Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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SaToR o TaRoT

Quadrati magici, giochi “cosmici”

 

Di Giuseppe Maria Silvio Ierace



Un quadrato, strettamente connesso a quelli “magici”, contenente però, invece di numeri, cinque parole di cinque grafemi, nell’insieme lette come un palindromo, è il  Sator-Arepo-Tenet-Opera-Rotas, di cui i più antichi, autentici, esemplari sono stati trovati sia tra gli scavi della campana Pompei (villa di Pasquius Proculus, per esempio) che dell’antica colonia romana sull'Eufrate (300-256 a.C.), la siriana Dura Europos (dove compare cinque volte). La formula riprodotta in alfabeto greco, copto, ed etiope non avrebbe però preso piede, almeno apparentemente, sino al sesto secolo dell’era cristiana.


Arepo


Le cinque parole possono essere lette verticalmente, in ambedue le direzioni, dall’alto verso il basso e viceversa, altrettanto bene che orizzontalmente, da sinistra verso destra e a ritroso. La traduzione letterale della formula Sator-arepo che tradizionalmente viene fornita corrisponde a: “il seminatore Arepo trattiene forzatamente le ruote”.


Il termine Arepo è un hapax legomenon, in quanto ricorre una sola volta in letteratura, pertanto  non viene tradotto e quindi assunto come nome di persona quasi a identificare il seminatore Sator.. Molto probabilmente di derivazione non latina, Arepo potrebbe anche essere stato “inventato” di sana pianta per meglio adattarsi alla formula palindroma della sentenza, essendo l’inverso di “Opera”. E questo per l’intrinseca enigmaticità propria della parola che non appare in nessun’altro testo letterario del latino classico (appunto hapax legomenon).


Alcuni vi hanno intravisto una formula allusiva alla divinità egizia Apis. Jérôme Carcopino (1881- 1970) suggerì un’origine celtica, e precisamente gallica, relativa al termine tardo impiegato per designare l’aratro. In tal caso, la frase andrebbe intesa: “il seminatore tiene l’aratro, il lavoro le ruote”.


La mediazione bizantina


Una lettura ebraica (e “cabalistica”) sottintende uno stretto legame tra il quadrato alfabetico e quello, “magico” per antonomasia, di provenienza pitagorica, composto di cifre numeriche, la cui diffusione sarebbe stata successiva, intorno al III-IV secolo della nostra era, proprio grazie al siriano  Giamblico, per affermarsi successivamente nel medioevo inoltrato, e nel Rinascimento. La suggestione proviene da un trattato bizantino che si sofferma su esempi di tali quadrati a base cinque, da considerare quale emanazione di quel pitagorismo, fiorito proprio nel meridione della penisola, e utilizzato a Pompei per codificare, giusto nella scanalatura di una colonna della Grande Palestra, accanto all’Anfiteatro, quel celebre graffito, e poi, attraverso la mediazione bizantina pervenutaci, convertire lettere in cifre.


Il segno OTOT


Il modello bizantino Topot- Aerea- Rsnsr è palindromo, ma solo in una direzione, esclusivamente in quella di una lettura orizzontale. In ogni caso, viene rispettata la perfetta simmetria intorno alla N centrale (quel noun che in aramaico indica il “pesce”); nel secondo e quarto rigo si legge due volte Ara, altare (di bronzo, per Giosuè, simbolo della presenza divina durante l’esilio, in Ex 27,1-2; 2 Ch 6; Jos 22,28-29); il sottostante Rsnsr va anagrammato in Serpens (serpente – sempre - di bronzo, brandito da Mosè per scongiurare il male e salvare il suo popolo, in Nb 21,6-9); il Tenet posto, in questo caso, solo in diagonale ricorda l’immunità assicurata a chi si “aggrappa ai corni dell'altare”, come nel caso di Adonia (1R 1,50); e infine i quattro Ot che richiudono il quadrato (e i “corni” dell’altare), sono la trascrizione del “segno” per eccellenza: quella T corrispondente all’ebraico Taw, a consacrazione degli angoli e quale sigillo divino che lo stesso haShem (Adonai) ha ordinato di imprimere sulla fronte dei giusti (Ez 9,4).


L’epigrafe, Sautran Vale, sottostante, nella formulazione della palestra di Pompei, rafforza soprattutto l’idea di nascondimento e richiesta di protezione occulta, implicite nelle lettere STR di Sautranus- Saturanus- Saturnus- Sator.


SatanAdamaTabat


Altre possibili traduzioni interpretative sono proposte, a seconda delle più o meno ragionevoli combinazioni associative a cui si è fatto ricorso, di tipo ludico o apotropaico, giochi di parole, evocazioni di spiriti o persino sataniche congiure, quale può essere la trasformazione in Satan Adama Tabat Amada Natas, attribuita alle iniziazioni dei cavalieri dell’Ordine del Tempio  (OT), soppresso nel 1314.


I Quattro Evangelisti


Sul pavimento museale, risalente all’undicesimo secolo, della chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni Decollato di Pieve Terzagni (CR), vicino Cremona, questa griglia è stata inserita al centro dell’iconografia degli evangelisti (in senso orario: Matteo, Giovanni, Luca, Marco) con altre due forme animali (tra cui una alata, tipo grifone, e un felino che tiene la testa china in segno di sottomissione), una umana e un’altra geometrica, difficilmente riconoscibili però come segni zodiacali, rappresentazioni alchemiche, o riferimenti numerologici, cabalistici o religiosi in genere. Il diacono Stefano, presumibile committente del mosaico, è situato tra due colonne, un arco e sei croci greche, mentre i temi “profani” sembrano ispirati al bestiario medievale, con dei lupi, un cervo, un gallo, e una sirena bicaudata, la quale nel volto (come avviene in quello del diacono Stefano), presenta alcuni inserti di tessere musive colorate, mentre le altre figure sono contornate di nero, in contrasto con il fondo bianco.


La filosofia stoica


L’interpretazione è nient’affatto semplice, data anche la difficoltà di decidere, per esempio, se il significato vada letto “dentro”, e meditato, oppure estratto “fuori” dal quadrato inteso dunque quale cifrario alfanumerico. Numerosi ricercatori ed esoteristi sarebbero dell’avviso che la formula, nonostante le forti suggestioni, non abbia attinenze né con la tradizione ebraica e tanto meno con la religione cristiana, ma che possa piuttosto trarre le sue origini dalla filosofia impartita dal fenicio cipriota Zenone di Cizio nella zona del portico affrescato (Stoà Poikìle) dell'agorà di Atene, argomentazione questa basata sostanzialmente sulla posizione, il ruolo e il significato, “centrale”, di quel verbo Tenet, intorno al quale probabilmente le altre parole sarebbero state cercate o “costruite” apposta, in quanto forzatamente richieste al fine di poter rendere la frase palindroma. Per cui, dal Tenet che funge da “chiave” possiamo dedurre il significato di un dio creatore (Sator), e detentore di potenza, che “controlla” (tenet) tutta la sua “opera”, e così la lega al fenomeno delle corrispondenze magiche tra le cose (rotas) e della sottile simpatia intercorrente tra ciò che appartiene al micro e al macrocosmo.


RepeNepeR


Ma il quadrato Sator/Rotas andrebbe visto pure come una sorta di puzzle alfanumerico, intuitivamente strutturato sia in senso mnemotecnico sia per aiutare l’attivazione delle funzioni dell’emisfero cerebrale destro, mediante quel vortice centrale (RepenepeR), che riproduce sostanzialmente una svastica, ricomposto poi nel X arcano dei Tarocchi (Ruota della Fortuna), ma che potremmo, in precedenza, ricondurre anche alla misterica E di Delfi, oppure alle croci zodiacali caldee, ecc.


Svastica


La svastica deriva da un semplice “incrocio”, simile al Tau, che con la Y rammenta l’albero (della vita, della conoscenza), ed era, nella vallata dell’Indo da cui proviene, una specie di portafortuna, simbolo apotropaico beneaugurante dunque, procacciatore di benessere e di auspici favorevoli. Alla stregua della “stella” di David e del “nodo” di Salomone, di estrazione africana, che ripropongono un analogo sistema iconografico.


La cosiddetta “croce” di santa Brigida d’Irlanda è un retaggio di età neolitica per raffigurare il ritmo stagionale. Si ottiene legando insieme dei giunchi o della paglia, e per questo tutti e quattro i bracci sono su livelli diversi. Veniva appesa alle porte a protezione del focolare e della casa. Intersecato al cerchio ruotante, come nel mulino, rimanda al movimento del sole ed è la tipica espressione che più caratterizza la simbologia celtica.


La N del Tenet, o del Repeneper-Perenerep, costituirebbe quel punto fermo del mondo rotante, menzionato da Thomas Stearns Eliot (1888-1965), nei Four Quartets (1943). Gli osservatori devono imporre ai propri sensi di ignorare qualsiasi altra cosa stia avvenendo nell’ambiente circostante, facendo resistenza all’impulso di lasciare che la loro attenzione si faccia distrarre, saltando disordinatamente da uno stimolo all’altro, grazie all’attivazione sincronizzata dei neuroni della corteccia prefrontale, in grado di mantenere (tenet) quel “controllo” dell’attenzione imposto dall’alto da parte del cervello.


Lectio divina


Il tipo di lettura, definita “sacra”, e perciò chiamata lectio divina, praticata dai primi cristiani, non si limitava soltanto alla comprensione approfondita, ma si produceva in una forma di meditazione, considerata la maniera più idonea per avvicinarsi al divino. Il vescovo medievale Isacco di Siria così racconta la sua esperienza meditativa suggerita dalla contemplazione di immagini: “come in un sogno entro in uno stato in cui sensi e pensieri si concentrano. Allora, quando con il prolungarsi del silenzio il turbine dei ricordi stilla dal mio cuore, incessanti onde di gioia mi giungono dai pensieri reconditi, sorgendo inaspettati e improvvisi a deliziarmi il cuore”.


Filosofia neoplatonica e magia delle corrispondenze


Il SatorRotas è un quadrato magico (5 × 5), incomprensibile forse per chi non è avvezzo alla filosofia neoplatonica, denominatore comune condiviso tra tutte le credenze  spiritualiste e alchemiche in quelle particolari intersezioni che si verificano tra eventi, luoghi, esperienze, persone, e, come nei frattali, ne ripetono un’unitaria struttura, all’origine costitutiva dell’interezza del tutto.


Come sopra così sotto


Per prima cosa, occorre considerare che croci uncinate, ruote, vortici e spirali sono archetipi universali, altrettanto validi per l’infinitamente piccolo, e quindi la vibrazione degli elettroni, come per il macrocosmo, ovvero le orbite degli astri, la precessione degli equinozi, insomma “Come sopra così sotto”.


Perpetuum mobile


Il quadrato magico del 5x5 potrebbe essere una “chiave” per interpretare intuitivamente tutti quei modelli di rappresentazione del movimento, nel tempo o nello spazio, quale la gravità, o la radiazione, a fondamento del mistero ultimo della natura e della vita.


Come la spirale si riconnette alla conchiglia, e questa al principio femminile, una correlazione tra la lettera dell’alfabeto ebraico nun (aramaico noun) e la fonte originaria di vita acquatica ci viene suggerita da questo segno grafico (N) quale immagine dell’anguilla che si dimena. Lo stesso varrebbe per la zeta che ricorda il baluginio della luce, il lampo o lo “zig zag”. Ideogramma dell’acqua nei geroglifici egizi per la rappresentazione delle onde di superficie, viene assunto, raddoppiato, come ci rammenta il filologo etimologista Hensleigh Wedgwood (1803-1891), nel suo On the origin of language (1866), quale icona del segno zodiacale corrispondente.


Kundalini


Sempre al principio acquatico, lunare, si riconducono le figure della nave (che figurativamente, per traslazione, solca l’onde, come l’aratro, Arepo, il campo), e quella del pesce (Noun), anguilla, serpente (Serpens).


Quest’ultimo, come l’uovo, era dapprima un arcaico simbolo solare. Giobbe (XXVI 13, 14) lo dice nato curvilineo direttamente dalle mani del Creatore e Luca (X, 18) ne parla come di un fulmine caduto dal cielo. Il serpente (Kundalini) risveglia la forza solare dormiente nei centri nervosi (Chakras) anche quando tenta la progenitrice dall’albero della conoscenza e della vita.


Essendo sinonimi sole e fuoco, la S si affianca due volte al segno femminile U a significare la matrice del fuoco cosmico, con la seconda esse rivoltata in posizione simmetrica (tipo SUZ). La duplice esse è interscambiabile con la doppia zeta per simboleggiare la discesa e la presenza dello Spirito Santo. Con l’antica parola suz si chiamava il sole e la somiglianza tra questa scrittura e il serpente era ideograficamente nota agli egizi, tanto da raffigurare il disco solare all’interno di due serpenti simmetrici, cioè con la seconda esse invertita in una zeta curvilinea.


La grafia del suz si è poi evoluta nell’iconografia femminile della Grande Madre, pertanto nella M che può annodarsi al suo omologo inverso W, come nell’acrostico dell’AUM.


Nel caso delle lettere M e W, ci troviamo di fronte alla medesima forma che, a seconda di come si posiziona, indica una lettera e un suono differenti; lo stesso vale per la vocale E che, invertita, diviene il numero 3, mentre quell’unica N centrale del quadrato del TeNeT, in base a come viene ruotata, si trasforma in numeri romani, IV e VI, o nella cifra araba del 2, e nel suo riflesso 5, che a sua volta può essere alfabeticamente letto S, oppure in un’altra lettera latina, la Zeta, sommandosi con la quale forma una croce uncinata o svastica.


“Mneme”


Il disco, cosiddetto Mneme, di Samarra (Iraq), risalente quasi al 5000 a. C. presenta al suo centro una enne incrociata alla zeta, a mo’ di svastica, intorno alla quale quattro volatili, con becco, capo e collo, formano un unico ideogramma che può leggersi due volte come le due lettere differenti M ed E. La sostituzione del TeNeT del Sator con la zeta ed enne incrociate fornisce maggiormente l’idea della circolarità del tempo, e inserita, nello stesso momento, in un contesto di altre indifferenziate lettere M ed E, simula (mimesi) un invito (“memento”) a “ricordarsi di ricordare”, quasi in una sorta di nemesi.


Nella mitologia greca,  Mneme era l’appellativo di una delle tre muse originarie della Beozia, per la precisione quella della memoria, le cui due sorelle si chiamavano Aoide e Melete. Ovviamente, l’evoluzione del modello M, N (Z) ed E trae origini ben più lontane e non è per niente facile seguirlo, anche se le forti suggestioni interpretative sembrano incastrarsi senza sforzo, e senza neppure tener conto dei valori fonetici o dell’evoluzione linguistica.


La ceramica di Samarra


Samarra è uno dei più importanti siti preistorici dell’antica Mesopotamia, distante meno di un centinaio di km a nord dall’odierna Baghdad, e uno dei primi in cui la lavorazione dell’argilla finalizzata alla fabbricazione delle ceramiche, caratterizzate da un color marrone camoscio, venisse eseguita al classico tornio da vasaio. Molte delle decorazioni si riducono a motivi geometrici degli stili tardo preistorici, continuamente riproposti, e che culmineranno poi nella policromia dei piatti Halaf, la cultura sviluppatasi tra il VI e il V millennio a.C.


Il simbolo della svastica (N e Z incrociate), benché molto più comune nell’arte indiana, viene attestato occasionalmente anche in questa regione. Ma la locale peculiarità iconografica del reperto è dovuta al fatto che in uno stesso piatto sono presenti decorazioni geometriche, a figure animali, e figure animali che riprendono motivi geometrici.


In questo disco la croce uncinata centrale imprime un senso di moto alle altre decorazioni impostando la direzione di un turbinio formato dall’insieme di figure animali di pesci (noun) e uccelli (M ed E). Questi ultimi, ma in particolare le loro ali, stabiliscono un rapporto molto stretto con le figure geometriche più nettamente astratte, e predisposte, a mo’ di greca, lungo i bordi. Questo anello esterno appare assumere più decisamente la direzione opposta a quella iniziata dalla svastica centrale, o enne coniugata alla zeta, e ripresa dal nuoto dei pesci in contrasto con il volo degli uccelli. La qual cosa fornisce all’intera composizione un complessivo senso di profondità, più che di vertigine, e contemporaneamente di equilibrio. E sembra persino proporre un arcaico modello del campo magnetico proprio del sistema solare, di cui gli anelli concentrici indicano le orbite planetarie interne.


L’uovo cosmico


Se è d’uopo presumere che ci sia stato un “incipit”, quel punto di partenza iniziale dovrebbe essere l’immagine dell’uovo cosmico, con cui ebbero maggior familiarità gli orfici.


In Cina, il cerchio o l’ellisse, venne suddiviso nella complementarietà Yin Yang, per passare attraverso forme arcaiche di nuvole, tuoni, giravolte, meandri, modelli di chiavi e serrature, come gli esemplari della dinastia Chou. Incroci, intrecci, labirinti, nodi mistici, croci, svastiche, greche, e di nuovo croci greche, stelle, pianeti radianti (Nibiru), dita (come le slave mani di dei), fibule e spille celtiche con l’incrocio di E, 3, M, W, risultano appunto tra le più comuni strutture ideografiche d’occidente, impiegate con differenti significati nei più disparati sistemi iconografici e di scrittura alfabetica, a cominciare dall’età del bronzo per arrivare al protocananaico e al fenicio, o per designare, quale M, il fuoco alchemico, oppure l’acqua in astrologia e, rivoltata in W, le nuvole in meteorologia.


L’impronunciabile Nome ebraico (haShem), in base all’arcaica trascrizione con le lettere dell’alfabeto fenicio, si compone, da destra verso sinistra, di un yodh (braccio) e un vav (uncino), alternati a due he (finestre), che altro non sono se non altrettante E rovesciate, o 3.


Mani di dei


Le mani degli dei (ręce boga, in polacco) costituiscono un simbolo solare abbastanza tipico della mitologia slava, in cui l’incrocio si trova collegato all’idea della vita e del fuoco, ma più generalmente allude all’equilibrio dell’intero universo. Per la maggioranza delle mentalità primitive e delle culture originarie, impostate sul pensiero magico, venivano ritenute apotropaiche fautrici di fortuna. Il simbolo per lo più si compone di un ampio incrocio centrale, ma presenta al suo interno delle variazioni che includono sia il semplice e solare Swarozyc che la più nota e diffusa Swarzyca Swarog. Swarog sarebbe una divinità solare, del fuoco creatrice di oggetti metallici e pertanto identificata con l’ellenico fabbro Hephaestus.


Gammadion


Segno buddista standardizzato nel tibetano g.yung drung (cinese: wàn, giapponese: manji), la croce (crooked, hook o angled cross) ricurva, a gancio, angolare (Hakenkreuz), di ferro (Winkelmaßkreuz), a rampone, in araldica, “cramponned” (~nnée, o ~nny), Wolfsanker, Fylfot (Anglosassone: fower fot, inglese: four-footed), in greco si riduce a: tetraskelion, tetragammadion (crux gammata, croix gammée).


Prendendo il proprio nome appunto dalla lettera greca gamma, che nella sua composizione si trova ripetuta quattro volte, di fatto il Gammadion non sarebbe altro che una croce uncinata a braccia corte. Si tratta, in ogni caso, sempre dello stesso tipo di simbologia sacra largamente distribuita, e diffusa persino in ambito numismatico, ricopiata in epoca paleocristiana e ampiamente impiegata nelle catacombe. Alla pari della svastica rappresenta, con buona probabilità, i momenti solstiziali ed equinoziali del tempo ciclico, oppure le quattro direzioni dello spazio, i quattro elementi primigeni, ovvero i quattro divini guardiani del cosmo, a custodia delle porte di accesso come ai Cieli, così agli inferi.


La toppa di una serratura


La forma di certi mandala, a tipo “buco” di una serratura, o toppa della chiave, a ellisse soprastante un trapezio, sembra sia stato anche una parte di un più vasto progetto che gli iniziati, per esempio alla Cavalleria del Tempio (OT), avrebbero usato come base per l’edificazione di alcune delle loro chiese. Tali fondamenta sarebbero riconducibili ai cerchi di pietre di Avebury, Stanton Drew, Woodhenge (Goseck, Germania), databile intorno al 4800 a. C., alla più famosa Stonehenge, o alle Kivas della civiltà Anasazi, oppure, ancor più banalmente, all’attuale versione architettonica di Piazza San Pietro.


Le chiavi magiche


Le chiavi magiche si comporterebbero alla stessa stregua dei quadrati: essendo composte di un anello, o arco, un fusto, o cannello, e un congegno, o testa, nell’insieme del loro schema, prospettano un’emblematica completa, tripartita in una specie di mandala, un albero (asse del mondo) e un quadrato magico, nel quale possiamo ritrovare, come nelle chiavi riprodotte da Alphonse Louis Constant (Eliphas Levi), Gérard Encausse (Papus), o dall’astrologo e naturalista Benjamin Elbert (C.C. Zain), e nella X Carta del tarocco, in specie quello disegnato da Pamela Colman-Smith (Pixie), su indicazioni di Arthur Edward Waite (e perciò appunto tarocco Rider-Waite), figure animali, immagini, glifi, oggetti, segni zodiacali e astrologici, corrispondenze alfanumeriche, pianeti con colori, solstizi ed equinozi con semi di carte da gioco (e quindi l’accostamento leone-spade, aquila-denari, acquario-coppe, toro-bastoni), e poi parole latine, quali Deus, Homo, accanto alla misteriosa quanto suggestiva Tora o, in base al meccanismo anagrammatico, Rota, Tora, Orat, ovvero Ator, oppure Taro (Tar-Ot).


ToraTaro


La struttura mentale e simbolica sottostante al gioco delle carte – scrive Franco Cardini, su I Tarocchi: strumenti di gioco e strumenti divinatori fra ‘cultura di corte’ e ‘cultura popolare’, in Rossi P. A. e Li Vigni I. (a cura di): Il Ludus Triumphorum o Tarot: carte da gioco o alfabeto del destino (Nova Scripta, Genova 2011) - è senza dubbio quella della Ruota della Fortuna tanto presente nel gioco dei tarocchi da essere, secondo il parere di alcuni, alla base dello stesso etimo della misteriosa parola che li indica e che peraltro resta incerto”. Applicando infatti il cifrario del quadrato Sator, la Rota formata dalla sovrapposizione degli assi, e dei due e dei tre, la si può dapprima leggere alla rovescia quale divinità egizia Ator e poi chiaramente Tarot, come già aveva sostenuto Guillaume Postel (1510-1581).


"Terni lapilli"


Se estendessimo la griglia standard (3 caselle x 3 caselle) del Tris-filetto, il latino terni lapilli, a griglie di dimensioni maggiori (4 caselle x 4 caselle, come per Deus-homo-tora, ovvero 5 x 5, come per Sator-arepo), la soluzione del rebus/puzzle potrebbe essere incontrata nell’operazione di rotazione della N e successiva inversione in S, la tripla a questo punto. L’intero quadrato si capovolgerebbe in Rotas/Sator sino ad assumere i connotati di un “gioco cosmico” di inversione dei poli, con le due 'S', arroccate lungo una diagonale agli angoli, per cedere il posto alle R.


SSS o 555


Tre S, equivalenti ad altrettanti 5 indurrebbero a pensare al cabalistico 555, uomo, oscurità, Necronomicon. E, in uno dei suoi Diari, scritto in Tunisia, Aleister Crowley, il profeta dell’OTO, associava il 555 alla città cartaginese Nepheris e alla dea egizia Nephtys, protettrice dei sarcofagi.


Inframmezzate tra i 4 segni corrispondenti agli Evangelisti, vi sarebbero le Porte solstiziali del Tempo: quella degli Uomini (del Cancro, a Nord) rappresenta la discesa delle anime verso la Terra e l'incarnazione; mentre l’altra, degli Dei (del Capricorno, a Sud) segna l'inizio della loro risalita verso il Cielo, e la dipartita.


Le uniche due vocali, A e O, corrisponderebbero allora ad Alfa e Omega della tradizione simbolica del principio e della fine di “un” mondo, e tutta la ciclicità riprenderebbe una metafora di avvicendamento, testimoniata nella decima lama dei tarocchi, dove il sopra “passa” sotto, oppure quella pseudo apocalittica della visione di Ezechiele di circoli di fuoco e di strani animali uniti in gruppi di quattro.


Lo
Shu


Volendo ignorare cinque caselle opereremmo una specie di 'transizione' tra le diverse dimensioni dei quadrati magici, riducendo così quello (5 × 5) associato a Marte a uno minore (4 × 4) legato a Giove, e, alla fine della fiera (giostra, “ruota”), avremo un quadrato magico 3 × 3 consacrato a Saturno (Sat-or) e corrispondente a “Lo Shu”, in cui la strana combinazione dei numeri ”yang”, dispari, maschili (1, 3, 5, 7, 9), compresi nell’incrocio sul carapace della tartaruga (mentre agli angoli restano confinati i numeri pari, femminili, yin, 2, 4, 6, 8), costituisce la base di partenza delle successive variazioni combinatorie dell’ I Ching, la “bibbia” cinese, in cui scienza, etica, teologia, metafisica, alchimia orientale, sincronicità causale e non, si mescolano in quello che viene esplicitamente descritto quale “libro dei mutamenti”, e delle trasformazioni.


Venere


I Maya conoscevano la precessione degli equinozi e seguivano attentamente le evoluzioni celesti di Venere per poter fare predizioni più attendibili soprattutto in materia bellica. Il ciclo di transito di questo pianeta segue intrinsecamente un codice di Fibonacci, riconoscibile sulla X lama dei Tarocchi, il cui valore è suggerito dalla divina proporzione (con sequenza numerica: 1, 1, 2, 3, 5, 8), dall’invisibile connessione tra l’orbita di Venere, il pentagramma, la sezione aurea e poi triangoli, rettangoli, spirali, Phi, nonché dal significato alchemico della tramutazione dei metalli, come di Mercurio, Zolfo e Sale, per cui il quadrato magico può essere visto alla stregua di un occidentale I Ching, punto di riferimento per un libro dei mutamenti e delle trasformazioni, oltre che una specie di algoritmo, a uso dell’emisfero destro, per indurlo a una folgorazione intuitiva su crescita esponenziale e logaritmi esoterici, quasi in relazione con la moderna teoria delle stringhe.


Phi


Il Tenet centrale costituisce una Croce stabile, rappresentata dai 4 segni “fissi” astrologici, che ritroviamo sulla X Carta degli Arcani, la quale a sua volta richiama le ruote di Ezechiele. Questi 4 segni zodiacali “fissi” hanno altrettante stelle di corrispondenza (Aldebaran, Antares, Regulus, Fomalhaut), individuate fin dall’antichità e identificate quali 4 Osservatori, Custodi, Guardiani (delle direzioni dello spazio), che la tradizione giudaica accostava agli arcangeli (Michele, Uriel, Raffaele, Gabriele) e quella cristiana appaia agli Evangelisti.


In realtà la croce viene modellata in cielo, nella dimensione del tempo, e con essa si va a posizionare la spirale di una sezione aurea (phi). Allora, dov’è Phi si raduna l’energia intorno alla N, e le lettere P R, alternate alle E del Repeneper, sarebbero collegabili ai transiti “epocali” di Venere.


Equilibrio e mutazione


I numeri 3, 6, 9, 12, o “età” (Eoni) che cadono sui bordi esterni della croce, e quelli che si trovano più vicini al centro, 1, 4, 7, 10, riproducono estreme “epoche” matriarcali e patriarcali, come Pesci, corrispondente al numero 12. Gli altri numeri magici di Venere, situati in centro, quali 2, 5, 8 e 11 (Aquarius) equivarrebbero a periodi di maggiore armonia.


Quando i numeri 3 e 6 sono positivi, il 9 è negativo, e quando a porsi a favore è il 9, il 3 e 6 sono contrari. All’incrocio i valori “cambiano”, proprio perché avviene una “transizione”, come l’attuale passaggio dall’era dei pesci all’età dell’acquario.


E il cambiamento (non sembra nemmeno il caso di rammentarlo) del “nome” (haShem) al nuovo “passaggio” è sempre stata parte integrante della pratica iniziatica, da far risalire alle radici occulte della classica magia simpatica.


Con 4 permutazioni si passa dalla E, attraverso una M, e  la W al numero 3; la N offre un ventaglio (settenario) più ampio: nelle lettere Z, e S, e nelle cifre arabe 5, e 2, nonché nelle romane IV e VI.


Nibiru


La parola accadica Nibiru si traduce con punto di attraversamento. Per gli antichi Sumeri era il corpo celeste associato al dio Marduk. Nella maggior parte dei testi babilonesi viene identificato col pianeta Giove, ma una lettura della tavoletta n. 5 dell'Enûma Eliš lo potrebbe inquadrare quale  Stella polare, che in epoche lontane non corrispondeva all’odierna denominazione, bensì a Kochab (Beta Ursae Minoris) o forse a Thuban (Alpha Draconis).


In realtà, a causa della precessione degli equinozi, anche le stelle fisse si muovono, di 1 grado circa ogni 72 anni. Le più vicine all'eclittica, e di magnitudine maggiore, esercitano un’influenza considerevole, da alcuni astrologi, come William Lilly (1602-1681), o Vivian Erwood Robson (1890-1942), proporzionalmente paragonata a quella dei pianeti (stelle erranti), relativamente più veloci (per esempio: Aldebaran-Marte).


Stelle fisse reali


Ai quattro angoli del puzzle-quadrato magico vanno riconosciute altrettante stelle fisse di natura “reale” (o Royal Stars), come Regulus (La più reale delle stelle, Arcangelo Raffaele, il guardiano del Nord, nel Leone), Aldebaran (Arcangelo Michele, o il guardiano dell'Est, Alpha Tauri, ma ora nella costellazione dei Gemelli), Antares (Arcangelo Uriel, il guardiano dell'Ovest, Alpha Scorpii, adesso nel Sagittario). La stella reale Fomalhaut (Alfa Piscis Austrini), Stella dell'Alchimia, Arcangelo Gabriele, il guardiano del Sud, chiamata anche “segnaposto”, si trova già in prossimità della costellazione dell’Aquarius (11), l’era che s’avvicina. Le altre stelle fisse “reali” sono Spica ("La stella fortunata" della Vergine, passata alla Bilancia) e Sirio (Il primo sole della nostra Galassia, Cane maggiore, nel Cancro).


Il collegamento tra loro, le  “creature viventi” dell’Apocalisse giovannea o le figure del Bestiario occulto di Ezechiele, che ritroviamo sulla X Carta del Tarocco, contenente quindi il codice 11, 2 (Taurus), 5 (Leo), 8 (Scorpio), o forse all’inverso 8, 5, 2, 11, diviene sufficientemente evidente proprio grazie al  quadrato magico del Rotas-sator, riproposto come Ator (Hathor o Sator) o Taro (Tarot, tarocco, ruota di fortuna).


L’esagramma davidico


Le quattro creature viventi degli evangelisti sono state riformulate all’interno dell’esagramma davidico per indicare appunto i segni fissi dello zodiaco (Toro, Leone, Scorpione, Acquario), che “tirano” il cerchio in una rotazione invertita, quella stessa che causa la precessione degli equinozi, cioè quel tornare indietro, in senso antiorario, della spirale cosmica, come viene rappresentato nel sigillo alchemico riportato da Friedrich Focke, nel 1948,  sul Wűrzburger Jahrbűcher fűr die Altertumswissenschaft.


La Gerusalemme celeste


Il quadrato magico, in tal guisa, si ammanterebbe di un suggestivo alone di arcaico e, contemporaneamente, strabiliante simbolismo, al quale avrebbe fatto ricorso anche l’autore dell’Apocalissi nel dar forma alla città celeste della cosmologia giudaico-cristiana (kaì è pòlis tetràgonos keìtai…), le cui mura misurano cubiti 144 (Apoc. 21, 16-17): quadrato di dodici e dodicesimo nella sequenza di Fibonacci: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144.


Il Tetramorfo


A
venire concepita come Tetramorfa, comprendendo cioè le quattro ipostasi di tempo, spazio, saggezza e potere, come sottolineava Robert Charles Zaehner (1913-1974), era la suprema divinità degli zoroastriani zurvaniti.


Il triangolo rappresenta un’evidente espressione geometrica della trinità, mentre il quadrato ovviamente è simbolo prettamente quaternario, con tutto quanto di conseguenza ciò dovesse comportare. Non per questo dissimile dal cristianesimo, il mitraismo avrebbe riconosciuto l’importanza del principio femminile. Cosicché, se Iside era madre del sole, il piccolo dio Horus, il culto di Cybele, in qualche modo, era connesso alla concezione mitraica. E difatti in quello che può essere considerato il locus classicus per eccellenza dell’antico sincretismo, le Metamorphoses di Apuleius (XI, 5), il Madaurese equipara Iside alla Magna Mater. Allora, il quadrato Rotas Sator avrebbe potuto rappresentare esso stesso un simbolo di una Quaternità (3+1): la triade cioè Saturno-Sole-Mitra, insieme con la grande madre Cybele, o  Iside, che dir si voglia, oppure sarebbe potuto essere forse la rappresentazione di un 3+1 in cui è il principio del male, e dio iranico dell’oscurità, ovvero Arimanius-Ahriman, a raffigurare la quarta persona di tale pantheon quaternario.


Un’ulteriore possibilità verrebbe suggerita dalle dichiarazioni di Plutarco, che il 4 sia in effetti composto da due Diadi e quindi che il quadrato non sia altro che la raffigurazione quaternaria di due coppie, maschio femmina, bene male. Non sarebbe affatto astruso pensare che nel mitraismo ci fosse un elemento quaternario, e benché gli iniziati al culto fossero tutti maschi, certamente non potevano ignorare il principio femminile e poi, in quanto seguaci di una religione che affonda le sue radici in speculazioni teologiche iraniche, avessero avvertito pure la necessità di deificare il male.


Gemelli


I soli simboli che più indicano la funzione del perpetuum mobile, sia in senso orario che antiorario, sono la spirale e la croce uncinata, o svastica, accomunate in questa simbologia binaria all’arcaica divinità romana bifronte Janus e all’immagine dei Gemelli, sul genere Dioscuri; dalla loro duplicità che, nell’insieme, esprimono, ciascuno, a seconda della direzione, interna o esterna, di involuzione evoluzione, gravità o radiazione, si caratterizza in maniera opposta, destra sinistra, maschio femmina, bene male.


Nella Weltanshauung dei Navajo, Sa’ah Naaghái e Bik’eh Hózhó rappresentano la simmetria bipolare a cui sottosta l’intero universo. Sa’ah Naaghái proviene dall’interno di Bik’eh Hózhó che resta all’esterno di Sa’ah Naaghái, ovvero dimensione statica dell’universo, così come Bik’eh Hózhó ne rappresenterebbe quella attiva. Sa’ah Naaghái è il pensiero, l’idea, Bik’eh Hózhó la voce, la parola, il verbo (Wyman 1970). L’uno maschio, l’altra femmina, dinamica, fertile; l’unione onnipotente di queste due dimensioni dell’universo è quanto produce hózhó, ordine, laddove altrimenti sarebbe hóchxó, il caos (Witherspoon 1977).


Nel sovrapporre sullo stesso sito le due opposte rotazioni della svastica una sull’altra, si riforma un quadrato con una croce inserita al suo centro e agli angoli quattro caselle ancora quadrate; un intreccio di due anelli molecolari, l’icona zodiacale dei gemelli, uno “scudo di protezione”, o nodo di Salomone, ovvero lo schema labirintico iniziale, che, a partire dal modello a nove punti di una croce uncinata, si può espandere, a mano libera, e indefinitamente.


Dal modello a nove punti di partenza deriverebbero anche i quattro sigilli Yin Yang, interpretabili come doppia svastica, la N del Tenet, e unità dei contrari, in tutte le direzioni dello spazio, ma bilanciamento nel punto centrale. Insomma una semplice formula archetipica sarebbe il germe del disegno della croce greca e della costruzione del Labirinto. A questo sviluppo iconografico apparterrebbe a pieno titolo il quadrato magico del Sator e la Ruota della Fortuna della X lama dei tarocchi. Dalla sezione aurea della Camera (cubica) del re della Grande Piramide, dalle misure della Gerusalemme celeste, ai quadrati ruotati e sovrapposti, all’ottagono, alla Cupola della roccia, alla croce di Malta, e così di seguito.

 
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