dovevano essere considerati un periodo di tempo breve e che si trattava quindi di un’invenzione recente.

 

Diversi amici storici dei tarocchi nell’apprendere che il Garzoni, sulla scia del Volterrano, aveva citato i tarocchi come un gioco di carte “di nuova invenzione”, dichiararono che all’epoca della pubblicazione del suo libro, cioè il 1585, tale asserzione non aveva senso dato che i tarocchi erano conosciuti già da molti anni. Per noi la acquisisce invece nel momento in cui il Garzoni attribuisce quella frase al Volterrano. Ne vedremo il motivo.

 

Si è ipotizzato che il Garzoni abbia desunto tale affermazione dal volume Commentariorum Urbanorum XXXVIII libri pubblicato nel 1506 al Capitolo 'De ludo diverso quo summi viri quandoque occupati fuerunt' (Sul diverso gioco in cui grandi uomini ogniqualvolta furono occupati) dove in effetti i nomi dei Trionfi riportati dal Garzoni coincidono con l’elenco presente nel volume del Volterrano. Ma in realtà la frase attribuita al Maffei di ‘nuova invenzione’ riportata dal Garzoni in quel Capitolo non si trova. La prima cosa che gli storici si sono chiesti è se fosse stata presente in un altro volume, ma poiché in base alle ricerche compiute da Robert Steele sull’intera produzione libraria del Volterrano quella frase sembrerebbe non esistere, da parte nostra si è reso necessario individuare il nesso che collega la frase “di nuova invenzione” del Garzoni con quanto avrebbe scritto il Volterrano. Innanzitutto, poiché il Garzoni non scrisse di averla desunta da un particolare testo del Maffei, è forse possibile che la frase si trovasse in un'opera del Volterrano non sopravvissuta in cui l’autore riportò quanto aveva scritto nel Commentariorum Urbanorum sui tarocchi.Un’ulteriore ipotesi potrebbe essere riconducibile a una edizione dello stesso Commentario stampata in pochissime copie, poi rivista dall’autore. Ma altre soluzioni potrebbero essere possibili 4. Tali ipotesi, non prese in considerazione da nessun storico, avrebbero dovuto a maggior ragione essere considerate se si fosse valutata la data dell'opera del Volterrano, il 1506, compatibile con il nuovo gioco del Ludus Tarochorum.

 

Il Prof. Michael Dummett, docente di logica formale alla Oxford University, e autore di svariate opere monumentali sulla storia dei tarocchi, individuò il seguente nesso:

 

“La spiegazione sembra essere che Garzoni intendesse dire che le carte da gioco in generale erano un'invenzione recente, alludendo con ciò all'osservazione del Maffei “Chartarum vero & sortium & divinationis ludi priscis additi sunt ab avaris ac perditis inventi" (Ai giochi antichi sono stati aggiunti quelli delle carte e del fato e di divinazione, inventati da uomini avidi e dissoluti'). Questa osservazione si trova nella sezione "De ludo diverso quo summi viri quandoque occupati fuerunt" [Sul diverso gioco in cui grandi uomini ogniqualvolta furono occupati] del libro XXIX della Commentaria Urbana (p. 421 verso nell’edizione di Roma, 1506; p. 313 verso nell’edizione di Parigi, 1511, e p. 694 nell’edizione di Basilea, 1559; la seconda di carattere tipografico, presente nelle edizioni 1506 e 1511, è mancante rispetto a quella del 1559). Maffei intende trasmettere con questa osservazione che i giochi a cui si riferisce non vennero giocati in tempi classici. Garzoni, quindi, non lo ha citato a sostegno di alcuna tesi secondo cui i tarocchi fossero di recente invenzione, ma solo per dire che le carte da gioco sono di origine moderna, contrariamente all’antico".

 

Questo il testo originale dello studioso inglese:

 

“The explanation appears to be that Garzoni meant that playing cards in general were a recent invention, and that he was alluding to the remark by Maffei that 'Chartarum vero & sortium & divinationis ludi priscis additi sunt ab avaris ac perditis inventi' ('To the ancient games have been added those of cards and of lots and of divination, invented by covetous and dissolute men'). This remark occurs in the section 'De ludo diverso quo summi viri quandoque occupati fuerunt' of book XXIX of the Commentaria Urbana (p. 421 verso of the Rome, 1506, edition, p. 313 verso of the Paris, 1511, edition, and p. 694 of the Basle, 1559, edition; the second ampersand, present in the 1506 and 1511 editions, is missing from that of 1559). Maffei is meaning to convey by this observation no more than that the games he is referring to were not played in classical times. Garzoni was not, therefore, quoting him in support of any thesis that tarocchi were of recent invention, only as saying that playing cards are of modern, as opposed to ancient, origin” 5.  

 

Dummett, nel sostenere ciò, sottolinea come impossibile che i tarocchi fossero di nuova invenzione dato che esistevano da più di cent’anni dalla pubblicazione del Garzoni e da almeno una quindicina dal 1451 ovvero la data di nascita del Maffei. Per questo motivo interpreta la frase “di nuova invenzione” riferendola al gioco delle carte in generale e non nello specifico ai tarocchi, valutando come nell’antichità il gioco delle carte non fosse contemplato, differentemente dal tempo in cui il Garzoni pubblicò la sua opera.

 

Intanto come prima cosa occorre osservare la struttura della frase di interesse che potrebbe, attraverso l’inserimento delle virgole, avvalorare in effetti la tesi di Dummett: “[…] e le carte, ò communi, ò Tarocchi, di nuova invenzione, secondo il Volterrano”. 

 

Il libro del Maffei uscì nel 1506 dopo che il quattrocentesco Ludus Triumphorum ovvero il gioco dei Trionfi venne sostituito dal Ludus Tarochorum, il gioco dei Tarocchi. Poiché il primo documento fino a oggi conosciuto che parla del nuovo gioco è datato al 1502 in Brescia 6, è ovvio supporre che tale cambiamento doveva essere avvenuto anni prima e non repentinamente, ovvero, assecondando come vedremo il principio storiografico della pratica d’uso sopra espresso, è possibile ipotizzare che i due giochi per qualche tempo convivessero assieme, e che quello dei tarocchi avesse preso il sopravvento nel tempo stabilizzandosi presso la corte estense nel 1505.

 

Quindi, l’espressione “di nuova invenzione” del Volterrano riferita ai soli tarocchi ha un preciso senso temporale, in quanto quel gioco, rispetto alla data di pubblicazione dell’opera del Maffei, risalirebbe a circa una ventina d’anni prima, periodo di tempo considerato dagli uomini di allora coerente con quell’espressione. In ogni modo, nell'affermare la presenza di quelle carte ai primi del Quattrocento, Dummett si riferì al gioco dei tarocchi mentre avrebbe dovuto far riferimento al gioco dei Trionfi. Scrive infatti che: “i mazzi di tarocchi esistevano centocinquant’anni da quando il Garzoni scrisse e da una almeno una quindicina dalla nascita del Maffei” (the Tarot pack had existed for a hundred and fifty years when Garzoni was writing, and for at least fifteen when Maffei was born) 7, il che ovviamente è un errore, poiché quelle carte, in base alla pratica d’uso sopra descritta, assunsero il nome di Tarocchi solo verso la seconda metà del sec. XV.

 

Dummett pubblicò questa sua teoria nel 1980, epoca in cui la distinzione fra i due tipi di gioco e di nome non era stata ancora scoperta. Siamo dolenti che Dummett ci abbia lasciato, poiché sarebbe stato di estremo interesse conoscere la sua valutazione se avesse conosciuto la differenza fra i due Ludus e la data in cui il Ludus Triumphorum mutò in Ludus Tarochorum 8

 

Note

 

1. Si veda Trionfi, Trionfini e Trionfetti

2. Nostra edizione di riferimento: La Piazza Universale di tutte le Professioni del Mondo, e Nobili et Ignobili. Nuovamente formata e posta in luce da Tomaso Garzoni da Bagnacavallo, In Venetia, Appresso Gio. Battista Somasco, MDLXXXVI [1586], p. 574. Uno storico del Seicento che riportò la frase citata dal Volterrano stilando un elenco di Trionfi copiato pressoché pedissequamente da quest’ultimo fu Andreas Senftleben che nel De Alea Veterum (Lipsia, 1667) scrive al Cap. XVIII: “De nova etiam Chartarum invenzione Volateranus ait, quod in illis scriptæ sint (Sulla nuova invenzione tuttora di carte, disse il Volterrano, che in esse siano scritte) Monetæ, Scyphi, Gladii, Caducei, X, IX, VIII, VII, VI, V, IV, III, [II mancante], I, Rex, Regina, Eques, Viator pedestris, Mundus, Justitia, Angelus, Sol, Luna, Stella, Ignis, Diabolus, Mors, Patibulum, Senex, Rota Fortunæ, Propugnaculum  [Invece di attribuire a questo Trionfo il nome della virtù della Forza l'autore commette un errore identificandolo come una struttura fisica, cioè una fortezza], Amor, Currus, Temperantia, Summus pontifex, Papissa, Imperator, Imperatrix, Minimus & denique Stultus” (pp. 237-238).

3. Chiara Frugoni, Medioevo sul naso. Occhiali, bottoni e altre invenzioni medievali, Roma, Laterza, 2001, Cap. I p. 3. Cfr. Giordano da Pisa, Quaresimale fiorentino 1305-1306, edizione critica a cura di C. Delcorno, Sansoni, Firenze, 1974, Predica XV (23 febbraio 1305), p. 75.

4.  Poiché anche il Lacroix nel Paragrafo: Cartes à jouer, in “Le moyen âge et la renaissance” (Vol. II, Parigi, 1849) riportò l’espressione citata dal Volterrano dichiarando di averla letta nei Commentari, la sua asserzione si configura come un’ulteriore testimonianza che avvalora la presenza reale di quella frase.

5. Michael Dummett, The Game of Tarot, Londra, Duckworth, 1980, p. 389.

6. La parola tarocho si trova nella Barzelletta Nuova qual tratta del giuoco, dal qual ne viene insuportabili vitii, a chi seguita ditto stile, gionge a increpabil morte, Brescia, Bernardino Misinta, s.d., [c. 1502]. La scoperta di questo documento si deve a Thierry Depaulis che ne fece ampia disamina nel giornale della Playing- Card: «Entre farsa et barzelletta: jeux de cartes italiens autour de 1500», The Playing-Card, vol. 37, no. 2, Ott.-Dic. 2008, pp. 89-102. Un secondo documento è un registro di conti della corte estense relativo al secondo semestre 1505, in una annotazione datata al 30 giugno per ricomparire poi una seconda volta nello stesso registro al 26 dicembre.

7. The Game of Tarot, cit., p. 389.

8. A proposito di opere perdute, in campo musicale si stanno scoprendo oggi manoscritti di autori famosi del Cinque, Sei e Settecento di cui non si conosceva assolutamente l'esistenza. Ma non solo, dato che alcuni manoscritti di una stessa opera divergono fra loro in diversi punti pur essendo state composte da un medesimo autore. Stessa situazione per molte opere letterarie. 

 

Copyright Andrea Vitali © Tutti i diritti riservati 2018